Non è un regime ma gli assomiglia parecchio…


Magari è eccessivo parlare di regime (nel senso moderno del termine…), ma è innegabile che si respiri un’area pesante tra censura, manganellate e cariche contro i ragazzi che manifestano, occupazione della tv pubblica e tentativi di ingerenze anche in un premio letterario…

Niente paura, in Italia non c’è alcun un regime. Possiamo star tranquilli e smetterla di correre dietro ai fantasmi, figuriamoci se, nell’anno di grazia 2024, si può anche solo pensare che possa accadere una cosa del genere nel nostro paese. Ce lo assicura la nostra “democraticissima” presidente del Consiglio, magari con uno di quei video di finte conferenza stampa, senza giornalisti e con la stessa Meloni che risponde a domande che lei stessa pone, come avviene in tutte le democrazie compiute… Ce lo ripetono, rimproverando pesantemente chi ha osato anche solo pensare il contrario, i vari Sechi, Bocchino, Belpietro, Borgonovo, con la “quarta istituzione” dello Stato, Bruno Vespa, che dall’altro della sua proverbiale imparzialità (è sempre dalla parte di chi governa, a prescindere dal colore politico) certifica che non esiste alcun rischio in proposito.

Quindi bisogna fidarsi e stare sereni, esattamente come doveva esserlo Letta dopo il famoso “Enrico stai sereno” pronunciato da Matteo Renzi… Perché poi riflettendo e ragionando, un po’ di dubbi restano, accompagnati da una domanda a cui ci piacerebbe trovare risposta: che definizione bisognerebbe dare di un paese nel quale accade che vengono sistematicamente manganellati e caricati giovani e minorenni solo perché si permettono di scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso, dove la tv pubblica di fatto è stata occupata “militarmente” dalla coalizione di governo (la Rai prima lottizzata, ora è occupata…), dove è tornata di moda la censura più rigida nei confronti di chi osa non solo criticare, ma anche solo rievocare la storia del nostro paese e, addirittura, richiamarsi ai valori costituzionali.

Dove rappresentanti istituzionali hanno addirittura la pretesa di scegliere chi deve partecipare ad un prestigioso premio letterario, mentre la presidente del Consiglio e il governo ordina come colpire chi non si allinea, organizzando campagne di fango basate su autentiche invenzioni, con i più servizievoli dei “servi sciocchi” che non perdono tempo ad adeguarsi, affannandosi su tv, social e giornali a fare a gara a chi la spara più grossa per compiacere i nuovi potenti. E, allora, magari sarà anche esagerato parlare di regime ma è indubbio che quanto sta accadendo assomiglia terribilmente a qualcosa di simile di un moderno regime. In questo quadro davvero allarmante, per certi versi la vicenda Scurati è bene che sia accaduta.

Perché la vergognosa censura della Rai meloniana nei confronti del monologo che lo scrittore e giornalista doveva leggere nel programma di Raitre “Che sarà” e il successivo intervento del tutto fuori luogo della stessa Meloni hanno quanto meno avuto l’effetto di far aprire gli occhi a molti di quelli che erano caduti in lungo e preoccupante letargo. Infatti, come vedremo, quanto accaduto a Scurati non è certo una novità per Tele Meloni (la Rai), solo che i casi precedenti erano scivolati via come se nulla fosse. Questa volta, invece, finalmente c’è stata la reazione che sempre si dovrebbe avere in vicende come queste, con il testo del monologo “censurato” che è subito diventato virale e ha avuto quell’enorme risalto che, non ce ne voglia la bravissima e coraggiosissima Serena Bortone (che ha duramente e pesantemente criticato quanto accaduto, smontando anche la “bufala” del presunto problema economico), di certo non avrebbe avuto se fosse regolarmente andato in onda.

Molto si è detto e si continua a dire di questa vicenda che, fortunatamente, ha suscitato enorme scalpore. Senza tornare su tutto il resto, ci preme sottolineare alcuni importanti aspetti di cui poco si è parlato. Partendo dal fatto che è sin troppo emblematico il fatto che, alle accuse per l’inaccettabile censura, ha immediatamente risposto la presidente del Consiglio, ad ulteriore dimostrazione (non che ce ne fosse bisogno…) di chi comanda in Rai. Non spettava certo a lei farlo ed è stato ancora più penoso il modo in cui l’ha fatto, riproponendo la “bufala” sul compenso economico, inequivocabilmente smontata dalla circolare Rai che specificava chiaramente che la decisione di non far intervenire Scurati era dettata da una scelta editoriale, non economica.

Non soddisfatta, la Meloni ha poi messo su un teatrino di bassissimo livello, pubblicando il testo del monologo di Scurati che, però, era già ampiamente noto perché pubblicato praticamente da tutti. Un’indegna “pagliacciata” ovviamente rivolta ai suoi fedeli sostenitori che, evidentemente, la Meloni deve considerare dei poveri “allocchi” che si bevono qualsiasi cosa e da poter prendere in giro in qualsiasi modo (ed in effetti la propensione a farsi prendere in giro un po’ ce l’hanno). Un altro aspetto importante su cui riflettere è che, come sempre in situazioni simili, con il suo intervento la Meloni ha indicato la strada da seguire per accanirsi contro Scurati ai suoi fedeli “servi” (giornali e giornalisti in primis).

La presidente del Consiglio (o altri esponenti del governo) indica il bersaglio e il modo in cui colpire e giornali e giornalisti suoi fedeli servitori eseguono, alcuni di loro con il solito eccesso di zelo, dimenticando che il primo dovere di un giornalista, a prescindere dalle legittime convinzioni e simpatie politiche, dovrebbe essere quello di informare correttamente, il che implica anche e soprattutto che, prima di ogni altra cosa, bisogna verificare. In questo caso, tra l’altro, non c’era neppure bisogno di sforzarsi per farlo, la citata circolare Rai spiegava inequivocabilmente che la censura è scattata per “motivi editoriali”, l’aspetto economico non c’entra niente (e, secondo la ricostruzione pubblicata da “La Stampa”, che se fosse confermata renderebbe la vicenda uno scandalo senza precedenti, la Meloni avrebbe duramente rimproverato i vertici Rai per non averne subito fatto una questione economica…).

Non è certo la prima volta che accade, gli obbedienti soldatini della Meloni mascherati da giornalisti ormai non fanno altro. Era accaduto in quello che per certo versi è l’esempio più eclatante di questo clima sempre più sinistramente simile a quello che si respira in un regime, le pressioni di esponenti istituzionali (a partire dal presidente della Commissione cultura della Camera, Federico Mollicone di FdI) di mettere al bando e far cancellare dai candidati al premio letterario “Strega” il romanzo di Valentina Mira (“Dalla stessa parte mi troverai”) solo perché la storia d’amore raccontata prende spunto dai fatti di Acca Larenzia. Anche in quel caso il governo e i rappresentanti istituzionali di destra hanno indicato il bersaglio e come colpirlo e, puntualmente, sui giornali di destra è partita la campagna di fango contro la scrittrice accusata praticamente di tutto (addirittura anche di aver elogiato le Br).

Naturalmente senza che nessuno di loro si fosse degnato di leggere quel libro (perché se lo avessero fatto avrebbero scoperto che la realtà era completamente differente…). Ma l’esempio più inquietante e allarmante di come quello che stiamo vivendo, se non è propriamente un regime, poco ci manca, viene dal comportamento delle forze dell’ordine in occasione di tutte le manifestazioni di piazza a cui partecipano i più giovani, con cariche e manganellate indiscriminate contro “pericolosissimi” ragazzi, anche minorenni, armati di slogan e striscioni, notoriamente armi potenzialmente letali, in grado di provocare enormi danni.

Anche in questo caso dal governo è arrivata l’indicazione precisa di come muoversi (mentre il presidente della Repubblica Mattarella ha espresso le proprie perplessità) ed i suoi fedeli servitori hanno subito eseguito, narrando di comportamenti violenti da parte dei ragazzi, di improbabili assalti a chissà cosa, nonostante l’evidenza dei fatti (video e testimonianze) dimostrino esattamente il contrario. Senza ovviamente neppure chiedersi il perché le forze dell’ordine abbiano usato la mano forte solo in queste circostanze e mai in altre manifestazioni (di estrema destra, quelle recenti dei “trattori”, per non parlare dell’assalto al sindacato) in cui si sono verificate ben più gravi violazioni. Il copione è sempre lo stesso, imbarazzante distorsione della realtà, fango contro chi osa non seguire la linea indicata dal governo e, su Tele Meloni, censura nei confronti di chi ha l’ardire di raccontare un’altra storia.

Già perché la censura contro Scurati ha provocato una reazione diffusa ma, in realtà, non è certo il primo caso. L’8 marzo dello scorso anno, ad esempio, è stato preventivamente censurato, con le stesse modalità utilizzate con Scurati, l’intervento della giornalista Jennifer Guerra, invitata sempre dalla Bertone a parlare di diritti delle donne e poi censurata perché il suo intervento conteneva critiche alle politiche anti aborto di una parte del governo. Stessa sorte è toccata alla scrittrice, Nadia Terranova inizialmente chiamata in Rai a leggere un monologo in cui avrebbe dovuto declinare nel presente il senso classico della Hybris, ma poi censurata perché nel suo intervento c’erano riferimenti ai fatti di Pisa, alle manganellate e alle cariche delle forze dell’ordine contro ragazzi anche minorenni. Questo il testo, molto suggestivo e significativo, su cui è calata la mannaia della censura di Tele Meloni:

“Adesso narrerò un apologo ai giudici. Uno sparviero, dopo aver ghermito un piccolo usignolo variopinto, lo trascinò in alto fra le nubi, e quello, trafitto dagli artigli ricurvi, piangeva di dolore. Allora lo sparviero gli disse: “Infelice, di che ti lamenti? Sei preda di uno più forte di te; dove ti porto io, tu andrai, anche se canti; ti divorerò o ti libererò a mio piacere. Stolto è chi combatte i più forti: non riporterà alcuna vittoria e, oltre al danno, dovrà subire la beffa”.
L’apologo dello sparviero e dell’usignolo è la prima favola della storia della letteratura occidentale. Si trova nelle Opere e i giorni di Esiodo, un poema del settimo secolo a. C., ed è curioso che la favola sia anche una delle prime riflessioni della nostra civiltà sulla Hybris, la tracotanza, che tanta parte avrà nel mondo classico. Il potere, si evince dalle parole di Esiodo, è innanzitutto un potere fisico: il più forte, il più grosso, colui che ha più armi – in questo caso, gli artigli – tiene in scacco in più debole. Partendo da qui, da una storia per bambini, la Hybris diventò nel mondo classico la più disdicevole delle violazioni: abusare di una carica, agire dentro un dislivello politico era un peccato disonorevole, la rivelazione dell’incapacità di essere all’altezza del proprio ruolo.

Il dovere dell’uomo che governa, proprio in virtù della propria carica divina, è ergersi al di sopra degli istinti e delle passioni proprie del piano umano. Nella Politica, Aristotele elenca i comportamenti che i tiranni devono evitare per non cadere nella Hybris, e ne individua due in particolare: percuotere i sudditi e abusare della loro giovinezza. Monica, madre di uno dei ragazzi colpiti durante la manifestazione in difesa della Palestina a Pisa, ha risposto ai giornalisti che chiedevano se avrebbe accettato delle scuse. È con le sue parole che voglio concludere.
A me delle scuse importa fino a un certo punto. Voglio che queste cose non succedano più. Un’amica di mio figlio è rimasta in osservazione per un trauma cranico, un altro è stato colpito all’addome e aveva sangue nelle urine, si temeva un’emorragia interna. Stiamo parlando di ragazzini, li hanno curati in pediatria”.

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