Terremoto a L’Aquila, la tragedia diventa farsa


La Commissione Grandi Rischi aveva rassicurato tutti, un alto funzionario della protezione civile aveva confermato che non c’era  pericolo di una scossa distruttiva. Ma per il giudice le vittime non dovevano fidarsi e, quindi, sono responsabili (al 30%) della loro morte…

Un paese impazzito, in tilt, dove anche la più elementare logica se ne è andata a farsi benedire e i paradossi più surreali e inimmaginabili diventano sconcertanti realtà. E’ questa l’immagine semplicemente imbarazzante del nostro Paese che emerge da un folle martedì di metà ottobre. Nel quale, mentre ad Ancona un rappresentante istituzionale, secondo i rumors in procinto di entrare a far parte della compagine del governatore Acquaroli, scaricava la responsabilità della tragedia provocata dall’alluvione del 15 settembre in parte sulle vittime stesse, in parte sul fato (con l’agghiacciante affermazione “erano nel posto sbagliato, nel momento sbagliato”), a L’Aquila un giudice stabiliva che le 24 persone morte in un palazzo di via Campo di Fossa la notte del 6 aprile 2009 (la notte del terremoto che ha provocato 309 morti nel territorio aquilano) hanno una parte di responsabile nella loro tragica fine. Siamo davvero alla follia, al più totale capovolgimento e stravolgimento dei ruoli, al più sconcertante “cornuti e mazziati”, prendendo a prestito una colorita espressione tipica del dialetto napoletano.

La sentenza del tribunale civile dell’Aquila, per la quale è difficile trovare un’adeguata definizione senza rischiare la denuncia, riapre una ferita che per i familiari di quelle 24 vittime (studenti) non si è mai rimarginata e contribuisce a disegnare uno scenario ben più che schizofrenico. Per sintetizzare, pensando ai procedimenti giudiziari che si sono succeduti in questi 13 anni, il quadro finale che emerge è il seguente. I tecnici e gli esperti della Protezione civile e della Commissione Grandi Rischi (per capirci i vari Bertolaso, Boschi, ecc.) non possono essere considerati in alcun modo responsabili perché, nonostante la lunga sequenza sismica, non potevano prevedere che arrivava la “grande botta”.

Sono invece responsabili, almeno in parte, quei 24 morti che, pur non avendo le competenze dei tecnici ed esperti di cui sopra, non si sa in base a cosa dovevano prevedere che sarebbe arrivata la scossa fatale. E’, infine, colpevole di procurato allarme il geologo Giuliani che la “grande botta” l’aveva prevista e che la sera precedente ha avvisato e convinto a non rimanere in casa praticamente quasi tutti i residenti della frazione di Paganica (poi rasa al suolo). Neanche gli autori più fantasiosi delle più incredibili commedie dell’assurdo avrebbero potuto scrivere una trama così folle. Sono passati 13 anni da quella drammatica notte del 6 aprile 2009 e sicuramente quasi tutti (ovviamente ad eccezione degli aquilani) hanno dimenticato cosa avvenne in quei giorni.

Perciò, prima di soffermarci sulla sconcertante sentenza di martedì, è opportuno rinfrescare un po’ la memoria. E’ la fine di marzo 2009 quando la Commissione Grandi Rischi si riunisce a L’Aquila. La cittadina abruzzese è da mesi scossa da un interminabile sciame sismico e tra gli aquilani cresce il timore che questo sia solo il preludio ad una violenta scossa. Alimentato, tra l’altro, da un ex tecnico dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, Giampaolo Giuliani, che, sulla base della sua teoria legata al rilascio del radon, era convinto del prossimo arrivo di un evento sismico molto violento nella zona. In realtà non l’aveva reso pubblico ma l’aveva confidato ad amici, anche perché in quegli stessi giorni aveva ricevuto un avviso di garanzia per procurato allarme.

Sulla figura di Giuliani, nel post terremoto, si è discusso molto, senza mezzi termini. C’è chi lo accusa di fare sciacallaggio, per aver dichiarato solo a tragedia avvenuta che aveva previsto tutto, chi invece non finirà mai di ringraziarlo. L’anno dopo il violento sisma il responsabile della protezione civile di Paganica ci raccontò che la sera del 5 aprile Giuliani telefonò ad un parente che abitava in quella frazione annunciandogli che nella notte sarebbe arrivata una violenta scossa, raccomandandogli di avvisare più persone possibile. La scossa della notte praticamente rase al suolo la frazione dove, però, l’unica vittima fu un anziano che, a differenza di tutti gli altri residenti, non volle dar credito all’avviso di Giuliani. Tornando alla Commissione Grandi Rischi, il 31 marzo 2009 va in scena la riunione a cui partecipano esclusivamente tecnici.

Qualche anno dopo emergerà un’intercettazione telefonica di un colloquio tra Bertolaso e l’assessore regionale alla Protezione civile Daniela Stati nella quale ex capo della Protezione civile sostiene che quella riunione “è un’operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente”. Ed in effetti quello che emerge è un quadro rassicurante, anche se nessuno dei presenti si espone in maniera chiara. L’unico a farlo è il vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, che ad un’emittente privata aquilana afferma: “non c’è pericolo, anzi è una situazione favorevole perché c’è uno scarico di energia continuo”. “Ilaria decise di rimanere a L’Aquila dopo aver avuto conoscenza dell’esito della riunione della Commissione Grandi Rischi, aveva ricevuto il messaggio tranquillizzante secondo il quale la situazione era normale, c’era uno scarico continuo di energia e non ci si doveva aspettare scosse di tipo distruttivo” afferma la madre di una delle vittime, facendo riferimento proprio a quelle parole di De Bernardinis.

E’ fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime – scrive il giudice Monica Croci del Tribunale civile dell’Aquila – costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”. Dopo la tragedia del 6 aprile 2009, alcuni degli eredi delle vittime, sulla base di perizie che attestavano gravi irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile e grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza, avevano citato in giudizio i ministeri dell’Interno (per la responsabilità della Prefettura), delle Infrastrutture (per quelle del Genio Civile), il Comune dell’Aquila e gli eredi del costruttore.

Il Tribunale civile ha condannato i due ministeri al 15% di responsabilità ciascuno e gli eredi del costruttore al 40%, riconoscendo però una corresponsabilità delle vittime del 30%. In altre parole per il giudice chi è rimasto a dormire in quell’immobile è più colpevole di chi non ha effettuato i necessari controlli ed è quasi colpevole allo stesso livello di chi ha realizzato l’immobile stesso in maniera irregolare, provocandone di fatto il crollo in occasione del terremoto.

Per altro ci sarebbe una sentenza della Cassazione, che dovrebbe fare giurisprudenza, che certifica che c’è stata “una scorretta condotta informativa e una comunicazione di contenuto inopportunamente e scorrettamente tranquillizzante” che ha finito per indurre “taluni destinatari all’abbandono di consuetudini di comportamento autoprotettivo rivelatosi fatale”. Chi se ne frega della Cassazione, chi se ne frega della logica, la responsabilità è in buona parte delle stesse vittime.

Che ovviamente non potevano sapere che quell’immobile era stato costruito in maniera irregolare, né tanto meno che chi doveva controllare e verificare la sua sicurezza non l’aveva fatto adeguatamente. Che erano stati rassicurati dalla Commissione Grandi Rischi e da un alto funzionario della Protezione civile che aveva certificato che non c’era pericolo che arrivasse una scossa distruttiva. Però non sarebbero dovuti rientrare, anche se erano certi che l’immobile era sicuro e che la scossa forte non sarebbe arrivata.

Davvero non ci sono più parole, solo un pensiero per le povere vittime e per i loro disperati familiari che, oltre l’immenso dolore che non scompare certo negli anni, devono anche subire simili umiliazioni. Che Paese di m…

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