Costretti a rivolgersi ai privati per le prestazioni sanitarie, negato il diritto alla sanità pubblica


L’art. 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute e le cure gratuite per gli indigenti. Ma la storia di una 50enne ascolana dimostra come nel Piceno per determinate prestazioni sanitarie bisogna rivolgersi alle strutture private, ovviamente a pagamento…

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti” recita l’art. 32 della nostra Costituzione. Purtroppo non è certo una novità nel nostro paese che i principi fondamentali fissata dalla Costituzione sia praticamente “carta straccia”. Ma, vista la deriva della sanità locale nel nostro territorio, ad Ascoli e provincia quell’articolo praticamente è stato cancellato, non è più valido. E potrebbe essere sostituto da un articolo che stabilisce che è la sanità privata ad occuparsi della salute dei cittadini, con tanti saluti agli indigenti e a tutte quelle famiglie che non possono permettersi o comunque hanno seri problemi a pagare i costi elevati della sanità privata.

Bisognerebbe anche aggiungere che la legge, in particolare il dlg 299/99 (ma non solo) affida ampi poteri e compiti in tema di sanità al sindaco a cui spetta in qualche modo la tutela della salute pubblica dei suoi cittadini. Si può e si discute spesso sui limiti e sui reali poteri che in questo senso ha il primo cittadino. Quello che è certo e su cui non ci sono dubbi è che sicuramente il sindaco non dovrebbe in alcun modo promuovere la sanità privata a scapito di quella pubblica. Invece in quel meraviglioso posto che è diventato il capoluogo piceno capita anche questo, che in un contesto in cui la sanità pubblica è più che a rischio, praticamente non è in alcun modo garantita, mentre l’assessore regionale alla sanità Saltamartini annuncia nuovi tagli, il sindaco Fioravanti non trova di meglio che promuovere proprio la sanità privata.

La foto del sorridente primo cittadino, pubblicata su tutti i quotidiani locali, che presenzia e “benedice” l’inaugurazione di un macchinario di ultima generazione per la mammografia presso un centro medico privato è un vero e proprio “pugno nello stomaco”, un pesante affronto nei confronti dei cittadini ascolani a cui viene negato il diritto costituzionalmente riconosciuto alla sanità pubblica. Naturalmente non è in alcun modo in discussione il diritto, innegabile, per quella struttura privata di dotarsi di macchinari all’avanguardia.

Il problema è che un sindaco che davvero abbia a cuore la salute dei propri cittadini non dovrebbe in alcun modo promuovere in questo modo la sanità privata. Va detto che, purtroppo, Fioravanti non era da solo, insieme a lui c’era anche il sindaco di Monsampolo Narcisi, naturalmente non meno responsabile del primo cittadino del capoluogo piceno. Come abbiamo più volte sottolineato, soprattutto per quanto riguarda la sanità, le immagini, i fatti e la cruda realtà fotografano molto meglio di tante parole lo sconfortante stato delle cose. Nei giorni scorsi, ad esempio, il racconto dello sconcertante calvario di una ottantenne ascolana, ad esempio, nei giorni scorsi ha testimoniato in maniera cruda e sconfortante il disastro della sanità picena e le devastanti conseguenze (soprattutto per i cittadini, ma anche per lo stesso personale sanitario) della “follia” dell’ospedale di primo livello su due plessi (vedi articolo “La sanità disumana al tempo dell’ospedale di primo livello su due plessi”).

Ora quella foto, la presenza di quei sindaci a quell’inaugurazione, si intreccia con le vicende di una 50 enne ascolana costretta a ricorrere ai privati per ottenere determinate prestazioni sanitarie e testimonia in maniera imbarazzante come ormai nel nostro territorio il diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto di fatto sia negato, con la sanità pubblica ridotta in condizioni tali da costringere i cittadini ascolani a rivolgersi sempre più spesso a quella sanità privata che, come visto, trova appoggio e conforto anche dalle istituzioni che invece dovrebbero battersi per la sanità pubblica. Per altro quella della 50enne ascolana è una vicenda comune a tanti altri cittadini del territorio che si sono trovati o che si troveranno nelle sue condizioni.

Dopo che la donna aveva effettuato le analisi del sangue che avevano evidenziato alcuni valori fuori norma, il suo medico di base le aveva prescritto una visita allergologica, una visita cardiologica e l’ecografia al collo. Accertamenti non urgentissimi, nel senso che la donna non sembrava in gravissimo ed imminente pericolo, ma da effettuare in breve tempo per poter avere un quadro esaustivo della sua situazione e valutare tutte le eventuali terapie ed interventi necessari. Dopo aver inutilmente provato a prenotare per via telematica, con il portale regionale che per tutte e tre le prestazioni richieste non dispone di alcuna data utile, la donna si arma di “santa pazienza” ed inizia a telefonare al numero verde regionale per le prenotazioni. Ma il risultato non è molto più edificante.

Per quanto riguarda la visita cardiologica non ci sono date disponibili, le prenotazioni sono bloccate. Per quanto riguarda la visita allergologica la prima data utile in zona è a giugno 2023 (mentre ci sarebbe una data libera, a novembre, nel Pesarese…), mentre per l’ecografia al collo non se ne parla prima dell’estate (con qualche data utile libera prima sempre nel nord delle Marche…). Ci sarebbe da discutere e da chiedersi come mai ci siano comunque in tempi “umani” date e posti disponibili sempre nel nord delle Marche e mai nel nostro territorio, ma che il Piceno sia di gran lunga la Cenerentola della regione per quanto riguarda la sanità non è certo una novità.

In ogni caso l’inevitabile conseguenza della situazione è che quella donna, come tanti altri cittadini nella sua condizione, si è trovata di fronte ad un bivio, ad una difficilissima scelta: aspettare tempi migliori (chissà quando) per effettuare quelle prestazioni, con il concreto rischio di veder peggiorare la sua situazione sanitaria, oppure pagare e prenotare presso strutture private (che, ovviamente, garantiscono l’effettuazione di quelle prestazioni in tempi molto rapidi). Ovviamente la scelta di quella donna è caduta sulla seconda ipotesi, ha prenotato e pagato per effettuare quelle prestazioni. Ma chi si trova in condizioni economiche di difficoltà, gli “indigenti” che la Costituzioni teoricamente tutela prevedendo “cure gratuite”, quelli che non hanno la possibilità di pagare le prestazioni privati cosa dovrebbero fare?

Bisognerebbe chiederlo innanzitutto la presidente della Regione Acquaroli e all’assessore alla sanità Saltamartini, ma anche al sindaco Fioravanti che dovrebbe essere il garante della salute pubblica dei suoi cittadini…

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