Vergogna di Stato


Al processo per la morte di Stefano Cucchi due carabinieri ammettono che le note sullo stato di salute del ragazzo furono modificate e falsificate “per ordini superiori”. Ma dai vertici dell’arma al momento tutto tace e non si hanno notizie di provvedimenti conseguenti

A Ste! Oggi i colleghi di coloro che ti hanno ucciso ci hanno detto che quando ti hanno visto la mattina dopo il tuo violentissimo pestaggio, tu stavi malissimo. Cihanno detto che erano rimasti turbati per le condizioni in cui stavi. Qualcuno di loro scrisse qualcosa di questo nella sua annotazione di servizio. Ma non andava bene ed i superiori decisero che andava modificato. Che non c’era bisogno di essere cosi precisi. Meglio sorvolare. In fin dei conti eri solo un tossico tanto magro. 

Per otto anni ci hanno preso in giro. Ho l’impressione, caro fratello mio, che non tutti quelli che dovrebbero sedere al banco degli imputati siano lì.  Ora però tremano, Ste, tremano loro. Allora eri tu a tremare poro fratello mio. E non de freddo. Ora tocca a loro. E non de freddo”.

Definire Ilaria Cucchi una ragazza straordinaria per certi versi è addirittura riduttivo. La sua forza, il suo coraggio, la sua ostinata perseveranza non solo non hanno permesso che la tragica morte di suo fratello, Stefano Cucchi, fosse archiviata come un semplice caso sfortunato (e in un certo senso provocato dalla vittima stessa) ma ha addirittura contribuito ad aprire uno squarcio in quello che fino ad allora era stato un impenetrabile muro di gomma, portando all’attenzione casi di morti analoghe e teoricamente inspiegabili in carcere.

E, in questa lunga e difficoltosa odissea che Ilaria sta affrontando da oltre 8 anni (da quel drammatico 22 ottobre 2009 quando Stefano morì), quella di martedì  17 aprile  è stata una giornata campale, che potrebbe aprire finalmente la strada alla piena verità sull’accaduto (o quanto meno a qualcosa di molto simile…). Ed Ilaria la celebra a suo modo, rivolgendosi sui social al fratello con la solita commovente tenerezza unita alla comprensibile amarezza e alla rabbia di chi, dopo tanti anni, vede finalmente emergere ciò che purtroppo ha sempre sospettato e sostenuto.

Note di servizio modificate per “ordini superiori”

Nell’udienza di martedì 17 aprile del processo che vede imputati 5 carabinieri, due loro colleghi hanno ammesso che le note sullo stato di salute di Stefano Cucchi sono state cambiate e falsificate su espressa richiesta dei vertici. Una testimonianza sconvolgente che, in un paese civile, dovrebbe provocare conseguenze immediate e di un certo livello. Perché, a meno che i due carabinieri non hanno testimoniato il falso in un’aula di tribunale, ciò significa che i vertici di quella caserma (Tor Sapienza a Roma) sapevano sin dall’inizio cosa era accaduto ed hanno mentito per coprire qualcuno.

Sono passate 48 ore da quelle testimonianze e forse è troppo presto per attenderci già dei provvedimenti conseguenti. Ma, se ciò non avvenisse, sarebbe gravissimo, anche per l’immagine e per il buon nome dei carabinieri stessi. Quello che intanto bisogna registrare con dispiacere, ma purtroppo non propriamente a sorpresa, è che una notizia così importante su un caso di cronaca che a lungo è stato al centro dell’attenzione, chissà perché è passata quasi inosservata.

Praticamente ignorata dai tg, solo un paio di quotidiani (Repubblica, Il Fatto Quotidiano) gli hanno dato un minimo di rilevanza. In altre parole l’ennesima sconfortante dimostrazione di come, tranne qualche rarissima eccezione, all’informazione italiana si può chiedere tutto ma non certo di informare correttamente e seriamente, soprattutto quando bisogna dare notizie “scomode”. Eppure le testimonianze in aula dei due carabinieri sono state davvero clamorose e dirompenti.

I due ebbero in custodia Stefano Cucchi la sera del 15 ottobre 2009 e il mattino dopo fino al trasferimento del ragazzo in tribunale per l’udienza di convalida. “Mi chiesero di cambiare la relazione, non ricordo per certo chi ma posso dire che si è trattato di un ordine gerarchico” ha confessato Francesco Di Sano che poi ha spiegato come un suo superiore gli ha chiesto di cambiare la relazione di servizio perché era troppo dettagliata. Il carabiniere aveva descritto le condizioni di Stefano sostenendo che stava malissimo, si lamentava per il dolore alla testa e al costato e non riusciva neppure a salire le scale.

Nella versione modificata si legge, invece, più genericamente che Cucchi stava male per via del letto, del freddo e dell’eccessiva magrezza. Per certi versi ancora più esplosiva la testimonianza dell’altro carabiniere, Gianluca Colicchio, che di fatto ha sostenuto addirittura che la sua relazione è stata modificata e manipolata.

Colicchio non ha infatti riconosciuto come suo il report nel quale era scritto che Cucchi “dichiarava di soffrire di epilessia, manifestando uno stato di malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza e lamentandosi del freddo e della scomodità della branda in acciaio”. Il militare ha ricordato in aula di aver invece scritto che il ragazzo “dichiarava di avere forti dolori al capo, giramenti di testa, tremore e di soffrire di epilessia”. 

Ricordo di aver fatto una sola relazione – ha aggiunto – l’altra è strana perché porta la mia firma ma non la riconosco. Per altro ci sono termini che io non uso”. Ci aspettiamo ora delle conseguenze, anche se temiamo che ancora una volta si preferisca far finta di nulla, sorvolare e fare in modo che pian piano certe vicende finiscano nel dimenticatoio.

Quella strana riunione al Comando provinciale…

Nel corso dell’udienza di martedì 17 aprile ci sono state altre testimonianze significative. Come quella di un altro carabiniere, Schirone, che la mattina l’arresto prese in consegna Cucchi al suo arrivo in tribunale.

Era evidente che fosse stato picchiato – ha confermato di fronte ai giudici – gesticolando Tedesco (uno dei carabinieri imputati) mi disse che la sera prima non era stato affatto collaborativo”. L’altro carabiniere che faceva parte dell’equipaggio che quella mattina prelevò Cucchi ribadisce “ci siamo accorti tutti che qualcuno l’avesse “toccato”, era evidente che fosse stato qualcuno con cui aveva avuto a che fare prima di noi”.

Mollica ha poi aggiunto che il successivo novembre 2009 partecipò ad una riunione al comando provinciale convocata da alcuni ufficiali e alla quale parteciparono tutti i carabinieri in qualche modo coinvolti nel caso ma, guarda il caso, non ricorda nulla di quanto fu detto. Misteri, omissioni, “segreti” contro i quali Ilaria Cucchi e la sua famiglia lottano ormai da 9 anni. Con la speranza che il procedimento giudiziario in corso possa in qualche modo rendere loro almeno parzialmente giustizia. Nell’attesa di seguito ripercorriamo in sintesi le tappe di questa bruttissima e imbarazzante vicenda.

Tutte le tappe del caso Stefano Cucchi

Stefano Cucchi viene arrestato il 15 ottobre 2009 mentre cede una dose di droga ad un uomo. Viene portato alla caserma dei carabinieri di Tor Sapienza dove viene disposta la custodia cautelare. Al momento del suo arresto il ragazzo pesa 43 chili (per 1,62 di altezza) ma non presenta alcun ematoma. Il giorno successivo in tribunale presenta evidenti ematomi agli occhi e ha difficoltà a parlare e a camminare.

Il giudice dispone una nuova udienza e stabilisce che deve rimanere in custodia cautelare in carcere. Dove le sue condizioni peggiorano tanto che viene visitato all’ospedale Fatebenefratelli, con referto che parla di ecchimosi alle gambe, al viso (con frattura della mascella), all’addome (con emorragia alla vescica) e al torace (con due fratture alla colonna vertebrale). Cucchi rifiuta il ricovero ma le sue condizioni in carcere peggiorano e il 22 ottobre muore all’ospedale Sandro Pertini. La sua famiglia, dal momento dell’udienza in tribunale, non riesce più non solo a vederlo ma neppure ad avere sue notizie fino a quel 22 ottobre quando un ufficiale giudiziario si reca a casa Cucchi per chiedere l’autorizzazione all’autopsia.

Dopo le prime difficili indagini finiscono sul banco degli imputati tre agenti della penitenziaria e tre medici dell’ospedale Pertini. A quest’ultimi viene contestato il reato di omicidio colposo, mentre ai primi quello di omicidio preterintenzionale. Secondo gli inquirenti gli agenti sarebbero i responsabili delle percosse, mentre i medici avrebbero lasciato morire il ragazzo di inedia. Una tesi sostenuta anche da una commissione parlamentare d’inchiesta che conclude sostenendo che Cucchi è morto per abbandono terapeutico.

Il 30 aprile 2010 i 3 medici e i 3 agenti vengono rinviati a giudizio ma decadono i reati di omicidio colposo e di omicidio preterintenzionale. Ai medici vengono contestati i reati di favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d’ufficio e falso ideologico, agli agenti quelli di lesioni e abuso di autorità. Complessivamente sono 13 le persone rinviate a giudizio. Nel corso del processo i periti della Corte stabiliscono che Stefano è morto a causa delle mancate cure mediche e per grave carenza di liquidi e cibo. Stabiliscono anche che le lesioni riscontrate potrebbero essere state causate da un pestaggio o da una caduta accidentale ma non vi sono elementi per stabilire con certezza quale delle due tesi sia esatta.

Il 5 giugno 2013 la III Corte d’Assise di Roma condanna 4 medici dell’ospedale ad un anno e 4 mesi e il primario a 2 anni di reclusione per omicidio colposo ed un medico ad 8 mesi per falso ideologico. Assolti tutti gli altri imputati.

Il 31 ottobre 2014 la Corte d’appello di Roma assolve tutti gli imputati, compresi quelli condannati in primo grado.

Il 15 dicembre 2015 la Cassazione dispone il parziale annullamento della sentenza di appello, ordinando un nuovo processo per 5 dei 6 medici dell’ospedale Pertini. Nuovo processo d’appello che si conclude il 18 luglio 2016 con l’assoluzione di tutti gli imputati perché “il fatto non sussiste”.

Intanto, però, su richiesta della famiglia Cucchi dal settembre 2015 la Procura di Roma ha riaperto un fascicolo di indagine sul caso concentrandosi sui carabinieri presenti nelle due caserme dove è avvenuta prima l’identificazione poi la custodia in camera di sicurezza tra la sera del 15 e la mattina del 16 ottobre.

Il 17 gennaio 2017, al termine delle indagini preliminari, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità nei confronti di tre carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, e Francesco Tedesco). I tre sono accusati di aver picchiato Cucchi con schiaffi, pugni e calci facendolo cadere e procurandogli lesioni e di averlo sottoposto a misure restrittive non consentite dalla legge.

Lo stesso Tedesco insieme ad altri due carabinieri, Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini, viene accusato di falso e calunnia per omissioni nel verbale di arresta e per le false dichiarazioni al processo di primo grado. Il 10 luglio 2017 i 5 carabinieri sono stati rinviati a giudizio e attualmente il processo è in corso.

 

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