Sanità da salvare, presidi e mobilitazione


Mercoledì 6 settembre presidio davanti all’ospedale di Ascoli, la settimana successiva davanti a quello di San Benedetto: la Rappresentanza Sindacale Unitaria lancia ancora l’allarme e si mobilita per denunciare una sanità locale sempre più allo sbando

Crediti per migliaia di euro verso tutti i dipendenti e concreto rischio di vertenze legali per un valore complessivo di milioni di euro. Carenza organica e precariato doppio rispetto alle altre aziende. Probabile chiusura di diversi servizi e soppressione di unità operative, con l’Ast non più in grado di fornire diversi servizi. Professionisti in fuga che cercano e accettano proposte da aziende limitrofe. E poi tanta disorganizzazione, carichi di lavoro inaccettabili e insopportabili, totale assenza della politica e degli amministratori locali che, pure, avrebbero il dovere di preoccuparsi dello stato della sanità locale.

E’ drammatico il quadro della sanità picena disegnato dalle organizzazioni sindacali sanitarie (Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Fials) che nei giorni scorsi, nel corso di una conferenza stampa, hanno annunciato l’avvio della mobilitazione, con primo presidio in programma mercoledì 6 settembre davanti all’ospedale di Ascoli (a cui seguirà quello del 13 settembre davanti all’ospedale di San Benedetto). A rendere più drammatica la situazione la sensazione sempre più diffusa che le istituzioni, gli amministratori e i politici locali (tranne poche eccezioni) ma anche l’informazione e l’opinione pubblica locale abbiano di fatto accettato la distruzione e l’umiliazione della sanità picena che di certo non inizia oggi ma che negli ultimi anni ha subito un’impressionante accelerazione.

Determinata anche dal fatto che il governatore Acquaroli e la sua sconclusionata giunta regionale hanno compreso che possono infierire come e quanto vogliono, che possono continuare a penalizzare in ogni modo il territorio piceno tanto quelli che avevano giurato di difenderlo e tutelarlo (e che dovrebbero farlo per il ruolo istituzionale che rivestono), da bravi soldatini da tempo hanno chinato la testa e “muti e rassegnati” per fedeltà di partito non protestano e non dicono nulla, neppure di fronte alle discriminazioni più palesi e imbarazzanti. Se mai ce ne fosse stato bisogno, la conferma si è avuta nelle settimane scorse quando, dopo l’approvazione di un nuovo piano regionale sanitario che è spudoratamente penalizzante per il Piceno, da parte dei sindaci di Ascoli e di San Benedetto e degli esponenti ascolani della destra che governa la Regione non si è levata una sola voce di protesta.

L’aspetto buffo (si ridere per non piangere…) della vicenda è che parte dell’informazione locale nelle settimane scorse “vaneggiava” di un ritrovato spirito di collaborazione e di un rasserenamento dei rapporti tra i nuovi vertici dell’Ast di Ascoli e i sindacati che tutelano il personale sanitario locale, con qualche consigliere regionale ascolano che concordava e lodava quel nuovo piano sanitario regionale che assesterà il colpo di grazia al Piceno. Solo pochi giorni dopo, però, un inequivocabile comunicato della Rappresentanza Sindacale Unitaria giudicava assolutamente deludente e totalmente negativo l’incontro con la nuova direttrice generale, dott.ssa Natalini, e si riservava di dichiarare nei giorni successivi “la mobilitazione del personale con l’indizione delle conseguenti manifestazioni da organizzare davanti ai presidi ospedalieri di Ascoli e San Benedetto, anche al fine di denunciare all’opinione pubblica il costante, inesorabile declino della sanità del nostro territorio”.

Chi deve rivolgersi agli ospedali e alle strutture sanitarie del territorio da tempo è a conoscenza di quale sia la situazione, dei disagi e dei disservizi che bisogna sopportare, delle attese interminabili per poter effettuare prestazioni e visite, di come troppo spesso si è costretti a rivolgersi al privato ma anche di come ancora più spesso bisogna “emigrare” in altre zone delle Marche ( o delle regioni limitrofi) perché da queste parti mancano i mezzi, le attrezzature necessarie e anche il personale specialistico. Ma le organizzazioni sindacali, nell’annunciare la mobilitazione, forniscono un quadro a 360 gradi della situazione della sconfortante situazione.

La carenza organica e il precariato sono il doppio delle altre aziende – accusa Giorgio Cipollini della Fp Cisl – c’è il rischio di depauperamento del servizio sanitario del territorio, con il rischio di un ulteriore ridimensionamento. L’attuale direttrice generale non ha piena consapevolezza di quello che accade qui, speravamo che si aprisse un rapporto proficuo, aspettavamo risposte ma ci stiamo apprestando ad aprire una vertenza gigantesca facendo sottoscrivere ricorsi a tutti i dipendenti. C’è il concreto rischio della chiusura di numerosi servizi, da anni non è convocata la conferenza dei sindaci”.

Il primario di Urologia ha liste di attesa bloccate e deve rimandare gli interventi per mancanza di anestesisti e infermieri, esegue solo le urgenze – racconta Paolo Villa della Cisl – i dipendenti spesso sono costretti a fare i doppi turni, senza riposo, con accumulo ore di straordinario che poi non vengono pagate, si richiama anche personale che è andato in pensione. Da anni mancano coordinamenti e posizioni organizzative, non c’è più nemmeno qualcuno che elabori i turni di servizio”. “Molti professionisti se ne vanno altrove, accettano altre proposte per cercare una situazione più stabile” denuncia Giampacifico Di Domenico della Uil, mentre Fausto Menzietti della Fials chiama in causa la nuova direttrice “non può nascondersi dietro un dito sostenendo che questi problemi non sono di sua competenza”.

La nuova direttrice ha assunto una posizione a cuor leggero che ci sta preoccupando – aggiunge Viola Rossi – sostiene che non è nelle condizioni di dare seguito agli istituti contrattuali dei lavoratori, venendo meno alla normativa regionale. Non ci sono più le condizioni per portare avanti una trattativa. Siamo in preda alla più totale disorganizzazione, se la situazione rimarrà così disastrosa l’Ast non potrà più fornire servizi”. Inevitabile e necessaria, in un simile contesto, la mobilitazione. Che dovrebbe essere affiancata da una forte e dura presa di posizione da parte delle istituzioni locali, sindaco di Ascoli in testa. Peccato, però, che da tempo Fioravanti ha deciso di sacrificare l’ospedale ascolano e la sanità picena sull’altare dell’interesse del suo partito…

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