Liste piene ma corridoi degli ambulatori vuoti: l’ultimo vergognoso paradosso della sanità picena


Indignazione e rabbia da parte di una donna ascolana che ha dovuto attendere 9 mesi per effettuare la mammografia presso l’ospedale Mazzoni e che il giorno dell’appuntamento ha trovato gli ambulatori desolatamente vuoti, senza pazienti in attesa

Quando c’è di mezzo la derelitta sanità marchigiana e, ancor più, quella ormai ridotta ai minimi termini del territorio piceno non bisogna più stupirsi di nulla, neppure delle situazioni più paradossali e talmente surreali da apparire quasi inverosimili. Però la breve storia che ci accingiamo a raccontare, al di là dello sconcerto che provoca, è l’emblema di come ormai la confusione regni sovrana ma anche di come, per incapacità o per volontà politica, gli spazi della sanità pubblica nelle Marche si riducano sempre più per lasciare campo alla sanità privata (perché è del tutto evidente che se la sanità pubblica non riesce a garantire in tempi accettabili certe prestazioni chi può si rivolge al privato).

Siamo ad inizio del 2023 quando una donna ascolana chiama il centralino per prenotare una mammografia. In campagna elettorale, prima delle elezioni regionali del 2020, Acquaroli e la destra avevano sempre ribadito che i tempi di attesa erano la principale priorità, promettendo di ridurli sensibilmente. Invece è accaduto l’esatto contrario, i tempi di attesa sono decisamente peggiorati, come conferma inequivocabilmente un recente report dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) che evidenzia che addirittura anche quelli per gli interventi in area oncologica e in area cardio vascolare sono notevolmente peggiorati (con le Marche in assoluta tra le peggiori regioni italiane).

Così quella donna ascolana dall’operatore si sente ripetere quello che ormai in queste situazioni è diventato uno stucchevole refrain: “siamo pieni, non c’è un posto libero per mesi”. Alla fine si vede assegnare l’appuntamento per effettuare la prestazione presso l’ospedale di Ascoli ad inizio ottobre. Cioè dopo ben 9 mesi, siamo ben oltre i tempi massimi di attesa previsti per legge ed è quindi logico immaginare che, se bisogna attendere così tanto, ogni giorno in ospedale vengono effettuate decine e decine di prestazioni, con ambulatori sempre pieni di pazienti, al limite del collasso. In ogni caso trascorsi i 9 mesi di attesa la donna ad inizio ottobre si reca in ospedale per effettuare finalmente la mammografia, immaginando comunque di trovare l’ambulatorio pieno di altri pazienti che devono effettuare la sua stessa o un altro genere di prestazione.

E’ facile, quindi, immaginare il suo stupore e la sua sorpresa quando invece si trova di fronte ad un ambulatorio desolatamente vuoto, senza altri pazienti in attesa lungo il corridoio di radiologia. Sorpresa e stupore che ben presto si trasformano in comprensibile indignazione e rabbia: “Ci devono spiegare come è possibile che abbiamo i corridoi vuoti e le liste piene e bisogna attendere quasi 2 anni per effettuare la prestazione richiesta”. Già perché rispetto all’inizio dell’anno la situazione è ulteriormente peggiorata, ora per effettuare una mammografia bisogna attendere quasi un anno e mezzo, con appuntamenti fissati per marzo 2025. E visto che quella di questa donna ascolana non è certo la prima denuncia simile, perché già altri pazienti si sono trovati di fronte allo stesso scenario (cioè con ambulatori senza pazienti in attesa), la domanda sorge spontanea: come è possibile che per determinate prestazioni bisogna attendere anche fino ad un anno e mezzo quando poi ci sono giorni in cui gli ambulatori restano desolatamente vuoti?

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva sempre Andreotti. Ed in questo caso è impossibile non “pensar male”, cioè non farsi prendere dal sospetto che ci sia una precisa volontà di favorire il privato. A rafforzare ulteriormente il sospetto contribuisce notevolmente anche quanto sta accadendo in queste settimane nella sanità marchigiana a proposito del programma di recupero di visite, esami e ricoveri non effettuati nel periodo del covid, con le Marche che rispetto alle altre regioni italiani sono un anno indietro, avendo utilizzato nel 2022 appena il 36% dei fondi stanziati dal governo (ci sono diverse regioni che hanno già speso il 100% dei fondi e che, di conseguenza, hanno ricevuto ulteriori fondi).

Ora i circa 9 milioni di euro non utilizzati lo scorso anno sono stati redistribuiti con lo stesso scopo per il 2023, con un programma da parte delle varie Ast marchigiane che prevede il recupero di quasi 40 mila visite, esami e ricoveri (38.324 per l’esattezza). Ed è oltre modo significato che poco più della metà di quelle prestazioni (19.411) si conta di farle recuperare proprio ai privati a cui, quindi, la Regione destina la metà di quei 9 milioni di euro. Un vero e proprio schiaffo, l’ennesimo di una lunga serie, alla sanità pubblica. Per altro, al di là dell’ennesima conferma di questa “attrazione fatale” delle destra al governo della Regione per la sanità privata, anche quel piano di recupero si trasforma nell’ennesimo sconcertante paradosso e nell’ennesima inaccettabile penalizzazione per il Piceno.

Perché, incredibilmente, l’Ast di Ascoli è dopo Ancona quella che ha in programma di recuperare il maggior numero di prestazioni (8.668) ma è anche quella che riceve meno fondi rispetto alle altre Ast, appena 1,2 di milioni. Praticamente stessa cifra è destinata all’Ast di Fermo che, però, però, ha in programma il recupero di meno della metà delle prestazioni dell’Ast di Ascoli (3.151). Senza considerare Ancona, che tra Ast, Azienda ospedaliera e Inrca ottiene circa 3,5 milioni di euro (per oltre 10 mila prestazioni da recuperare), ottengono più fondi anche l’Ast di Macerata (7.319 prestazioni) e quella di Pesaro (8.500 prestazioni).

Anche in questo caso, però, nulla di così strano o sorprendente, è solo l’ennesima beffa e l’ennesima penalizzazione che la Regione impone alla sanità ascolana, nel silenzio complice di chi aveva promesso di difenderla, con il famoso slogan “mai più Cenerentola delle Marche per la sanità”. Che oggi, per come è ridotta la sanità picena, assomiglia sempre più ad una colossale presa in giro…

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