Ilaria Salis e Mimmo Lucano, “c’è ancora domani” in questo paese…


La rivincita di Lucano, che conquista Strasburgo ed è stato rieletto sindaco di Riace, e lo straordinario successo che consentirà ad Ilaria Salis di ritrovare la libertà sono le storie più belle ed emozionanti di questa tornata elettorale. Ma anche l’emblema dell’ipocrisia della destra…

Un quotidiano nazionale l’ha definita “la rivincita dei reietti”. Ma quelle di Mimmo Lucano e di Ilaria Salis, in qualche modo legati da un destino comune, dal nostro punto di vista sono sicuramente le due storie più belle ed emozionanti di questa tornata elettorale. Ce l’hanno fatta entrambi e, per chi come noi crede ancora in certi valori e in certi principi, la loro travolgente affermazione è il segnale che, nonostante tutto, forse ancora c’è qualche speranza nel sempre più derelitto nostro paese.

Per altro, ovviamente del tutto involontariamente, le vicende che ruotano intorno a Lucano e Salis sono anche l’emblema della penosa ipocrisia, della doppia morale e della più profonda e insopportabile incoerenza della destra (esponenti politici e informazione) che è attualmente al potere in Italia. Sempre pronta ad urlare e strepitare, in nome di un ipocrita garantismo di facciata, quando qualcuno dei suoi deve fare i conti con qualche vicenda giudiziaria, per poi tornare improvvisamente “giustizialista” e “forcaiola” quando tocca a qualche avversario politico. E per la quale il voto dei cittadini italiani è sacro e indiscutibile quando li premia ma è frutto di chissà quali intrighi quando invece premia i loro avversari-nemici. Alleanza Verdi e Sinistra era stata presa di mira, anche in maniera piuttosto pesante, quando aveva deciso di candidare per le elezioni europee Mimmo Lucano al sud e Ilaria Salis al nord.

Quest’ultima, in particolare, era stata frutto di polemiche a non finire da parte della destra che in questa vicenda ancora una volta ha dimostrato che l’unica cosa che le sta veramente a cuore sono gli interessi della propria parte politica, non certo dei propri cittadini. L’indecente campagna di fango orchestrata nei confronti della 39enne lombarda, per non parlare degli attacchi meschini e vili anche nei confronti del padre di Ilaria, hanno mostrato il peggiore, e per certi versi il vero, volto di questa destra che non hai mai speso mezzo parola per criticare gli inaccettabili metodi fascisti dell’Ungheria di Orban e, di fatto, ha condannato la Salis prima ancora che inizi il processo. “Un risultato clamoroso che va oltre la questione umanitaria (anche se la libertà è di per sé sempre un ottimo motivo): rischiare 24 anni di galera in Ungheria per fatti, peraltro tutti da provare, che in Italia sarebbero finiti al massimo davanti al giudice di pace è una buona definizione di cosa sia oggi il fascismo in Europa” scrive oggi sui social, con la solita brillantezza, il giornalista Mario Di Vito commentando l’elezione di Ilaria Salis.

Per la quale, in questi mesi, il governo non solo non ha mosso un dito ma, addirittura, ha anche criticato apertamente chi invece si è mobilitato e chi ha poi deciso di candidarla, profetizzando un sicuro insuccesso e un conseguente inasprimento del comportamento delle autorità ungheresi, come se l’eventuale vendetta del paese di Orban fosse una cosa del tutto normale e non censurabile. E mentre il governo si preoccupava di non disturbare troppo il fedele alleato ungherese, i “giornalacci” di destra continuavano a gettare fango, senza mai porsi neppure il minimo dubbio che, magari, la Salis potesse comunque essere innocente, condannata senza appello e senza processo da quegli stessi giornalisti che, di contro, hanno già assolto il presidente della Liguria Toti, considerato un povero “martire” della giustizia italiana.

E se mai ci fosse stato ancora bisogno di avere una conferma della più profonda e meschina ipocrisia della destra, la parallela vicenda di Chicco Forti, condannato in via definitiva per omicidio e accolto con tutti gli onori del caso, con tanto di presenza della presidente del Consiglio, al suo ritorno in Italia, li ha irrimediabilmente spazzati via. Le 176 mila preferenze ottenute, che spingono Ilaria Salis verso il Parlamento di Strasburgo e la ritrovata meritatissima libertà, sono la migliore risposta possibile all’indecente comportamento della destra in questa vicenda. E l’indecente travaso di bile del presidente del Senato Ignazio La Russa di fronte alla valanga di voti ottenuti dalla Salis, al di là dell’ennesima dimostrazione di quanto lo stesso sia del tutto inadeguato a rivestire il ruolo di seconda carica dello Stato, ha contribuito a rendere ancora più dolce il risultato ottenuto.

Ed ora che l’incubo della maestra lombarda sta per concludersi, vale la pena ribadire un concetto già espresso da Christian Raimo (e per questo finito sotto processo sui “giornalacci” di destra): a processo dovrebbero andare coloro che ancora oggi organizzano e celebrano gli orrori del nazismo (e i paesi che lo consentono), non chi protesta contro questa indecenza. Se per la Salis il risultato elettorale vuol dire soprattutto il ritorno alla libertà e nel mondo civile (o presunto tale), per Mimmo Lucano il travolgente successo elettorale è per certi versi la cosiddetta chiusura del cerchio. Anche perché per lui il successo è doppio, oltre all’elezione nel Parlamento europeo ha riconquistato il suo comune, Riace (e potrà fare entrambe le cose perché la norma lo prevede per i comuni sotto i 5 mila abitanti). Il “modello Riace”, divenuto famoso e raccontato in tutto il mondo, può tornare ad essere il faro di speranza che illumina quel mare dove continuano ad annegare e trovare la morte migliaia di disperati, uomini, donne e bambini, alla ricerca di un futuro.

Quando nel 2018 era finito agli arresti domiciliari, con sul capo imputazioni terrificanti (truffa aggravata, concussione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, illeciti nel sistema della raccolta differenziata, abuso d’ufficio), quelli che oggi invocano prudenza e difendono Toti, aggrappandosi al principio secondo cui si è innocenti fino al terzo grado di giustizia (per carità, sacrosanto ma sempre, non “a targhe alterne”), non avevamo esitato un attimo a “massacrarlo”. Per non parlare, poi, quando nel settembre 2021 il tribunale di Locri lo ha condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione (con il giudice che non volle neppure concedergli le attenuanti generiche né quelle per aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale…). “Mimmo Lucano per me vale zero” aveva sentenziato allora Matteo Salvini, con “Mimmo il curdo” (così l’avevano rinominato allora) che non ha gridato al complotto, non ha parlato di giustizia politica o “menate” del genere.

Si è messo sotto e pian piano ha smontato tutte le accuse nelle aule dei tribunali, in un lunghissimo e faticosissimo percorso che alla fine l’ha visto uscire vincente. Ora le 173 mila preferenze che l’hanno spinto a Strasburgo e, soprattutto, la rielezione a sindaco di Riace in qualche modo lo ripagano di tutte quelle ingiuste sofferenze. E lunedì sera, dopo la certezza della vittoria nelle elezioni comunali, nel suggestivo centro dello Jonio calabrese si è scatenata la festa, con balli e danze, con in sottofondo le note di “Bella ciao”. “E’ un’emozione indescrivibile, per me è la quarta volta ma è l’elezione più bella perché proviene da una storia di sofferenza e resistenza. La mia Europa si chiama Riace” ha dichiarato, promettendo di riesporre immediatamente il cartello “città dell’accoglienza” rimosso qualche anno fa da chi voleva cancellare anche la memoria di quanto realizzato da Lucano.

Riprendendo il titolo del film di Paola Cortellesi, le vittorie della Salis e di Lucano aiutano a pensare che, in fondo, “c’è ancora domani” anche in questo paese…

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