“Pasticcio” Mancini, un testimonial scomodo e impopolare per le Marche


Dopo l’addio alla nazionale e l’indecoroso teatrino messo su per non ammettere ciò che è sotto gli occhi di tutti, Mancini è indiscutibilmente il personaggio impopolare e più “odiato” d’Italia. Ma, nonostante la sollevazione popolare, continua ad essere il testimonial delle Marche

Per restare nel gergo calcistico, quello della Regione Marche con Roberto Mancini rischia di passare alla storia come uno dei più clamorosi autogol, stile quelli che hanno reso famoso nel mondo del calcio Comunardo Niccolai (giocatore degli anni ’70 del Cagliari). Sembrava una mossa azzeccata quella di Acquaroli, una delle poche della sua sgangherata giunta regionale, quando, dopo la vittoria dell’Italia agli europei di calcio, il governatore marchigiano ha deciso di scegliere proprio Manici come testimonial delle Marche.

Peccato, però, che da quel momento in poi l’appeal di Mancini è caduto in basso, fino a precipitare dopo la decisione dei giorni scorsi di abbandonare la panchina dell’Italia per i soldi a palate del calcio arabo. Se fossimo scaramantici potremmo addirittura sostenere che Acquaroli e la sua giunta hanno portato sfortuna all’allenatore marchigiano che da quando ha concluso l’accordo con la Regione non ne ha più azzeccata una. Quel che è certo, però, è che in questo momento Roberto Mancini è indiscutibilmente il personaggio più impopolare e più odiato d’Italia. E le cose non vanno certo meglio nel resto d’Europa dove è in atto una vera e propria campagna mediatica contro il ricchissimo calcio arabo e contro tutti quei campioni (o presunti tali) che scelgono i soldi arabi. Ed avere come testimonial un personaggio così malvisto non è propriamente un grande affare anzi, è una vera e propria iattura.

D’altra parte non bisogna certo essere dei grandi esperti di promozione per comprendere che è a dir poco controproducente che l’immagine della nostra regione sia rappresentata da un personaggio che, a torto o a ragione, viene considerato un traditore, un mercenario, incapace anche di assumersi le proprie responsabilità. E se già dopo la “figuraccia” della sconfitta contro la Macedonia e la conseguente mancata partecipazione ai mondiali di calcio c’era chi aveva chiesto alla Regione di non farsi più rappresentare da Mancini, ora è in atto una vera e propria sollevazione popolare.

Sui social spopolano i post che chiedono alla Regione di recedere dal contratto che vede l’ex allenatore dell’Italia come testimonial turistico, condivisi quasi all’unanimità. In tal senso c’è anche da registrare la presa di posizione del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che chiede alla Regione di recedere dal contratto con Mancini e di sostituirlo con l’atleta anconetano Gianmarco Tamberi, fresco vincitore della medaglia d’oro ai mondiali d’atletica, perché “abbiamo bisogno di messaggi e testimonial positivi e unificanti, non divisivi”.

Alla faccia della patria – afferma Ricci – brutta e triste la vicenda di Mancini e la nazionale. Molte scuse, quando in fondo era solo questione di milioni, i tanti che intascherà per andare ad allenare l’Arabia Saudita. Senza ipocrisia, sappiamo bene che il calcio funziona così purtroppo, ma la nazionale non dovrebbe essere trattata come un club. Gli azzurri sono il nostro orgoglio, rappresentano un forte senso di appartenenza popolare, qualcuno direbbe patriottismo. Mancini, che va ringraziato per l’Europeo vinto, ha scelto di arricchirsi ulteriormente dando poca importanza alla sua immagine che ne esce danneggia da questa vicenda”. Al di là del fatto che definirla danneggiata è un eufemismo, è del tutto evidente e chiaro che se tale è l’immagine di Mancini inevitabilmente lo è anche quella di chi ha proprio nell’ex ct azzurro il proprio testimonial.

In questo momento credo che l’immagine migliore nel mondo per le Marche sia quella di Gianmarco Tamberi (già testimonial social), grande campione che ha compiuto un’impresa storica. Abbiamo bisogno di una Regione che salti più in alto e stavolta la sostituzione dobbiamo farla noi: fuori Mancini, dentro Tamberi come testimonial unico delle Marche” conclude il sindaco di Pesaro. Si può essere d’accordo o meno sulla proposta di Tamberi testimonial, al momento sicuramente il marchigiano più famoso e con il maggiore appeal.

Non possono invece esserci dubbi sul fatto che Mancini è in questo momento il peggiore testimonial possibile, che affidare la promozione della nostra regione è un autentico suicidio. Quando, dopo la clamorosa debacle dell’Italia contro la Macedonia, si levarono le prime voci di dissenso sulla figura dell’allora ct, la Regione non ebbe alcuna esitazione nello spazzare via ogni dubbio, con tanto di comunicato stampa.

La Regione Marche – si leggeva nel comunicato – conferma la massima stima nei confronti del commissario tecnico Roberto Mancini. Mancini è stato scelto come testimonial della Regione non solo per la sua indiscussa carriera sportiva ma, soprattutto, perché rappresenta un illustre marchigiano conosciuto in tutto il mondo, figura di grande rilievo e di riconosciuta stima, che rappresenta a pieno l’identità marchigiana. La mancata qualificazione non cambia l’intenzione del Presidente Acquaroli e della Regione di proseguire con la campagna di promozione insieme alla figura di Roberto Mancini, così come già programmata. Si ribadisce il sostegno totale e il ringraziamento per quanto mister Mancini ha fatto fino ad oggi e farà per le Marche”.

Ora, invece, il governatore marchigiano e la sua sgangherata giunta regionale si sono rifugiati nel silenzio, di fronte al vero e proprio moto popolare contro l’ex ct non è arrivata alcuna presa di posizione, la Regione sembra non avere il coraggio di mettere da parte Mancini ma neppure di difenderlo e di difendere concretamente la propria scelta. D’altra parte, però, in che modo Acquaroli potrebbe mai difendere l’indifendibile? Perché se già il fatto di aver abbandonato la Nazionale italiana per guidare quella dell’Arabia Saudita non giova certo all’immagine dell’allenatore jesino (e, di conseguenza, alla Regione che rappresenta come testimonial), l’indecoroso teatrino messo su per giustificare una scelta motivata esclusivamente dalla “vil pecunia” ha dato il colpo di grazia alla credibilità di Mancini.

Che è un professionista e, quindi, ci può stare che faccia le proprie scelte esclusivamente in base all’aspetto economico. E che, di conseguenza, possa essere insensibile al richiamo della patria, della nazionale di calcio. Nel calcio moderno contano quasi esclusivamente i soldi, la passione e l’amore per la squadra, per la propria nazionale sembra ormai essere patrimonio solo dei tifosi. Certo, ci sono anche nel calcio attuale degli esempi di senso opposto. Basterebbe pensare al rifiuto di andare in Arabia, con la rinuncia a diversi milioni di euro, di alcuni campioni del nostro campionato come Zelinski, Pogba, Szczesny, Dybala. Come detto, però, non si può pretendere che una simile sensibilità ce l’abbiano tutti. Mancini ha scelto i soldi dell’Arabia, da professionista la sua scelta è comprensibile, anche se inevitabilmente ripudiare la Nazionale ha già fatto scendere ai minimi la sua popolarità. Che è definitivamente crollata nel momento in cui l’allenatore jesino, invece di ammettere ciò che è sotto gli occhi di tutti, ha sfoderato una serie di giustificazioni ridicole, attaccando e accusando tutti e tutte.

La riconoscenza è cosa rara ai nostri tempi e Mancini ha dimostrato di non sapere cosa sia. Perché dimentica che i suoi predecessori che avevano miseramente fallito l’obiettivo sono stati immediatamente esonerati o, meglio ancora, si sono dimessi. Ventura, allenatore azzurro quando la nazionale fu eliminata dalla Svezia (una squadra di ben altro livello rispetto alla Macedonia) fu immediatamente messo da parte dalla Federazione. Cesare Prandelli, dopo il flop azzurro ai mondiali del 2014 (eliminazione al primo turno), addirittura rassegnò le dimissioni il giorno stesso dell’eliminazione. Mancini, invece, non si è dimesso né è stato esonerato nonostante l’eliminazione dell’Italia da parte della Macedonia (per altro giocando in casa) rappresenti indiscutibilmente il punto più basso della lunga storia della nostra nazionale.

Poteva ringraziare e salutare, ha scelto invece di accusare Gravina (che contende a Tavecchio l’oscar del peggior presidente della storia della Figc) e la Federazione pur di non ammettere quello che tutti sanno e hanno capito. Così come è chiaro a tutti, Acquaroli escluso, che continuare a legare la propria immagine a quella di Mancini rischia di diventare uno degli autogol più clamorosi della storia…

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