Il surreale spettacolo di una campagna elettorale da incubo


Dovrebbe essere uno dei più alti momenti di democrazia, invece la campagna elettorale ad Ascoli si è trasformata in un’indecorosa pagliacciata tra surreali candidature, esilaranti spot elettorali e un’impressionante disparità di mezzi tra i due schieramenti

E’ triste doverlo ammettere, ma dobbiamo fare un doveroso “mea culpa” e riconoscere di aver clamorosamente sbagliato. Era il maggio 2019 quando, a poche ore dal termine, nell’articolo “Finisce la campagna elettorale da incubo, la parola agli elettori ascolani” celebravano con un grande sospiro di sollievo la fine di una campagna elettorale semplicemente imbarazzante, sostenendo che “è difficile, anzi praticamente impossibile, scendere più in basso”. Siamo stati fin troppo ottimisti, ci eravamo illusi credendo che, una volta toccato quello che all’epoca ci sembrava davvero “il fondo”, non si potesse che risalire. Invece 5 anni dopo quello che è andato e sta andando in scena è uno spettacolo di gran lunga peggiore, che definire indecente e nauseante è decisamente riduttivo.

Solo per fare un esempio, 5 anni fa l’episodio più sconcertante, che aveva segnato quella campagna elettorale, era stata l’aggressione nei confronti del leader di un movimento che sosteneva il candidato sindaco Piero Celani, secondo le successive ricostruzioni da parte di un candidato di una delle liste che sosteneva il candidato sindaco Marco Fioravanti. Inevitabilmente ne erano seguite polemiche e scontri verbali a non finire tra i due opposti schieramenti, con la vicenda che poi ha avuto anche un seguito giudiziario. Sembra incredibile anche solo immaginarlo, ora, come se nulla fosse accaduto, la vittima di quella aggressione è in una delle liste che sostengono il sindaco uscente Fioravanti. Sembra davvero incredibile ma ormai abbiamo imparato che nel meraviglioso e incantato regno di Ugualos non ci si deve stupire di nulla.

Neppure del fatto che quello che anni fa (esattamente nel 2014) era stato il candidato del centrosinistra (Pd, Sel e 2 liste civiche) come se fosse la cosa più naturale e normale al mondo ora è candidato in una delle liste della destra che sostiene la candidatura del sindaco uscente Fioravanti. Non è certo una novità che, pur di guadagnare qualche voto in più, la destra ascolana non guarda in faccia a nulla, apre le porte a tutti (anzi, come vedremo a quasi tutti). Già nella precedente tornata elettorale tra le liste che sostenevano la candidatura di Fioravanti aveva trovato posto chi aveva partecipato alle primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra e si era presentata anche con una lista civica in competizione e in alternativa alla destra. Senza dimenticare chi per anni è stata un’esponente di punta del centrosinistra ascolano (il particolare di quello che ora è il Pd), tanto da occupare posti di rilievo a supporto della giunta regionale di centrosinistra, ed ora è consigliere regionale con uno dei partiti di destra.

Ma se da una parte queste poco edificanti vicende dimostrano che la destra accoglierebbe chiunque per avere più voti, dall’altra evidenzia in maniera a dir poco imbarazzante l’incapacità (almeno negli anni passati) del centrosinistra di scegliere candidati politicamente credibili. Perché è del tutto evidente che, se quello che anni prima era stato scelto addirittura come candidato sindaco della propria parte politica, ora si schiera e si candidata con la parte politica avversa, indiscutibilmente qualcosa è stato sbagliato, quanto meno quella scelta non era propriamente azzeccata. Per altro è giusto sottolineare che inizialmente sembrava che dovessero candidarsi con la destra anche altri esponenti che erano dall’altra parte politica 5 anni fa ma, addirittura, anche qualche mese fa.

In particolare uno di quegli esponenti, che pure aveva partecipato alle prime riunioni del Cantiere riformista (cioè degli avversari politici di Fioravanti e della destra) da mesi aveva tappezzato la città e riempito i social di manifesti elettorali, dando quindi per certa la propria candidatura in una delle liste a supporto di Fioravanti. Invece, alla fine, è arrivata la beffarda esclusione… Una vicenda imbarazzante e al tempo stesso esilarante in una campagna elettorale che, di fatto, vede fronteggiarsi i due schieramenti con armi e strumenti assolutamente impari. Non c’è confronto, Fioravanti e la destra da mesi hanno dato e stanno dando vita ad una mastodontica campagna elettorale, a dir poco straripante e incessante, utilizzando tutti i mezzi possibili, sfruttando ogni appuntamento teoricamente istituzionale, puntualmente trasformato in uno stucchevole e imbarazzante mega show propagandistico.

A tal proposito basterebbe ricordare lo sconcertante teatrino messo in scena per l’inaugurazione di via Trieste, con tanto di utilizzo davvero improprio della Quintana. Neppure nelle “Repubbliche delle banane” si potrebbe assistere ad un simile spettacolo per la semplice riqualificazione e ripavimentazione di una via, senza contare il fatto che, prima di ogni altra cosa, il sindaco e l’amministrazione comunale avrebbero dovuto chiedere scusa agli ascolani per l’inaccettabile ritardo accumulato (l’intervento doveva concludersi entro aprile 2023, è terminato esattamente un anno dopo), soprattutto cercando di spiegare onestamente e seriamente le ragioni di un simile clamoroso slittamento dei tempi. E poi il moltiplicarsi di annunci e proclami, quasi sempre strumentali se non addirittura del tutto inattendibili.

Senza andare troppo indietro nel tempo si potrebbe citare l’annuncio delle ore scorse, puntualmente riportato senza alcuna riflessione dai quotidiani locali, sull’assegnazione dei fondi per l’intervento all’ex Distretto militare di corso Mazzini che, però, sono a disposizione del Comune da tempo e, quindi, piuttosto l’amministrazione comunale anche in questo caso dovrebbe spiegare le ragioni di un simile ritardo (oltre alle motivazioni per cui si è passati dalla previsione iniziale di una spesa di 2,5 milioni di euro agli attuali poco meno di 12 milioni…). Per non parlare dell’indecente “manfrina” sulla curva sud, con l’improbabile annuncio del prossimo avvio dei lavori di ricostruzione sulla base di un decreto che, in realtà, certifica l’incapacità del Comune di rispettare il cronoprogramma, con la successiva beffa della scoperta che in realtà ancora non si è conclusa neppure la demolizione della curva (quindi l’avvio della ricostruzione bene che vada slitterà tra fine anno e inizio del nuovo).

Naturalmente nell’incessante campagna elettorale che Fioravanti e la destra portano avanti da mesi non sono mancate clamorose ed esilaranti gaffes. Come il video propagandistico postato sui social dal sindaco, dal titolo “A metà? No grazie. Ancora insieme!”, in realtà una copia, per altro uscita male, del video “Le cose a metà” fatto 5 anni prima dal sindaco di Bari Decaro (Pd) per chiedere la conferma alle elezioni comunali del 2019. Per non parlare di uno dei candidati di una lista della destra che per settimane ha tempestato i social con manifesti in cui invitava gli elettorali ascolani a votare se stesso e il candidato sindaco della coalizione (Fioravanti) per esprimere la volontà e il desiderio di cambiamento. Come se negli ultimi 25 anni ad Ascoli non avesse sempre governato proprio la sua parte politica…

Si potrebbe continuare ancora a lungo, il punto è che sarebbe opportuno chiedersi come mai il secondo sindaco più amato d’Italia (almeno a giudicare dai sondaggi sul gradimento dei primi cittadini dei comuni capoluoghi) ha bisogno di imbastire una simile mastodontica campagna elettorale? Non bisogna certo essere dei geni o dei fini commentatori politici per conoscere la risposta: se l’amministrazione comunale in questi 5 anni avesse raggiunto risultati concreti e tangibili, se il sindaco avesse mantenuto anche solo una minima parte delle promesse fatte 5 anni fa di fatto non avrebbe avuto bisogno di alcuna campagna elettorale, il suo operato sarebbe stato il migliore spot elettorale possibile. Invece è esattamente il contrario e, praticamente nell’ultimo anno di mandato amministrativo, il sindaco Fioravanti si è preoccupato solo di costruire, con il supporto “supino” di gran parte dell’informazione locale, quel capoluogo virtuale e irreale utile solo alla sua campagna elettorale. In un simile contesto naturalmente la rielezione non è affatto in discussione, la mancata conferma di Fioravanti rappresenterebbe la più clamorosa e improbabile sorpresa nella storia elettorale del capoluogo piceno.

Ma ci sarebbe da stupirsi anche se il sindaco uscente non andasse oltre il 60%. Tanto che alla fine il dato più importante da tenere in considerazione potrebbe risultare quello relativo all’affluenza…

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