San Valentino maledetto, 58 anni fa la tragedia di Roberto Strulli


In seguito ad un duro ma fortuito scontro con Alfiero Caposciutti, nel corso del derby Samb-Ascoli del 14 febbraio 1965, il 26enne portiere bianconero perse la vita. Caposciutti fu accusato di omicidio colposo ma una foto e la testimonianza dell’arbitro lo scagionarono

Il 14 febbraio è una data particolare per tutti gli innamorati, è il giorno di San Valentino. Per chi è innamorato dell’Ascoli calcio, invece, quella è una data nefasta. Perché è l’anniversario di quello che è l’evento più tragico della gloriosa storia della squadra bianconera, l’incidente di gioco che poi provocò la morte del 26enne portiere dell’Ascoli Roberto Strulli. Era il giorno di San Valentino del 1965 e al “Ballarin”  si giocava il derby Sambenedettese – Ascoli valido per la quarta giornata del girone di ritorno del campionato di serie C, con gli spalti del vecchio stadio di San Benedetto  gremito e il solito clima tesissimo.

L’Ascoli è imbattuto da 11 gare mentre la Samb è reduce da 2 sconfitte consecutive. Come accade spesso nei derby, però, la situazione si capovolge. I rossoblu vanno in vantaggio di 2 gol  e sul finire del primo tempo guadagnano una punizione dal limite. A calciarla è la mezzala Minto, la cui conclusione violentissima viene parata da Strulli che, però, non trattiene. Sul pallone si avventano lo stesso portiere bianconero e il rossoblu Alfiero Caposciutti che viene anticipato e prova a fermarsi ma non riesce ad evitare l’impatto. Strulli batte violentemente la mandibola sul ginocchio della gamba sinistra del giocatore rossoblu e resta a terra immobile.

Compagni di squadra e avversari si rendono subito conto della gravità e corrono sotto la tribuna ad invocare l’intervento di un medico. Poi, dopo circa 5 minuti, lo adagiano su un’anta di legno di una porta, smontata nello spogliatoio, e lo caricano su un’auto dei carabinieri che di corsa lo trasporta all’ospedale di San Benedetto. Dove gli viene riscontrata la frattura della mandibola, con perforazione della scatola cranica e conseguente gravissimo trauma cranico. Il giocatore è in coma profondo e le sue condizioni sono critiche. Al Ballarin, però, la partita prosegue, con l’Ascoli in 10 e con in porta il centrocampista Capelli (non erano ancora consentite le sostituzioni). Nell’intervallo l’altoparlante dello stadio annuncia che Strulli si è ripreso e che per la fine della partita sarebbe tornato allo stadio. Purtroppo non è vero nulla, è un annuncio fatto solo per evitare che la situazione precipiti.

La partita terminerà poi 4-0 per Samb ed ovviamente al termine Strulli non è tornato allo stadio. Diversi giocatori dell’Ascoli e dei rossoblu, compreso lo stesso Caposciutti, si recano di corsa all’ospedale Madonna del Soccorso dove apprendono la drammatica verità: il portiere bianconero è in coma e le sue condizioni sono considerate disperate. L’ultima flebile speranza di evitare il peggio è legata all’arrivo da Roma del professor Beniamino Guidetti, specialista in neurochirurgia, che si spera possa tentare un intervento neuro-chirurgico. Il luminare, dopo un viaggio avventuroso sulla Salaria innevata, arriverà a mezzanotte ma, dopo aver visitato Strulli, scuotendo la testa gela ogni residua speranza: in quelle condizioni non si può intervenire.

Poche ore dopo, esattamente alle 5:45, Strulli muore, lasciando nella disperazione la giovanissima moglie (19enne) incita di 7 mesi (che poi chiamerà il figlio Roberto). Nel giorno dei funerali la città si ferma, il feretro viene accompagnato lungo le vie del centro cittadino da migliaia di tifosi, con tanto di bandiere bianconere, che butteranno via la corona di fiori inviata dalla Sambenedettese. I rapporti tesissimi tra le due tifoserie per un attimo sembrarono rasserenarsi tre mesi dopo quando, su iniziativa della Sambenedettese, venne organizzata un’amichevole al Del Duca, in onore di Strulli, tra una formazione mista di Ascoli e Samb e la Fiorentina che si giocò in un clima sereno, nel ricordo del portiere bianconero. Una mera illusione perché in realtà già nei giorni successivi il clima tornò ad infuocarsi e per anni la Samb, ogni volta che veniva a giocare ad Ascoli, venne accolta al grido “assassini”.

Alfiero Caposciutti inizialmente fu accusato di “omicidio colposo” e, addirittura, gli furono sequestrate le scarpette che indossava in quella partita. Poi una foto del fotografo Baffoni contribuì a scagionarlo, insieme alla testimonianza dell’arbitro della partita, Paolo Pfiffner di Torino. “Alfiero Caposciutti – racconta – vedendosi precedere dal portiere molto sportivamente ha tentato di spiccare un salto, cercando di scavalcarlo. Purtroppo, ero a pochissima distanza e ho visto bene, il ginocchio dell’attaccante ha colpito con violenza la mascella di Strulli. Caposciutti è finito a terra, poi si è subito alzato gridando “arbitro l’ho colpito, l’ho colpito io” ed appariva in preda ad una grave crisi nervosa”.

Ben 58 anni dopo quella tragica vicenda è tornata di attualità, a livello nazionale, grazie ad un bellissimo articolo pubblicato su “Il Corriere della Sera” da Walter Veltroni per ricordare quello che fu il primo giocatore a morire su un campo di calcio in Italia. L’ex sindaco di Roma ha anche intervistato Caposciutti, oggi ottantenne, che però ricorda come fosse accaduto ieri quel drammatico episodio. “Ho sentito un agghiacciante scricchiolio d’ossa, ricordo che quel giorno a centrocampo, prima del fischio di inizio, parlavo con Roberto Strulli. Ci dicemmo che a fine partita saremmo scappati subito, io dovevo tornare con mio padre in Toscana e lui doveva correre da sua moglie che aspettava un bambino” ricorda Caposciutti che poi racconta gli attimi immediatamente successivi, l’annuncio tranquillizzante dell’altoparlante, la scoperta a fine partita della drammatica realtà e la sue corsa all’ospedale.

Quando arrivai all’ospedale – ricorda – sentii il medico della Samb dire di avvisare i familiari di Strulli che non si sarebbe più ripreso. Il mio allenatore mi impose di andare a casa, la mattina alle sei telefonai in ospedale e mi dissero che Roberto era morto. Per me fu una coltellata”. L’ex giocatore rossoblu ha poi raccontato che solo dopo anni trovò il coraggio di incontrare la famiglia di Strulli. “Mi aspettavano sulla soglia la moglie e il figlio che mi abbracciarono, prima lei, poi lui – racconta – mi dissero le parole che mi hanno tolto definitivamente un peso dal cuore, un peso enorme: non abbiamo mai pensato che tu fossi responsabile di quello che è successo”. Poco meno di un mese fa la tragedia di Strulli è stata ricordata nel corso del Consiglio comunale, mentre si parlava dell’altro dramma accaduto nel vecchio stadio sambenedettese, il rogo del 1981 nel quale persero la vita due tifose rossoblu, Carla Bisirri e Maria Teresa Napoleoni.

Al Ballarin, oltre alle due ragazze scomparse a causa del rogo del 1981, morì anche Roberto Strulli. Ogni tanto ricordiamoci pure di lui” l’appello del vicesindaco Tonino Capriotti. Sarebbe bello che anche Ascoli e, soprattutto, l’Ascoli calcio si ricordasse di più del povero Strulli. A cui è stata dedicata una piazza nella zona del Pennile di Sotto e che 8 anni fa venne ricordato in un convegno organizzato dall’associazione “Solo xl’Ascoli” al quale partecipò anche il figlio del portiere bianconero, anche lui Roberto. Superfluo sottolineare quanto sarebbe opportuno e auspicabile qualcosa di più

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