Luci e ombre di una stagione con poche soddisfazioni per l’Ascoli


Il gol di Canotto nel recupero ha spento le ultime speranze di entrare nei playoff e ha messo fine ad una stagione al di sotto delle attese e degli obiettivi fissati da Pulcinelli ad inizio campionato. Ma che dopo la sconfitta di Cittadella si temeva potesse volgere al peggio…

Si sono spente al 94°, sull’imparabile diagonale di Canotto, le ultime speranze dell’Ascoli di agguantare in extremis l’ingresso ai playoff. In una folle ultima giornata di campionato, i risultati degli altri campi sono stati tutti favorevoli e tali da consentire, a chi tra Reggina e Ascoli avesse vinto, di centrare l’insperato obiettivo. Ce l’hanno fatta i calabresi dopo un secondo tempo molto emozionante, senza più alcuna tattica, ma con le due squadre alla ricerca del gol vittoria, tra una certa confusione ma continui capovolgimenti di fronte.

Il primo tempo era stato molto più controllato, con una buona opportunità per parte (la Reggina all’inizio con il tiro di poco fuori di Strelec, dopo errore di Simic, l’Ascoli nel finale con Pedro Mendes che da ottima posizione aveva sparacchiato a lato) e i bianconeri che sicuramente avevano fatto meglio, tenendo a lungo il pallino del gioco, pur con la solita difficoltà a trasformare in concrete occasioni da gol la buona mole di gioco espressa. Nella ripresa invece si è assistito ad una partita di altri tempi, con le due squadre che hanno gettato alle ortiche ogni precauzione per provare a risolvere la gara, ognuna con le proprie armi.

Con un gioco più ragionato l’Ascoli, che ha avuto due ghiotte opportunità con Gondo (fermato in uscita da Contini) e soprattutto con Simic che, da calcio d’angolo, ha visto il colpo di testa salvato sulla linea, quando era già pronto ad esultare. Con lanci lunghi a cercare subito gli attaccanti e con qualche percussione centrale di Hernani la Reggina, con Inzaghi che a metà ripresa ha deciso di rischiare il tutto per tutto, mettendo in campo tutti gli attaccanti che aveva a diposizione. E alla fine il rischio in qualche modo ha pagato perché, se è indiscutibile che sul piano strettamente del gioco l’Ascoli si è fatto largamente preferire, è altrettanto innegabile che in quegli emozionanti 45 minuti i calabresi in un modo o nell’altro hanno creato più occasioni da gol.

Prima la punizione fuori di un niente di Di Chiara, poi la volata solitaria di Canotto fermata in perfetta uscita da Leali, le due conclusioni ravvicinate di Gori (la prima alta di pochissimo, la seconda messa in angolo da Leali), infine l’occasione più ghiotta dal limite dell’area piccola, gettata al vento da un liberissimo Canotto. Che, però, nel recupero si è ampiamente rifatto, siglando la rete che ha spedito la Reggina ai playoff e di fatto ha chiuso la tribolata stagione dell’Ascoli.

Probabilmente giusto così perché, mettendo da parte ogni considerazione su questioni che attengono quella che si fa sempre più arduo chiamare giustizia sportiva, sul campo, nell’arco dell’intero campionato, la Reggina ha fatto di più e meglio dell’Ascoli, costretta a giocarsi i playoff all’ultima giornata solo per i 5 punti di penalizzazione subiti. Piuttosto dovrebbe far riflettere il fatto che l’altra squadra che ha conquistato i playoff all’ultima giornata di campionato è quel Venezia che a fine gennaio era all’ultimo posto con 21 punti, 5 in meno dell’Ascoli.

La settimana successiva, con la vittoria a Benevento, i veneti iniziavano quella cavalcata che, con 28 punti conquistati in 16 partite, li avrebbe portati a conquistare l’ottavo posto in classifica e i playoff. In quella stessa giornata la “batosta” subita a Cittadella, che faceva sprofondare un Ascoli che sembrava allo sbando ad un solo punto dai playout, metteva fine all’avventura di Bucchi, con l’arrivo di Breda. E’ importante ricordarlo perché molto si è discusso in questi mesi sul fatto che, se il cambio fosse stato operato prima, probabilmente ora sarebbe l’Ascoli ad essere nei playoff. Naturalmente non c’è la controprova ma è probabile che sarebbe andata così. L’esempio del Venezia dimostra che anche così sarebbe stato possibile agganciare gli spareggi promozione.

Così è inevitabile avere qualche recriminazione, anche se è altrettanto comprensibile essere comunque soddisfatti per aver mantenuto la serie B senza patemi, cosa per nulla scontata dopo la sconfitta di Cittadella. In tal senso il bilancio finale di una stagione che comunque non può essere considerata positiva si presta ad una duplice lettura. Basandosi sugli obiettivi che la società aveva fissato ad inizio campionato, il giudizio non può che essere negativo, con chiare responsabilità della società, Pulcinelli in primis ma anche e soprattutto il ds Valentini (per la rosa non adeguata alle ambizioni che ha costruito). Certo, se poi si pensa a come i bianconeri stavano precipitando in classifica, con la concreta prospettiva di un finale di stagione da incubo, è comprensibile che alla fine ci sia soddisfazione per aver evitato, senza troppi patemi, il peggio.

In ogni caso una seria analisi della stagione bianconera non può non partire dall’obiettivo fissato direttamente da Pulcinelli, cioè migliorare il risultato dello scorso anno. Il patron bianconero in proposito non ha mai avuto dubbi, l’ha detto apertamente ad agosto, l’ha ribadito con ostinazione nella pausa di fine girone di andata, con l’annessa convinzione che la rosa bianconera fosse superiore a quella della passata stagione e la conferma della fiducia a Bucchi, a cui incautamente qualche settimana prima aveva allungato il contratto. Evidenti errori di valutazione che hanno condizionato l’andamento del campionato dell’Ascoli che ad agosto aveva una rosa sufficiente ma con delle evidenti lacune, a centrocampo e in avanti.

Le partenze di Maistro, Saric e Paganini (molto utile nella seconda parte di stagione) non erano state adeguatamente compensate, con l’arrivo del solo “acerbo” Giovane in mezzo al campo (e Gnahorè che però, infortunato, non ha mai visto il campo). Senza lo stesso Maistro (utilizzato spesso da Sottil come trequartista), con un Tsadjou in meno (che, gol a parte, nel girone di ritorno era risultato molto prezioso) e con Bidaoui inspiegabilmente messo ai margini (e poi andato via a gennaio), l’attacco bianconero ha perso qualità, non certo aumentata dall’arrivo di Gondo, Pedro Mendes e Lungoyi. Il primo ha iniziato forte ma poi sostanzialmente ha deluso, Pedro Mendes è stato troppo discontinuo (anche se ha lasciato intravedere qualità), mentre Lungoyi non ha in alcun modo inciso.

Ma, più in generale, è il mercato estivo nel suo complesso che non ha avuto molto senso. Si è deciso di non avere un rosa alcun trequartista, perché Bucchi puntava sul 4-3-3, ma poi non sono stati presi esterni offensivi di qualità per provare a rendere efficace quel tipo di schieramento (a meno che non si vogliano considerare tali giocatori come Falzerano e Ciciretti su cui è meglio stendere un velo pietoso). Certo poi l’allenatore bianconero ci ha messo molto del suo, con scelte, iniziali e a partita in corso, spesso incomprensibili e soprattutto con una gestione della squadra a dir poco discutibile.

Detto di Bidaoui (che sarebbe stato utilissimo in una squadra senza nessuno capace di saltare l’uomo), inizialmente Bucchi aveva messo ai margini anche Dionisi. Per non parlare di Buchel che, addirittura, a gennaio di fatto era stato ceduto, sostituito da Vacca  (poi finito al Foggia dove non ha mai giocato, anche per le sue condizioni fisiche). Già solo per una simile operazione sarebbe da mettere in discussione Valentini, per fortuna dell’Ascoli alla fine l’operazione è saltata e Buchel è rimasto. Anche Bucchi, nonostante una situazione già preoccupante ed una squadra palesemente a terra, priva della necessaria determinazione, è rimasto in bianconero invece di essere sostituito come si sperava nel corso della sosta di fine girone di andata (magari evitando così anche la partenza di Bidaoui).

Le conseguenze sono state deleterie, nelle prime 4 giornate del ritorno i bianconeri hanno conquistato un solo punto, con la debacle di Cittadella che ha finalmente spinto la società ad operare il cambio. Con Breda che si è dovuto arrangiare con quello che aveva, visto che anche il mercato di gennaio era già concluso. Senza che gli interventi effettuati avessero cambiato di molto la situazione dell’Ascoli.

Perché serviva un centrocampista di qualità ed invece è arrivato Proia che ha altre caratteristiche e che, per giunta, è sembrato in chiara fase calante. Ma anche perché in attacco è arrivato Forte, sicuramente attaccante di categoria, che però per le caratteristiche che non poteva che avere difficoltà in quest’Ascoli (ma con una squadra costruita meglio siamo certi che potrebbe risultare ben più determinante). Un po’ di più ha inciso Marsura, mentre non sappiamo neppure che fine abbia fatto Sidibe, l’altro rinforzo (si fa per dire…) di gennaio. In un simile contesto, Breda è stato bravo a ridare innanzitutto un’anima ai bianconeri, cercando soluzioni non semplici da trovare per dare un minimo di incisività in più al gioco dell’Ascoli. Sul piano del gioco i bianconeri, anche con Breda, raramente hanno brillato (a Modena e in casa con il Sudtirol le migliori prestazioni), ma dal punto di vista della determinazione e dell’attenzione non hanno quasi mai sbagliato partita.

Alla fine con qualche ingenuità in meno (quella nel recupero a Como che è costata una vittoria ormai acquisita, l’espulsione di Falasco con il Bari, la “dormita” della difesa nel recupero con il Venezia) i playoff potevano diventare realtà. Di certo anche così è da valutare più che positivamente quanto fatto da Breda e, magari, sarebbe anche giusto ripartire proprio da lui.

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