Delusione Capitale della Cultura, una lezione da non dimenticare per il capoluogo piceno


Quando si è passati dalla teoria alla pratica, il progetto del capoluogo piceno in concreto si è rivelato un guscio vuoto, basato su slogan, proclami, dati e numeri citati “a casaccio”. La disastrosa audizione, che tante perplessità ha suscitato nella giuria, ha poi completato l’opera

Come scrive nel comunicato stampa del 18 marzo scorso Ascolto & Partecipazione “è comprensibile essere delusi per la mancata designazione di Ascoli Capitale della Cultura 2024 ma è infantile accampare scuse e complotti inesistenti”. E’ trascorsa una settimana dalla proclamazione di Pesaro ma è ancora forte la delusione e, al tempo stesso, così come le polemiche e i sospetti. E’ inutile negare che è stata una “brutta botta”, per la città e per il territorio che speravano in un riconoscimento così prestigioso per rilanciarsi. Ma, per certi versi, ancor più per il sindaco Fioravanti e la sua amministrazione che, dopo 3 anni di slogan, promesse, proclami e annunci mai seguiti da fatti concreti, avevano un grandissimo bisogno di poter finalmente rivendicare un risultato concreto. Per questo avevano puntato forte su questo progetto, cavalcando l’onda di una candidatura che, per come veniva raccontata, sembrava impossibile non andasse a buon fine.

Il capoluogo virtuale costruito dalla propaganda dell’amministrazione comunale

D’altra parte, però, costruire una realtà virtuale è la cosa che riesce meglio a questa amministrazione. Che, non essendo capace di realizzare nulla di concreto, spende quasi tutte le proprie energie in una tambureggiante e asfissiante propaganda per disegnare un capoluogo virtuale dove tutto funziona alla perfezione e che eccelle praticamente in tutti i campi (addirittura anche nel turismo, come ha rivendicato il primo cittadino nel Consiglio comunale sulle scuole). Peccato, però, che poi nel mondo reale la situazione del capoluogo piceno è esattamente opposta, praticamente fanalino di coda in quasi tutti i settori. Così come, per chi non si è lasciato “ipnotizzare” dalla propaganda comunale, era chiaro che non ci fossero grandi possibilità di ottenere il riconoscimento di Capitale della Cultura 2024.

Perché anche in questo caso, per incapacità o per scelta, si è preferito puntare sulla propaganda, con la costruzione ad uso interno di una realtà convincente e vincente che, però, era solamente virtuale.  E che, inevitabilmente, di fronte ad una giuria competente, che non si lascia “incantare” da vuote promesse ma verifica esclusivamente i fatti, non poteva che uscire “con le ossa rotta”. D’altra parte già analizzando le slides mostrate dall’amministrazione erano sorti non pochi dubbi che, poi, sono purtroppo diventate inesorabili certezze dopo le audizioni delle 10 finaliste. Perché quella del capoluogo piceno è stata indiscutibilmente un disastro, sotto ogni punto di vista di gran lunga la peggiore, con la giuria stessa che aveva sollevato non poche perplessità, purtroppo non fugate dalle risposte approssimative e vaghe del comitato ascolano.

E quanto quell’audizione fosse andata male è testimoniato dal fatto che persino i quotidiani locali, solitamente sempre pronti ad esaltare e a fare da megafono all’amministrazione comunale, non avevano potuto fare a meno di sottolineare le reazioni certamente non positive della giuria. In altre parole chi ha seguito quelle audizioni e ha messo a confronto i progetti presentati non aveva dubbi sul fatto che non sarebbe stata scelta Ascoli.

L’imbarazzante confronto con il progetto di Pesaro

Questo naturalmente non toglie che quella candidatura e quel progetto così “raffazzonato” e vago possono comunque diventare un punto di partenza per l’auspicata crescita del capoluogo piceno. Ma perché ciò avvenga realmente è fondamentale prendere coscienza dei tanti errori commessi e avere l’umiltà di prendere esempio da chi, e non solo da adesso, si è dimostrato più capace. Partendo da un fondamentale presupposto: se davvero il sindaco ha a cuore la crescita, sotto ogni punto di vista, della città deve mettere da parte la propaganda per impegnarsi concretamente nel raggiungimento di obiettivi reali. Tornando alla Capitale della Cultura, l’idea alla base del progetto che supportava la candidatura di Ascoli era sicuramente interessante e valido (per questo è stato inserito tra le 10 finaliste). Il problema è che quando poi si è passati dalla teoria alla pratica, quel progetto in concreto si è rivelato un guscio vuoto, basato essenzialmente su slogan, proclami, dati e numeri citati alla rinfusa senza alcun riscontro reale.

In tal senso il paragone con Pesaro (così come con gli altri 8 finalisti) è impietoso. Da una parte (Pesaro) c’era un progetto concretamente definito in ogni dettaglio, con l’esatta indicazione di ogni passaggio, di tutti gli eventi in programma (nelle 5 differenti sezioni predisposte), con tanto di elenco dei 450 artisti provenienti da tutta Europa coinvolti, dei fondi già stanziati (e inseriti negli appositi capitoli di spesa nel bilancio pluriennale 2022-2024), degli sponsor a sostegno. Dall’altra (Ascoli) solo tante indicazioni generiche, con in concreto solamente l’evento iniziale e finale programmati e poi solo numeri e dati buttati “a casaccio”, soprattutto per quanto riguarda lo stanziamento di fondi, e la più assoluta vaghezza anche sugli eventuali e necessari sponsor. Un esempio su tutti.

Investimenti e condivisione, solo numeri a caso e slogan

Alla voce “investimenti programmati” vengono citati dati evidentemente irreali (131 milioni di euro per nuovo interventi e 119 milioni di euro di finanziamenti già concessi), che non sarebbero credibili neppure se si prendessero a riferimento gli investimenti in cultura degli ultimi 30 anni ad Ascoli. Chi oggi protesta e grida al complotto avrebbe dovuto indignarsi allora, di fronte a quelle irreali cifre, consapevoli del fatto che non può certo essere preso seriamente in considerazione un progetto che si basa su numeri sparati “a casaccio”. Stesso discorso per la cosiddetta condivisione, Ascoli l’ha proclamata e annunciata, Pesaro l’ha realizzata in concreto. Nella predisposizione del progetto, al quale hanno partecipato e contribuito in maniera determinante tutti i quartieri, tutte le associazioni e le realtà locali, le scuole. Ma anche nello sviluppo del programma sul territorio, con tutti i comuni del Pesarese coinvolti che a rotazione saranno per una settimana “Capitale della Cultura”, con già un dettagliato calendario di eventi programmato in ogni comune.

Ad Ascoli, invece, dalla predisposizione e dallo sviluppo del progetto sono state volutamente tenute fuori importanti realtà (Università, scuole, associazioni), che avrebbero potuto dare un concreto e importante apporto. E per quanto riguarda la condivisione con il territorio in realtà si è concretizzata esclusivamente con la responsabile adesione dei comuni piceni alla candidatura del capoluogo, senza però alcuna indicazione precisa ma solo vaghe promesse. Per altro è del tutto evidente che alla fine il mancato coinvolgimento di quelle importanti realtà territoriali si è rivelato un clamoroso autogol. Non è nel nostro stile ricorrere all’odiosissimo “l’avevamo detto”, ma in effetti alcuni mesi fa, quando per la promozione del territorio soprattutto in funzione della candidatura il Comune aveva deciso di puntare sulla “regina” di Tik Tok, invece che su realtà ben più competenti, eravamo stati facili profeti.

Superficialità, approssimazione e lo show modello Nando Moriconi: un disastro l’audizione

In un simile contesto, la disastrosa audizione ha finito per dare il definitivo “colpo di grazia” alle speranze del capoluogo piceno. Anche in questo caso il confronto con Pesaro (ma anche con le altre candidate) è davvero impietoso. Da una parte si sono succeduti e hanno raccontato il progetto pesarese tutti personaggi che vivono quotidianamente di “cultura”, dall’altro invece sempre i soliti “amici degli amici”, personaggi sicuramente rispettabili ma che con la cultura poco o nulla hanno a che fare. Con le poche persone realmente competenti, che avrebbero dovuto essere al centro dell’audizione, che invece sono state messe ai margini (il prof. Papetti ha fatto un brevissimo intervento, l’assessora alla cultura Ferretti neppure quello).

E se da una parte ha incantato la presentazione di Lucrezia Ercoli, docente di Storia dello spettacolo dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e direttrice artistica del festival “Popsophia”, dall’altra ha provocato una profonda irritazione la presentazione  del dossier ascolano ad opera di una sorta di caricatura moderna di Nando Moriconi (il personaggio interpretato da Alberto Sorti in “Un americano a Roma”), che non ha fatto altro che snocciolare termini in inglese semplicemente inopportuni e inappropriati (non fosse altro per il fatto che era in gioco la Capitale della Cultura italiana…) che hanno notevolmente infastidito la giuria (che lo ha anche fatto presente). Il tutto con l’aggiunta della più imbarazzante superficialità e approssimazione con le quali si è risposto alle domande di chiarimento della giuria e che non hanno certo aiutato a dissipare i troppi dubbi emersi.

In altre parole quelle audizioni sono servite a togliere ogni residua speranza, non c’era mezza possibilità che Ascoli potesse ottenere l’ambito riconoscimento. E a contendere il riconoscimento a Pesaro erano altre candidate (Siracusa, Vicenza, Viareggio), non certo il capoluogo piceno.

L’improbabile complotto e la promessa del sindaco

Naturalmente chi in questi 3 anni si è lasciato “ipnotizzare” dalla propaganda dell’amministrazione comunale, e quindi nelle settimane precedenti ha creduto alle favole raccontate sulla candidatura a Capitale della Cultura, quasi inevitabilmente ha urlato al complotto, in realtà con argomentazioni ai limiti del delirante. Sostenendo, ad esempio, che non c’è paragone tra il fascino e la bellezza delle due città e, addirittura, chiedendo cosa mai avrebbe Pesaro, mostrando quindi un’imbarazzante ignoranza di fondo (nel senso di mancanza di conoscenza non solo del bando ma anche della realtà che ci circonda). “Se si fosse trattato di designare la città più bella, Ascoli avrebbe avuto sicuramente la meglio – spiega con assoluta precisione il comunicato di Ascolto & Partecipazione – purtroppo però non abbiamo partecipato alla designazione di capitale della bellezza. Pesaro non ha certamente il nostro splendido centro storico, le nostre piazze, i nostri monumenti ma ha il Rossini Opera Festival, Popsophia, Pesaro Film Festival, Pesaro città creativa Unesco, Teatroltre, il Festival Rossiniano, il Conservatorio Statale di Musica”.

Per onestà è giusto sottolineare che il sindaco Fioravanti e gli esponenti della giunta comunale fortunatamente non hanno seguito la folle strada dell’improbabile complotto, reagendo alla “batosta” nel modo più corretto possibile. Il primo cittadino ha inoltre ribadito che il progetto va comunque avanti ed in linea teorica si tratta di un’intenzione apprezzabile. Che, però, deve essere accompagnata da una radicale inversione, è fondamentale fare tesoro degli errori commessi, superare la propaganda e aprirsi realmente, non solo a parole, a tutte quelle realtà locali che possono dare un grandissimo contributo per dare credibilità e forza ad un progetto ancora troppo vago e confuso. Così come fondamentale rimettere al centro del progetto stesso chi ha la competenza per farlo, come ad esempio l’assessora alla cultura Ferretti, messa inspiegabilmente da parte nell’ultima fase.

In realtà le prime mosse concrete del sindaco non lasciano ben sperare, con l’annuncio della presentazione (solo ora a posteriori) ai cittadini del progetto nella sua interezza che continua ad andare nel senso della propaganda e non della volontà concreta di cambiare rotta.

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