Libertà e contraddizioni dei no vax e quel diritto alle cure negato…


Mentre i no vax invocano la libertà di “decidere come curarsi” e riempiono reparti ordinari e terapie intensive, a migliaia di pazienti con altre patologie viene negata la possibilità di essere curati. E, di fatto, negli ospedali viene già scelto chi curare (pazienti covid) e chi no…

Non sono un no vax, sono un free vax, nel senso che ogni persona ha una storia propria e deve essere in grado di scegliere il proprio destino, deve essere libero di decidere in che modo curarsi”. Così Marco Melandri, tentando una patetica quanto improbabile marcia indietro, intervenendo a “Non è l’arena” ha provato a giustificare le farneticanti affermazioni fatte sabato scorso a Milano nel corso di una manifestazione no vax. Al di là della vicenda dell’ex pilota di motogp e dello spazio che inspiegabilmente continua ad essere dato in tv a certi personaggi, è molto interessante riflettere sul concetto di libertà di cura, di poter scegliere il proprio destino. Che poi è un principio che ricorre continuamente nelle rivendicazioni dei più convinti no vax.

Quante volte in questi mesi abbiamo sentito ripetere che il rifiuto del vaccino è una scelta esclusivamente personale, che deve essere rispettata la volontà e la libertà di ogni individuo, che è un diritto di chiunque scegliere liberamente se vaccinarsi o meno e, di conseguenza, decidere in che modo curarsi, con continui e ripetuti richiami alla Costituzione (articoli 13, 21, 32). E chi mai potrebbe rimanere insensibile di fronte ai dettami della nostra Costituzione e, soprattutto, al più alto concetto di libertà? Solo che chi la conosce realmente, sa perfettamente che la nostra Costituzione per prima pone dei limiti e dei paletti alle libertà individuali. E, ancor più, è noto che in una società complessa come la nostra la libertà non può certo significare che ognuno è completamente libero di fare tutto quello che gli pare, a prescindere.

Per altro la liberà di poter decidere “in che modo curarsi” vorrebbero averla anche migliaia e migliaia di pazienti con altre patologie, anche gravi, a cui invece da due anni viene di fatto negata dalla situazione che stiamo vivendo. In particolare i malati oncologici si accontenterebbero, più che della libertà di scegliere come curarsi, anche solo della possibilità di essere curati. Sappiamo perfettamente che tale affermazione può suonare come demagogica, ma è il difficile e drammatico momento che stiamo vivendo che è, per così dire, “demagogico”, che ci costringe a fare ragionamenti e scelte che fino ad un paio di anni fa sembrava improponibili. E’ dei giorni scorsi, ad esempio, il grido di allarme lanciato nei giorni scorsi da Gianpaolo Tortora, professore ordinario di Oncologia medica dell’Università Cattolica di Roma e direttore Uoc Oncologia Medica e del Comprehensive Cancer Center del Policlino Gemelli.

Tortora in particolare ha sottolineato come la situazione che si è determinata in seguito alla pandemia, il collasso quasi perenne delle strutture sanitarie italiane per l’eccesso di ricoveri ordinari e in terapia intensiva di pazienti covid, sta esponendo a rischi incalcolabili non solamente i malati oncologici già acclarati ma anche chi è a rischio e avrebbe la necessità di una rapida diagnosi.

L’esperto parla di “ritardi enormi sia nella presa in cura e nell’avvio delle terapie che nella diagnosi” fornendo dati e numeri agghiaccianti ma, purtroppo, non sorprendenti. “In tutta Italia – afferma – abbiamo avuto oltre 400 mila interventi oncologici in meno, il 64% di ritardo negli interventi di chirurgia oncologica programmata, quasi il 50% dei trattamenti terapici ritardati o spostati, il 20% di pazienti oncologici che non sono potuti andare a fare trattamenti programmati e ritardi importanti nella continuità della cura per chi aveva avuto già una diagnosi. Inoltre sono stati fatti più di 2 milioni di esami di screening in meno, parliamo di controlli standard, dalla mammografia al pap testa e così via, con ritardi nella diagnosi mediamente di mesi. E sappiamo quanto sia importante la diagnosi precoce per affrontare i tumori nel migliore dei modi”.

Lasciando ad altri il racconto drammatico di alcune vicende personali, è doveroso però ricordare che dietro ad ogni singolo numero di quelli citati ci sono storie personali di pazienti e possibili malati che, per la situazione che stanno vivendo le strutture sanitarie del paese in seguito al covid, non possono ottenere le necessarie cure (in senso lato) e che, di conseguenza, vedono inevitabilmente ridursi le proprie possibilità di vita. Il nocciolo della questione è che se i reparti ordinari e le terapie intensive continuano ad essere occupati in maniera così diffusa da pazienti covid, con il conseguente impiego massiccio di fondi e di personale medico e sanitario, è semplicemente perché ancora c’è un numero ed una percentuale consistente di persone che continuano a rifiutare di vaccinarsi.

I dati e i report settimanali non solo dell’Iss, ma di tutti gli istituti di ricerca, in tal senso non lasciano spazio a dubbi e interpretazioni e certificano come più del 70% dei ricoverati nei reparti ordinari e in terapia intensiva sono non vaccinati. Cioè chi, riprendendo il concetto tanto caro ai no vax, ha voluto esercitare il proprio diritto di scegliere la cura, privando migliaia e migliaia di persone dello stesso diritto, perché non riconosce e non si fida di quella stessa scienza a cui però si rivolge e si affida (tranne alcune folli eccezioni) quando la situazione precipita e diventa disperata. “In uno Stato liberale ogni cittadino ha diritto ad avere un ampio ventaglio di scelte per la tutela della propria salute” afferma il prof. Ugo Mattei, convinto no vax, fingendo di non vedere l’ennesima macroscopica ipocrisia di chi continua ad appellarsi a concetti come libertà e tutela dei diritti di ogni cittadino che, in realtà, proprio queste prese di posizione finiscono per calpestare.

Perché, come abbiamo visto, il tanto decantato “ventaglio di scelte” viene negato a chi, con altri gravi patologie, non può ricevere le cure necessarie perché gli ospedali sono intasati da pazienti covid no vax. Non solo, con ancora maggiore ipocrisia si finge di non vedere che quella terribile e moralmente inaccettabile ipotesi di dover scegliere chi curare, che ogni tanto inopportunamente qualcuno chiede che venga applicata nei confronti dei no vax, in realtà si sta già verificando. Certamente anche per la situazione contingente, di fatto, però, con il riempirsi dei reparti ordinari e di terapia intensiva, in concreto si sta già scegliendo chi curare (i tanti malati di covid, il 70% dei quali sono no vax) e chi no. E non si tratta solo dei malati oncologi già citati.

Da una relazione stilata dalla Corte dei Conti emerge come negli ultimi 12 mesi sono andati persi circa 150 mila prestazioni ambulatoriali, 500 mila ricoveri urgenti e 800 mila ricoveri programmati, mentre è praticamente raddoppiata la mortalità, rispetto al periodo pre covid, la mortalità extraospedaliera per eventi cardiologici acuti. Potremmo proseguire a lungo e citare altri dati e molte altre situazioni. Basterebbe pensare, e abbiamo esempi eclatanti nel nostro territorio, a tutti quei reparti ospedalieri che in queste settimane e in questi mesi vengono chiusi e riconvertiti in reparti covid. Il punto fondamentale è che l’occupazione così diffusa di posti letti ordinari e di terapia intensiva di malati covid sta togliendo spazi, strutture, personale a tutte le altre patologie. E, naturalmente, anche tante risorse economiche.

Ricordando che ogni ricovero covid in media costa 7.500 euro in regime ordinario e 25.000 in terapia intensiva, secondo il recente Instant Report Altems (l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica di Roma) solo nel periodo che va dal 19 novembre al 19 dicembre il costo delle mancate vaccinazioni sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale ammonta ad oltre 140 milioni di euro. In particolare il Report evidenzia come il 90% dei non vaccinati ospedalizzati non avrebbe avuto bisogno di ricovero in Area Medica se avesse fatto il vaccino, mentre nelle terapie intensive addirittura la percentuale sale al 94%. In altre parole la libertà di scegliere come curarsi dei no vax, con la contraddizione già evidenziata di rifiutare la scienza con i vaccini ma aggrapparcisi quando la situazione si complica, costa carissima, in proiezione oltre 1,5 miliardi di euro in un anno.

Soldi che inevitabilmente vengono sottratti ad altre, e di certo non meno importanti, settori della sanità pubblica. Certo poi, come bene evidenziato dal direttore dello “Spallanzani” di Roma Francesco Vaia, sarebbe doveroso riflettere sul fatto che questa pandemia ha inesorabilmente smascherato le terrificanti falle del nostro sistema sanitario, “distrutto” da anni di insensati tagli, da folli politiche di “razionalizzazione” che di fatto hanno messo seriamente in discussione il diritto alla tutela della salute sancito anche dalla nostra Costituzione.

Ma i dati citati e quanto si sta verificando in questi mesi dimostra in maniera inequivocabile come non sia quanto di più lontano dalla realtà il paravento dietro al quale si nascondono i no vax, sostenendo che la loro è una decisione personale che non comporta alcuna conseguenza per il resto della società. Invece come abbiamo visto la loro libertà di scelta e le loro imbarazzanti contraddizioni hanno peso ed un costo salatissimo e, soprattutto, di fatto stanno calpestando le libertà di migliaia di altri cittadini e stanno mettendo seriamente a rischio il loro sacrosanto diritto di tutelare la propria salute.  

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