Ascoli e l’Università, un amore mai sbocciato


Al di là di qualche discussione sui social e di una petizione lanciata da alcuni studenti, la notizia dell’addio del corso di laurea in tecnologie innovative per i beni culturali (secondo Unicam condivisa dall’amministrazione comunale) non ha provocato particolari reazioni

Serve fare molto di più. La notizia, inattesa ma non del tutto sorprendente, del trasferimento, dal prossimo anno accademico, del corso di laurea in tecnologie innovative per i beni culturali da Ascoli a Camerino ha provocato un po’ di trambusto e un’apprezzabile mobilitazione ma di certo non una vera e propria sollevazione dell’intera città e della sua classe dirigente come invece sarebbe auspicabile. Per rendersene conto è sufficiente guardare come ha reagito l’informazione locale, non c’è stato un quotidiano (cartaceo ed on line) che ha messo in primo piano la notizia. Ci sono cose più importanti per il futuro della città di cui occuparsi, come la parodia della presidente del Consiglio fatta a Carnevale da una bambina ascolana e molto apprezzata dalla stessa Meloni o anche la milionesima ordinanza su via Trieste.

Il possibile addio del corso universitario è così finito in terza-quarta pagina, quando va bene, o anche tra le notizie brevi, mentre addirittura qualcuno l’ha completamente ignorata. E allora, prima di ogni altra considerazione, sarebbe giusto chiedersi in tutta onestà se davvero la città, intesa nel suo insieme, abbia la reale consapevolezza dell’importanza che potrebbe avere l’università per la sua crescita. Anche se poi, in realtà, nelle ore scorse sui social si è discusso abbastanza della vicenda, con anche qualche appello alla mobilitazione in difesa di quel corso universitario. Che, però, fino ad ora non hanno sortito un particolare effetto soprattutto in chi, prima di ogni altro, dovrebbe attivarsi e mettersi alla testa di una necessaria mobilitazione: il sindaco Fioravanti, l’amministrazione comunale, i rappresentati istituzionali, le forze politiche locali.

Silenzio assoluto, come se la cosa non li riguardasse e non gli interessasse, probabilmente perché per loro non è certo una sorpresa (come vedremo lo sapevano da tempo) e non la considerano poi una cosa così negativa. Anche perché, in caso contrario, in questi anni avrebbero cercato di creare tutti i presupposti affinché l’Unicam non potesse neppure pensare di portar via quel corso universitario. Tra i rappresentanti politici locali gli unici che al momento si sono quanto meno interessati della vicenda sono i consiglieri comunali Francesco Ameli, Pietro Franchellucci e Angelo Procaccini che hanno presentato un’interrogazione al sindaco. Alcuni studenti, insieme a docenti e cittadini, hanno invece lanciato una petizione per chiedere all’Unicam di lasciare il corso nel capoluogo piceno.

Ascoli Piceno è una città ricca di patrimonio culturale, con numerosi musei, teatri, e una soprintendenza dei beni culturali attiva e dinamica – si legge nella petizione – la città ha anche un forte collegamento con le facoltà di Architettura e Design, che offrono un’importante opportunità di sinergia e collaborazione. Inoltre, il corso di tecnologie innovative per i beni culturali è di grande importanza per la fase di ricostruzione post-terremoto che stiamo attraversando, e dovrebbe essere considerato come parte integrante di un rilancio integrato delle attività universitarie nella città. Il trasferimento del corso a Camerino rappresenta un grave impoverimento della città. Il corso è scarsamente promosso mentre meriterebbe una promozione adeguata da parte dei docenti e dirigenti Unicam. Con lo spostamento del corso a Camerino lo spin-off universitario per la diagnostica artistica di alto livello, con sede ad Ascoli rischia di rimanere scollegato dalla sede futura della facoltà. Per tutte queste ragioni, vi chiediamo di riconsiderare la vostra decisione e di mantenere e rilanciare il corso di tecnologie innovative per i beni culturali ad Ascoli Piceno”.

Assolutamente da condividere, almeno nell’obiettivo, anche se probabilmente (anzi, sicuramente) del tutto inutile perché la decisione è presa e non ci sembra che ci sia la possibilità né la volontà (da nessuna parte) di tornare indietro. Come purtroppo accade spesso nel capoluogo piceno si prova a chiudere la stalla dopo che i buoi da tempo sono scappati. E, ancora una volta, non c’è mai una seria autocritica, non si vede e non si vogliono vedere le responsabilità e i fattori che hanno portato a questa decisione che, ancora una volta, penalizza pesantemente la città, la sua crescita e quella del territorio.

E’ sempre colpa di qualcun altro, per la capitale italiana della cultura 2024 di oscuri intrecci sotterranei, per l’Unesco di regole troppo restrittive e ferree, per le scuole della burocrazia, per i ritardi per i lavori sul ponte di San Filippo di una curva bizzosa che, chissà perché, improvvisamente è diventata pericolosa. Mai una volta che venga quanto meno il sospetto che ci possano essere responsabilità di chi amministra, della stessa città. Riallacciandoci a quando scritto sopra e rispondendo al quesito iniziale, è del tutto evidente che la città non ha e non ha mai avuto (a parte qualche sparuta eccezione) la giusta attenzione per l’università, non ha mai compreso a pieno quando invece potrebbe essere determinante per la sua crescita. E il disinteresse delle amministrazioni comunali che si sono succedute, soprattutto di quella attuale, non è altro che l’espressione di questa scarsa considerazione da parte della città.

Emblematico, a tal proposito, quanto scritto da un ex studente universitario ad Ascoli intervenuto sui social nelle discussioni di questi giorni. “L’università merita rispetto – scrive – avere una sede universitaria nella propria città non è un diritto acquisito ma un qualcosa da conquistarsi e preservare come uno scrigno. Se ancora chiamate il Polo Universitario Sant’Angelo Magno “Ex Ospedale Mazzoni”, di cosa stiamo parlando? Se gli studenti universitari ad Ascoli hanno come unico luogo di intrattenimento il bar di Attilio all’Annunziata (comunque posto fighissimo, ma non proprio spazioso) di cosa stiamo parlando?

Se l’unico Auditorium all’interno della sede universitaria è chiuso e non è fruibile dalla comunità studentesca, di cosa stiamo parlando? Se non ci sono scontistiche ad hoc per gli studenti nelle attività commerciali e ricettive della città ma per i militari si… di cosa stiamo parlando? Se le serate universitarie vengono interrotte a mezzanotte per la prima lagna di qualche cittadino … di cosa stiamo parlando? Essendo stato studente universitario ad Ascoli, so bene di cosa sto parlando e il clima non è sicuramente dinamico per una comunità studentesca universitaria. Certamente, anche l’università avrà le sue colpe, ma Ascoli ha da sempre fatto fatica ad accorgersi del potenziale della sua comunità universitaria e continua a pagarne le conseguenze”.

Da sottoscrivere, parola per parola, perché mai come in questa occasione è l’intera comunità ascolana che dovrebbe fare un concreto “mea culpa”. Poi, naturalmente, ci sono, e sono enormi ed evidenti, le responsabilità dell’amministrazione comunale. Che, al di là dei soliti slogan propagandistici, poco o nulla ha fatto per lo sviluppo dell’università. Basterebbe pensare dove ha sede il corso in questione, lungo Castellano, un luogo assolutamente inadatto e in condizioni assolutamente non idonee. Ma anche al fatto che dopo tanti anni ad Ascoli non esiste uno studentato o qualcosa di simile. Per non parlare poi di come, in chiave universitaria, è stato affrontato il post terremoto.

A Camerino sono arrivati decine e decine di milioni, sono stati previsti consistenti investimenti per l’ambito universitario, con interventi in gran parte già ampiamente realizzati. Ad Ascoli si è puntato su altro, le priorità sono sempre altre, solo in questi giorni (dopo quasi 7 anni) si inizia a parlare di interventi per le strutture universitarie. Il discorso è sempre il solito, non basta dire che si vuole puntare sull’università (o sul turismo e sulla cultura), è necessario poi fare scelte, anche forti e coraggiose, che vadano in quella direzione. E nel capoluogo piceno nel momento della verità la priorità, invece, viene sempre dato ad altro. Che magari accontenta all’istante qualcuno ma che di sicuro non aiuta e non serve per la crescita della città. D’altra parte a chiudere ogni discussione è l’affermazione dell’Unicam che sostiene, senza per ora essere smentita, che qualsiasi scelta inerente l’offerta didattica nella città è stata comunicata e condivisa dall’amministrazione comunale di Ascoli e dal Consorzio universitario piceno.

Condivisa significa che l’amministrazione comunale è pienamente d’accordo. D’altra parte, però, in questi anni Ascoli ha perso giurisprudenza, matematica, scienze naturali, informatica e ha visto crollare il numero degli iscritti senza mai battere ciglia. Cosa sarà mai un ulteriore corso universitario che se va…

 

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