“La Traviata” censurata, quando la toppa è peggio del buco…


Violetta transgender non è andata giù alle amministrazioni di Ascoli e Fermo, solo in forma di concerto l’anteprima per le scuole. Eppure l’allestimento di Baracchini era stato presentato nel giugno scorso ed era già andato in scena in diversi teatri della Lombardia

Prostituta si, transgender no. E’ questo il limite tracciato dall’amministrazione comunale di Ascoli (e da quella di Fermo) che ha portato alla clamorosa, ma purtroppo non troppo sorprendente, decisione di far scattare la censura nei confronti de “La Traviata” almeno per quanto riguarda le scuole. Non c’è niente da fare, si può discutere e sbraitare quanto si vuole, si può provare a ribellarsi con orgoglio a quelli che, ironia della sorte, vengono considerati inaccettabili pregiudizi, ma poi prima o poi arriva sempre qualche circostanza che dimostra come in effetti il sud delle Marche purtroppo è culturalmente arretrato rispetto al resto della regione. Perché a Fano la stessa opera viene tranquillamente rappresentata, in versione integrale e senza alcun tipo di censura, anche per le scuole.

Per altro bisogna riconoscere all’amministrazione comunale di Ascoli che, da quando è stata bocciata nel marzo scorso, non perde occasione per dimostrare quanto sia stato corretto non nominarla Capitale Italiana della Cultura 2024. Una brutta pagina che non fa certo onore ad una città che, pure, ha una lunga tradizione in fatto di passione per la lirica e che oltretutto dimostra tutti i limiti e le inefficienze di questa amministrazione. Come forse ormai è noto, in questi giorni è in programma nelle Marche l’appuntamento sicuramente più atteso della stagione lirica della Rete lirica delle Marche, “La Traviata” nell’allestimento del regista Luca Baracchini in scena il 4 febbraio al Teatro della Fortuna di Fano, l’11 febbraio al Teatro dell’Aquila di Fermo e il 18 febbraio al Teatro Ventidio Basso di Ascoli.

Come sempre in tutti e tre i comuni è anche in programma l’anteprima dedicata alle scuole, a Fano il 2 febbraio, a Fermo il 9 febbraio e ad Ascoli il 16 febbraio. Il problema è nato nei giorni scorsi quando il Comune di Ascoli ha scoperto che nell’allestimento di Barracchini Violetta è transgender. Apriti cielo, mentre a Fano questa “scoperta” (che in realtà scoperta non è perché era cosa ampiamente nota) come è normale che sia non ha creato alcun tipo di problema, nel “bigotto” capoluogo piceno (così come a Fermo) la cosa ha creato scompiglio e provocato l’immediata (si fa per dire) reazione dell’amministrazione comunale.

Così alla fine è arrivata la decisione di “censurare” l’anteprima per le scuole (alcune delle quali avevano già preso il biglietto), stabilendo che ai ragazzi sarà consentito di assistere alla versione solo in forma di concerto per gli under 30. Da quanto riportano gli organi di informazione locale a deciderlo alla fine è stato il CdA della Fondazione Lirica “dopo le proteste degli amministratori comunali quando hanno saputo che in questo allestimento Violetta era una transgender e poteva creare disorientamento negli spettatori più giovani”. Sarebbero tante, troppe, le cose da dire, gli aspetti da sottolineare.

Ci limitiamo ad evidenziare innanzitutto come chi parla di “possibile disorientamento negli spettatori più giovani” per la presenza di una transgender evidentemente non conosce e non ha la minima contezza del mondo dei giovani di oggi, fortunatamente enormemente più aperto e inclusivo di quello gretto e pieno di pregiudizi in cui vivono (e vorrebbero far vivere anche loro) quelli che si sono scandalizzati. E, pur sapendo che “a lavare la testa ai somari si perde tempo, acqua e sapone”, non possiamo non sottolineare come la cultura, ogni forma ed espressione di arte dovrebbero essere straordinariamente inclusive, dovrebbero contribuire ad aprire la mente, ad allargare gli orizzonti. E, poi, basterebbe pensare che nel 1853 il capolavoro verdiano aveva in se una forza trasgressiva enorme, con la tormentata storia d’amore tra la prostituta Violetta il giovane di buona famiglia Alfredo che all’epoca rappresentava un vero e proprio scandalo.

Chissà, se all’epoca ci fossero stati simili amministratori bacchettoni magari non avremmo mai potuto godere della straordinaria opera di Verdi. Purtroppo non è la prima volta che accade qualcosa di simile nel capoluogo piceno, nel 2018 accadde qualcosa di simile per “Così fan tutte” di Mozart, con tre scuole che si rifiutarono di accompagnare i ragazzi alla rappresentazione perché ritenuta troppo scabrosa (non era ritenuta tale nel 1790…).

Ora questa censura preventiva davvero del tutto inopportuna e incomprensibile, anche perché, non essendo certo obbligatorio per i ragazzi assistere all’opera, si poteva e si doveva lasciare libera scelta ai ragazzi stessi (e semmai ai loro genitori) di decidere. Ovviamente informandoli correttamente e tempestivamente di come fosse l’allestimento di Baracchini. Ed è proprio a quel tempestivamente che si appiglia l’amministrazione comunale, non comprendendo che invece in questo modo raddoppia la figuraccia. Perché non regge in alcun modo la giustificazione che solo negli ultimi giorni l’amministrazione comunale avrebbe scoperto il presunto “misfatto” (cioè la Violetta transgender).

Non regge perché se davvero così fosse sarebbe oltremodo sconcertante che il Comune, il sindaco e, ancor più, l’assessore alla cultura neppure conoscono ciò che presentano al pubblico ascolano. Nel caso in questione, poi, gli amministratori ascolani non potevano non sapere (e se davvero non sapevano dovrebbero avere almeno la decenza di farsi da parte, di dedicarsi a qualcos’altro). Perché la stagione lirica della Fondazione lirica delle Marche, con le date anche del Ventidio Basso, è stata presentata a giugno.

E in una delle note di presentazione si legge che “il team creativo vincitore del concorso che ha visto oltre 60 candidature, ha pensato ad una tragedia dell’intimità che ha al centro una protagonista incapace, lei per prima, di accettare se stessa e la sua storia. Nel passato di Violetta c’è una scelta di genere, un atto di auto-determinazione che ha portato con sé anche il senso di colpa per la propria doppia natura, interiorizzazione del giudizio esterno e della sua paura. La vittima arriva a comprendere e infine condividere il pregiudizio che l’accompagna: in quanto transessuale, splendida e persa “in un popoloso deserto”, non c’è che il sesso e il suo mercato. Alla complessità psicologica della protagonista si contrappone la superficiale inesperienza di Alfredo, un giovane benestante e senza pensieri. Questa coppia così stranamente assortita si muove in un mondo conformista e anonimo, ben più interessato alla bizzarria della vicenda che alla reale sorte dei diretti interessati”.

Più chiaro di così… Sarebbe già sufficiente così, ma c’è dell’altro. “La Traviata” di Barracchini era stata già messa in scena lo scorso anno nel circuito “Opera Lombardia” che comprende i teatri di Brescia, Como, Pavia e Cremona. Non stiamo quindi parlando di un nuovo allestimento, di una sorpresa dell’ultima ora, quindi il minimo sindacale che si debba pretendere da chi si occupa di cultura è di conoscere ciò che poi viene proposto al pubblico ascolano. Per altro in questo caso bastava prestare un briciolo di attenzione perché la cronaca dei mesi scorsi ha ampiamente parlato delle reazioni forti che ha provocato questo allestimento de “La Traviata”. Che, ad esempio, mentre a Como ha riscosso un grandissimo gradimento, con applausi scroscianti da parte del pubblico, a Cremona ha invece ha provocato sentimenti contrastanti, tra applausi convinti e fischi e “buu” di dissenso.

E se comunque si può comprendere il dissenso di chi è legato all’opera tradizionale, e quindi non gradisce questa ardimentosa rivisitazione, non si può invece tollerare la censura preventiva attuata da amministrazioni che sono ferme a secoli fa…

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