Se salvare le vite in mare diventa un reato…


Mentre la Meloni per la strage di Cutro ripete ossessivamente se qualcuno “davvero pensa che li abbiamo lasciati morire”, le autorità italiane fermano e non lasciano ripartire la nave Louise Michel “colpevole” di aver fatto troppi salvataggi in mare…

Ammettiamo di aver pensato “pensato male” (e, come amava sempre ripetere Andreotti, “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca). Ma all’ennesima volta che, in merito alla strage di Cutro, Giorgia Meloni ha ripetuto “ma davvero pensate che li abbiamo lasciati morire?”, ci è venuto naturale pensare che non fosse poi così lontano dal vero rispondere di si. D’altra parte, però, perché continuare a ripetere ossessivamente quella domanda retorica quando nessuno ha mai mosso un’accusa del genere, mentre è stato giustamente chiesto di fare chiarezza sui tanti punti oscuri che ancora ci sono?

Raccontare al cospetto del mondo che lasciamo morire bambini nel Mediterraneo è una calunnia non colo nei confronti del governo ma anche dello Stato italiano” ha ripetuto anche in Senato, in maniera spudoratamente strumentale, la presidente del Consiglio. Il cui obiettivo, in realtà, era quello di evitare accuratamente il tema che la tragedia di Cutro ha invece evidenziato con estrema chiarezza. Cioè che i provvedimenti in materia del governo, insieme alla sua linea politica, complicano notevolmente e rendono molto più problematici i salvataggi in mare. E, di conseguenza, aumentano le possibilità del verificarsi di determinate tragedie.

A confermarlo e a renderlo ancora più chiaro è quanto sta accadendo in queste ore a Lampedusa alla nave Louise Michel dell’omonima Ong, finanziata anche dall’artista senza volto Bansky, fermata e non autorizzata a ripartire dalle autorità italiane. In assenza di una comunicazione ufficiale, sono stati gli stessi attivisti della Ong a spiegare che il fermo è determinato dalla violazione del decreto migranti del governo Meloni. Secondo cui, non appena effettuato un salvataggio, le navi Ong devono comunicare alle autorità italiane cosa è avvenuto e farsi assegnare un porto di sbarco, da raggiungere immediatamente senza ulteriori fermate intermedie. In altre parole, dopo aver effettuato il salvataggio, le navi Ong non    un’imbarcazione in area Sar libica, era stato assegnato il porto di Trapani. Ma in mare c’erano altre imbarcazioni in grave difficoltà con centinaia di migranti a rischio.

Così l’equipaggio della Louise Michel, contravvenendo a quanto previsto dal decreto Meloni, non si è diretto verso il porto di Trapani ma ha effettuato altri salvataggi in area Sar maltese. Solo a quel punto ha fatto rotta verso il porto più vicino, quello di Lampedusa dove ha sbarcato le 187 persone salvate nei 4 differenti interventi. Se avesse rispettato le norme introdotte dal decreto Meloni avrebbe salvato solamente 78 migranti (quelli del primo intervento di salvataggio), lasciando al loro tragico destino gli altri 109. La nave dell’Ong era poi pronta a ripartire perché aveva verificato che c’erano altri gommoni ed imbarcazioni di fortuna piene di migranti a grave rischio. Ma le autorità italiane l’hanno bloccata.

Ci hanno detto a voce e con una mail che non possiamo lasciare il porto – racconta Morena Milijainovic capomissione della Loiuse Michel – non abbiamo ancora ricevuto alcun documento che attesti perché a livello legale non ci è permesso lasciare il porto. Ci è stato detto che ha a che fare con il nuovo decreto del governo italiano. Abbiamo portato a termine 4 operazioni di soccorso in 24 ore. Abbiamo salvato 187 persone, incluso il salvataggio eseguito con la guardia costiera italiana nelle vicinanze, a non più di 400 metri di distanza, quando si è verificata una situazione di persone cadute in acqua. Abbiamo emesso un mayday che è stato ignorato dalla guardia costiera per oltre mezzora. Siamo comunque riusciti a salvare dall’acqua queste persone, c’erano anche casi clinici. Come un neonato privo di conoscenza che alla fine siamo riusciti a consegnare all’imbarcazione della guardia costiera italiana che in precedenza aveva ignorato il nostro mayday per il neonato in pericolo di vita”.

Come scrive Fabio Salamida “in un Paese normale una nave che salva 187 persone viene accolta con gioia e il suo equipaggio viene lodato pubblicamente dalle autorità. Nell’Italietta del 2023, nella zavorra d’Europa, quella stessa nave viene messa in stato di fermo e si becca gli insulti della parte più retrograda del popolo”. Sorvolando per decenza su quest’ultima marmaglia, la “feccia” del nostro paese, il problema è che quella nave fermata a Lampedusa non può tornare in mare a cercare di mettere in salvo altre vite umane. Mentre solamente nella prima metà della domenica nell’area doveva dirigersi la Louise Michel si contavano 30 morti e circa un centinaio di dispersi. Allora sono i fatti a dimostrare in maniera inequivocabile che la rigida applicazione del decreto Meloni, dal punto di vista umanitario una iattura senza precedenti, produce effetti terribilmente nefasti.

E’ un dato di fatto incontrovertibile che la Louise Michel, se si fosse attenuta alle norme di quel decreto, di vite ne avrebbe salvate 78 e non 187, così come se fosse tornata subito in mare di certo avrebbe potuto evitare quanto meno una parte di morti e scomparsi. Tornando al punto di partenza, alla tragedia di Cutro e alla reazione del governo e della Meloni, al netto dei punti ancora da chiarire, il vero nocciolo della questione è proprio questo. Nessuno pensa che ci sia qualcuno nel governo che in quell’occasione abbia agito per fare in modo che quei poveracci non venissero salvati. E’ pero indiscutibile che quel decreto e l’incomprensibile guerra che questo governo porta avanti nei confronti delle Ong, che hanno l’unica “colpa” di salvare vite in mare, in concreto riducono notevolmente le possibilità di effettuare i salvataggi e, al tempo stesso, aumentano sensibilmente quelle che si verifichino tragedie mortali.

Quando è accaduta quella di Cutro c’erano due navi delle Ong (la Geo Barents di Medici Senza Frontiere e la Sea Watch) bloccate dalle nostre autorità, in virtù del decreto Meloni, nei porti italiani. E anche se il ministro Piantedosi ha categoricamente escluso che ci possa essere qualche attinenza con la tragedia di Cutro, i diretti interessati ma anche altre Ong sostengono il contrario, che senza quei fermi e i divieti imposti dal decreto qualche nave delle Ong poteva essere nei paraggi ed intervenire in aiuto. Naturalmente sono supposizioni, purtroppo non c’è la possibilità di tornare indietro nel tempo e verificare concretamente, quindi da prendere con le dovute cautele.

Quello che invece è certo è che le navi umanitarie delle Ong, che il governo italiano vuole tenere il più lontano possibile dalle zone Sar del Mediterraneo, con regole da azzeccagarbugli di terza mano, non si sarebbero voltate dall’altra parte di fronte a uomini, donne e bambini che stavano rischiando di morire nelle acque gelide dello Ionio a poca distanza dalle nostre coste. Il problema è che la bieca propaganda fatta di slogan (“è finita la pacchia”, “aiutiamoli a casa loro”, “pronto il blocco navale” ecc.), per guadagnare i voti della parte più retrograda e razzista del paese, per quanto sgradevole e fuori luogo era comunque inoffensiva fino a che questa destra non era al governo.

Ora, invece, anche se non può in alcun modo tradurre in concreto quegli slogan, con i propri provvedimenti raffazzonati e improvvisati rischia di produrre effetti disastrosi, come in realtà sta accadendo. Sicuramente in “buona fede”, nel senso che siamo certi che non c’è nel governo la folle volontà di provocare tragedie. Però poi gli effetti di quei provvedimenti e di quella assurda politica di guerra contro le Ong sono quelli che si stanno tragicamente verificando. E che sono sotto gli occhi di tutti, anche della presidente del Consiglio e del governo. Che non possono continuare a nascondersi dietro alla falsa retorica ma devono trovare il coraggio di ammettere di aver sbagliato, quanto meno tornando indietro su quel disastroso decreto.

Perché in caso contrario poi nella malaugurata ipotesi che si verifichino altri fatti tragici come quello di Cutro o come quanto sta accadendo in queste ore, sarà impossibile non rispondere affermativamente quando la Meloni ripeterà se qualcuno crede davvero che il governo abbia volontariamente fatto morire delle persone…

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