Dio è morto


Nella canzone di Guccini il luogo simbolo della “morte di Dio” erano i campo di concentramento, ora, invece, è la striscia di Gaza. Dove, dopo le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre, si è abbattuta la feroce vendetta di Israele mascherata da “diritto all’autodifesa”

Sono passati più di 50 anni da quando Francesco Guccini scrisse (e poi i Nomadi portarono al successo) una delle canzoni più controverse e significative della storia della musica italiana, “Dio è morto”, ed è impressionante come quel testo, il suo più profondo significato siano oggi così drammaticamente di attualità. Magari con qualche piccolo aggiustamento per renderlo ancora più attinente alla terrificante realtà dei nostri giorni e, al tempo stesso, con una conclusione della canzone stessa decisamente meno ottimista e speranzosa rispetto ad allora. “Nei campi di sterminio, Dio è morto” scriveva allora Guccini, con i campi di sterminio che rappresentavano il luogo dove davvero l’umanità, e quindi Dio, non era più presente, il luogo simbolo della “morte di Dio”.

Oggi quel luogo è indiscutibilmente la striscia di Gaza dove già prima del 7 ottobre non era certo facile trovare tracce di umanità e tracce di Dio. Naturalmente la fine dell’umanità, la morte di Dio, è iniziata in quel tragico 7 ottobre, con le atrocità commesse da Hamas su inermi civili, su quei giovani ragazzi che volevano solo divertirsi come è giusto che sia a quell’età, sui bambini israeliani trucidati nel modo più violento e sconvolgente. Ma ad “uccidere” definitivamente Dio ci ha poi pensato Israele con la sua furia vendicativa, mascherata da improbabile “diritto all’autodifesa”, con il massacro di inermi civili, tra cui migliaia di bambini, che sta mettendo in atto non solo con violenti e pesantissimi bombardamenti indiscriminati, ma anche mettendo gli ospedali in condizioni di non funzionare e di non poter curare i pazienti presenti e affamando sempre più la popolazione intrappolata a Gaza.

Per certi versi si potrebbero anche dire che Dio continua ad essere quotidianamente ucciso anche nel nostro paese da quella larga fetta di politici e media che sostengono e approvano il massacro che sta compiendo Israele, che considerano gli oltre 4 mila bambini palestinesi uccisi fino ad ora un particolare quasi irrilevante, che piangono e si addolorano per le vittime innocenti di una parte (israeliana) ma non provano neppure un briciolo di compassione per quelle, tragicamente molto più numerose, dell’altra (palestinesi). Ma il Dio cristiano è soprattutto morto di fronte alla sconcertante e vergognosa ipocrisia di quella parte di pseudo cattolici che urlano il proprio sdegno e speculano sulla triste vicenda della povera Indy Gregor, affermando la sacralità di ogni vita umana che, però, evidentemente non vale per i bambini palestinesi.

Tornando alla tragedia di Gaza, abbiamo già sottolineato qualche giorno fa come di fronte agli agghiaccianti numeri, che parlavano di oltre 11 mila morti tra i civili di cui più di 4 mila bambini (ora l’Onu sostiene che addirittura non è più possibile neppure aggiornare il numero dei morti vista la situazione) non si può più parlare di “diritto all’autodifesa”. E che di fronte ad alcune operazioni, ai bombardamenti sui campi profughi e sui magazzini dove vengono distribuiti i viveri a decine di migliaia di palestinesi che non hanno più nulla, ai raid contro le ambulanze e i camion che trasportano i viveri stessi, non si può non parlare di evidenti e inaccettabili “crimini di guerra”. Tra i frammentari e agghiccianti racconti che ci arrivano da Gaza in questi ultimi giorni, nella generale drammaticità della situazione spicca quanto sta accadendo negli ospedali della striscia e, ovviamente, quello che stanno subendo i bambini palestinesi.

Lunedì 13 novembe la Mezzaluna palestinese ha annunciato la cessazione dei servizi, dovuta all’esaurimento del carburante e all’interruzione della corrente, nell’ospedale Al Quds di Gaza City. Il personale medico sta facendo ogni sforzo possibile per assistere pazienti e feriti ma, viste le pessime condizioni umanitarie e la carenza di cibo, acqua e forniture mediche, il destino di quei pazienti e di quei feriti sembra tragicamente segnato. Per altro, ammesso che ci sia ancora qualche ospedale a Gaza che sia in grado di operare , non è in alcun modo possibile evacuare pazienti e personale medico perché Israele sta concentrando i bombardamenti anche intorno alla zona dell’ospedale.

Situazione ancora più drammatica all’ospedale Al Shifa, pesantemente bombardato dall’esercito israeliano (che nella giornata di lunedì ha addirittura operato un bombardamento mirato per distruggere il reparto ossigeno, con tutte le tragiche conseguenze che ne derivano) e a sua volta alle prese con la mancanza di carburante, cibo, acqua e medicinali. Secondo quanto dichiarato dal direttore degli ospedali di Gaza, Mohammad Zaquot, lunedì in seguito ai bombardamenti sono morti 32 feriti, tra cui 7 pazienti che erano ricoverato nel reparto di terapia intensiva. L’Onu sostiene che nella giornata di martedì sono morti altri 40 pazienti, mentre gli annunci del direttore dell’ospedale Al Shifa, Mohammad Abu Salmiyah, descrivono uno scenario apocalittico.

Nella giornata di martedì siamo stati costretti a seppellire 179 persone, compresi 7 neonati, in una fossa comune – ha dichiarato – sono collassate tutte le unità vitali dell’ospedale, l’unità neonatale è rimasta senza ossigeno e siamo stati costretti a trasferire i piccoli pazienti in altri reparti. Tutto inutile perché di fatto da martedì l’Al Shifa non opera più come ospedale, servirebbero 8 mila litri di carburante al giorno per andare avanti in modalità comunque ridotta, Israele si è dichiarato disponibile a fornire massimo 300 litri di carburante per tutti gli ospedali di Gaza”. Come ad Al Quds, anche intorno all’ospedale Al Shifa Israele ha intensificato i bombardamenti, intervallandoli con raid dell’esercito.

Intorno all’ospedale ci sono decine di cadaveri di cui non è possibile prendersi cura o nemmeno seppellirli o portarli in qualche obitorio – spiega il portavoce dell’Onu Christian Lindmeier – l’impossibilità di seppellire quei cadaveri sta trasformando il principale ospedale di Gaza in un cimitero a cielo aperto”. E mentre i medici dell’ospedale affermano di essere stati avvisati soli pochi minuti prima del raid compiuto da 100 militari israeliani, lo scenario descritto questa mattina dal direttore dell’ospedale è di un’atrocità insopportabile.

L’ospedale è circondato da cadaveri che non posso essere sepolti – afferma Mohammad Abu Salmiyah – alcuni dei quali sono stati sbranati dai cani”. Inutile sottolineare che siamo ben oltre i crimini di guerra, anche se Israele sostiene che il raid e i bombardamenti in quella zona sono giustificati dal fatto che nell’ospedale si nascondeva una postazione di comando di Hamas. Nella giornata di martedì, invece, la giustificazione era stata un’altra, la presunta presenza di alcuni ostaggi nell’ospedale (che poi lo stesso esercito israeliano ha dovuto ammettere che non c’erano).

Se non agiamo subito, se non fermiamo immediatamente questo bagno di sangue con un cessate il fuoco per permettere un’evacuazione sanitaria dei pazienti, questi ospedali diventeranno dei veri e propri obitori” denuncia Medici Senza Frontiere. Identico appello arriva anche da Amnesty International e da Save the Children che, la settimana scorsa, parlava di 4.008 bambini uccisi e 1.270 dispersi a Gaza, sottolineando anche come, dopo un mese di assedio e bombardamenti, la salute mentale dei bambini è oltre il punto di non ritorno. Israele, però, non ha alcuna intenzione di fermarsi e Europa e Usa, pur con qualche sottolineatura, continuano a manifestare incondizionato appoggio, di fatto diventando complici di questo inaudito massacro.

Noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge” concludeva, con un messaggio di speranza e ottimismo, la canzone di Guccini. Difficile, vista la situazione, credere oggi che Dio possa davvero risorgere…

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