Il sindaco dichiara “guerra” alla competenza, ennesimo disastro “culturale”


Dopo aver fallito l’obiettivo “Capitale della Cultura 2024”, Fioravanti, invece di far tesoro di quella disastrosa esperienza, non trova di meglio che ritirare la delega alla cultura all’assessora Donatella Ferretti, per competenza e preparazione una spanna sopra gli altri assessori

Prendendo a prestito un paragone di stampo calcistico-cinematografico per far comprendere la portata del cambio nella giunta comunale deciso dal sindaco Fioravanti nei giorni scorsi, è come se l’estate scorsa il Barcellona per sostituire Lionel Messi, finito al Psg, avesse chiamato Margheritoni, l’improponibile fantasista della “Marchigiana” (interpretato da Andrea Roncato) nel film di Sergio Martino “Mezzo destro, mezzo sinistro”. Perché Donatella Ferretti, per competenza, preparazione e livello culturale, era indiscutibilmente il “Messi” di quella sconclusionata Armata Brancaleone che è la giunta comunale del capoluogo piceno, nella quale ci sono assessori che dopo quasi 3 anni ci si chiede (senza trovare una risposta plausibile) a cosa servano e che, chissà perché, nessuno osa mettere in discussione.

Stimata e comprensibilmente apprezzata anche dagli esponenti politici dell’opposizione, la Ferretti stava ridando lustro e prestigio ad uno degli assessorati più bistrattati del Comune di Ascoli, quello alla cultura. Che nelle giunte precedenti di centrodestra aveva visto succedersi alla guida personaggi senza alcuna competenza e senza la minima preparazione (come ad esempio Andrea Maria Antonini e, ancor più, quella Giorgia Latini che ora sta letteralmente “distruggendo” e “umiliando” con la sua più feroce incompetenza l’assessorato regionale alla cultura), che avevano provocato danni incalcolabili di cui ancora ne paghiamo le conseguenze.

Proprio per questo l’assegnazione della delega alla cultura alla Ferretti era stata accolta con grande favore e resta, almeno fino ad ora, la scelta migliore operata dal sindaco Fioravanti in questi disastrosi tre anni di amministrazione. E se già questa improvvisa e improvvida retromarcia è una scelta incomprensibile e autolesionista, a peggiorare notevolmente le cose è il fatto che ad assumere la delega alla cultura è lo stesso sindaco Fioravanti. E, allora, il paragone con l’ipotetico cambio Messi-Margheritoni è addirittura riduttivo. Perché passiamo dalla massima competenza nel settore a “competenza zero”, con la delega che passa nelle mani di chi, il primo cittadino, solo un paio di mesi fa proprio nella cultura ha fatto registrare uno dei più grandi e sconcertanti (per le modalità) fallimenti di questi primi 3 anni di mandato.

Stiamo parlando, naturalmente, della “Capitale della cultura 2024”, obiettivo miseramente naufragato anche e soprattutto per una gestione della candidatura e per la presentazione di uno pseudo progetto da “dilettanti allo sbaraglio”. In realtà, più che la mancata attribuzione dell’ambito riconoscimento (si sapeva che non era semplice ottenerlo anche per la concorrenza molto qualificata), a lasciare sconcertati è stata soprattutto l’audizione finale, decisiva ai fini dell’assegnazione del titolo.

Uno spettacolo semplicemente indecoroso, indecente e umiliante per le tradizioni e le potenzialità culturali della nostra città, che ha fatto sprofondare nel ridicolo il capoluogo piceno e, soprattutto, i suoi amministratori. In occasione di quella disastrosa audizione, prima ancora dello scontato (almeno per quanto riguarda Ascoli) verdetto della commissione giudicatrice, avevamo subito sottolineato il grave errore di aver messo ai margini l’assessora Ferretti. Che, pur essendo indiscutibilmente la più qualificata e l’unica presente sul palco del Ventidio Basso (in occasione dell’audizione) con le competenze adeguate per parlare e provare a dare un’anima ed un senso ad un progetto “senza capo né coda”, era stata incredibilmente e inspiegabilmente esclusa dagli interventi.

Per giunta per lasciare spazio alla caricatura di Nando Moriconi (il personaggio interpretato da Alberto Sordi in “Un americano a Roma”), con quell’insopportabile e inopportuno sfoggio di termini in inglese (che così tanto ha irritato, giustamente, la commissione giudicatrice), alle figlie dei soliti imprenditori locali così vicini alla giunta comunale, che però con la cultura c’entrano come i cavoli a merenda, e soprattutto all’impresentabile assessora regionale alla cultura, Giorgia Latini, una vera e propria iattura, peggiore dell’invasione delle cavallette narrata nella Bibbia, per la nostra regione e, in questo caso, per la nostra città. Che l’assessora Latini e la “cultura” viaggino su due mondi paralleli che mai neppure si sfioreranno è cosa ampiamente nota e non da oggi.

Per questo, al di là delle voci e dei pettegolezzi che hanno accompagnato questa vicenda, aveva subito destato fortissime perplessità il fatto che, per lasciare spazio e visibilità all’esponente leghista (che sperava di accreditarsi i meriti di un eventuale e improbabile successo), nei mesi precedenti la decisione della commissione era stata relegata in secondo piano proprio l’assessora Ferretti. Che, con quello stile e quella serietà che le sono unanimemente riconosciute, non ha fatto polemiche, non ha sollevato obiezioni, continuando a sostenere una candidatura che, di giorno in giorno, sembrava sempre più impresentabile.

Gli effetti nefasti della voglia di protagonismo della Latini e dell’incapacità del sindaco di scegliere sulla base del merito e delle competenze sono sotto gli occhi di tutti. Si sperava, però, che almeno questa disastrosa esperienza avesse insegnato qualcosa, che fosse servita a far capire a Fioravanti che, invece di affidarsi ad “apprendisti stregoni”, fosse più che opportuno sfruttare e valorizzare adeguatamente una risorsa così preziosa come la Ferretti che il sindaco ha la fortuna (anche per sua scelta, ovviamente) di avere nella sua squadra. Invece non solo quella esperienza fallimentare non ha insegnato nulla ma, per assurdo, è diventata il pretesto per togliere la delega alla cultura alla Ferretti stessa.

D’intesa con gli assessori Monica Acciarri e Donatella Ferretti – si legge nella nota del sindaco – assumerò le deleghe a Cultura e Turismo. In questo modo potranno procedere di pari passo e in maniera sinergica due settori cruciali per la città e per tutto il territorio, nell’ottica del proseguimento di quell’ambizioso progetto culturale cui abbiamo dato il via attraverso la candidatura di Ascoli & Piceno a Capitale Italiana della Cultura 2024. Seppur l’esito finale del percorso non ci ha visto vincitori, il nostro progetto andrà avanti. E lo farà attraverso una governance culturale sempre più ampia, che coinvolga tutti i sindaci dei Comuni della nostra provincia, i vari operatori pubblici e gli stakerholders privati. E che vedrà il Comitato Ascoli 2024 assumere un ruolo primario e di regia all’interno di un percorso culturale che vuole ampliare la propria visione fino al 2030”.

Senza voler infierire ulteriormente e sorvolando per decenza sulla presunta “governance culturale” (sarebbe come sparare sulla Croce Rossa…), ancora una volta gli interessi e il bene della città passano in secondo piano rispetto ai soliti stucchevoli giochi ed equilibri precari all’interno della maggioranza, rispetto alle mire e agli interessi di partito. Non contano le capacità, non contano le indiscutibili competenza. La Ferretti, non è certo un mistero, paga l’isolamento politico, il non avere alle spalle un gruppo ed un partito “forte”. Resta comunque in giunta, anche se con deleghe di secondo piano, pubblica istruzione e mense scolastiche, che in un Comune sono di ordinaria amministrazione.

Per certi versi è andata ancora peggio all’assessora Acciarri a cui restano l’inutile (almeno nel capoluogo piceno) delega alla smart city, oltre a quelle non molto più significative alla transizione digitale e alle politiche comunitarie. Anche se, per quanto riguarda l’assessora Acciarri, il vero mistero è come una con la sua storia politica possa far parte (ed essere accettata) di una simile giunta comunale…

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