L’anno nero della sanità nel Piceno


Il 2021 si chiude tra proteste, presidi davanti agli ospedali, scelte discutibili e la triste consapevolezza che, nonostante le promesse fatte in campagne elettorale da chi poi ha vinto le elezioni regionali, il Piceno è sempre più la Cenerentola delle Marche per quanto riguarda la sanità

Sicuramente anche per il covid, e per la discutibile gestione di questa interminabile emergenza da parte della Regione. Ma se il 2021 si chiude in maniera semplicemente sconfortante per la sanità nel nostro territorio non è solamente per le conseguenze della pandemia. Molto più semplicemente, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale da chi poi ha vinto le elezioni regionali (e quindi aveva il dovere di trasformare in fatti concreti quegli importanti proclami), perchè il Piceno è sempre più la Cenerentola delle Marche per quanto riguarda la sanità. Con due ospedali che, messi insieme, non sono neppure degni di un ospedaletto di secondo livello, personale sanitario ridotto al minimo e costretto a “fare i salti mortali”, tra una serie infinite di difficoltà e continue e ripetute inaccettabili penalizzazioni. E poi disagi e disservizi di ogni tipo, con le prospettive per il futuro se possibile ancora più buie e preoccupanti.

Basterebbe pensare, ad esempio, che nel bilancio di previsione 2022-2024 della Regione sono previsti ingenti investimenti ed importanti interventi in campo sanitario praticamente in tutte le province. Anzi, per essere più corretti, in quasi tutte le province: Per quanto riguarda la provincia di Ascoli e l’Area Vasta, invece, l’unico intervento di un qualche rilievo riguarda lo studio di fattibilità per il nuovo ospedale di San Benedetto… Non deve sorprendere più di tanto, quindi, che l’anno si stia chiudendo all’insegna delle proteste, con in particolare i sindacati che, dopo averle ampiamente annunciate, hanno dato vita a manifestazioni e presidi davanti agli ospedali, prima ad Ascoli e poi San Benedetto, accompagnate da ripetute comunicati nei quali si denuncia la situazione sempre più grave in cui versa la nostra sanità.

I dipendenti dell’Area Vasta 5, per la mancata implementazione del fondo del disagio, dal mese di novembre 2021 non percepiranno i compensi per il lavoro straordinario nonché le indennità per turni festivi, notturni, notturni festivi, malattie infettive, terapie intensive e sub-intensive, pronta disponibilità, ecc., se non a debito del fondo con recupero nelle prossime annualità” si legge nel manifesto della Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu). Che ha anche sottolineato come i due presidi sono stati organizzati per dire stop alle “gravi, reiterate violazioni delle norme contrattuali, alle inaccettabili disparità di trattamento perpetrate in dispregio alla stessa legge regionale e al depauperamento del Servizio Sanitario Pubblico a vantaggio del privato”.

A peggiorare ulteriormente le cose proprio alla vigilia di Natale sono arrivate alcune decisioni, legate sempre all’emergenza covid, che hanno dato adito ad ulteriori proteste e critiche da parte di Cgil, Cisl e Uil. “Smantellata l’Unità Operativa di Pneumologia con i suoi 20 posti letto, di cui 14 ordinari, 4 di terapia semintensiva e 2 a pressione negativa – si legge in una nota congiunta – con contestuale trasferimento d’imperio dei 12 infermieri e 6 OSS alla palazzina B per l’apertura di un reparto covid il quale, a regime, dovrebbe contenere 18 posti letto. Trasferiti altresì dalle hub vaccinali ulteriori 4 infermieri per conseguire l’obiettivo. I degenti della Pneumologia trasferiti all’Ospedale di San Benedetto del Tronto, alla RSA Luciani, al Santo Stefano, al San Giuseppe, alla RSA di Ripatransone ovvero in diverse Unità Operative della struttura ospedaliera.Tale organizzazione del servizio che impone il raddoppio dei turni di lavoro comporterà un maggior utilizzo del salario accessorio per indennità di turno, festivi, notturni, festivi notturni, ecc. il cui fondo, da metà novembre, risulta esaurito.

Ci chiediamo come sia possibile che in un Paese civile si debba far fronte a situazioni, oramai non più straordinarie, attraverso la chiusura di reparti ordinari con le conseguenti gravi ripercussioni sulla collettività senza, invece, procedere al potenziamento di dotazioni organiche. In merito, va respinta l’osservazione dell’ASUR consistente nella difficoltà di reperire risorse umane a tempo determinato nel momento in cui i contratti dei citati operatori vengono prorogati solo per trenta giorni. L’ennesima scelta ispirata solo dalla necessità di razionalizzare al massimo le risorse umane e finanziarie a discapito dei malcapitati utenti e degli esasperati operatori sanitari a cui, da anni, non vengono riconosciuti alcuni fondamentali diritti sanciti dagli stessi contratti nazionali di lavoro. Lo stato di mobilitazione continua con la programmazione di iniziative sempre più incisive finalizzate a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sul declino della sanità marchigiana”.

La situazione pandemica che stiamo vivendo in questo periodo sta mettendo a dura prova la struttura della Sanità picena nonostante la professionalità e gli sforzi dei tanti operatori sanitari. In un momento del genere era lecito e dovuto aspettarsi qualcosa di più da chi in campagna elettorale auspicava un cambio di passo della Regione Marche. Ma questo percorso sembra essersi azzoppato non appena la destra ha iniziato ad occuparsi della salute dei marchigiani” aggiunge il Pd ascolano in una dura nota in cui viene messa sotto accusa la gestione della sanità nel nostro territorio da parte della Regione.

I centri vaccinali sono sovraffollati e non idonei ad una campagna vaccinale di questa portata – prosegue la nota – al Pronto Soccorso del Mazzoni ci sono pazienti gravi in attesa di essere ricoverati. La situazione rischia di diventare fuori controllo ma è sembrato più importante portare avanti giochi di palazzo che affrontare i problemi. In questi mesi quello che è stato evidente è una mancanza totale di indirizzi e programmazione. Si è affrontata e si sta affrontando una pandemia mondiale giorno dopo giorno, giocando più sui numeri delle terapie intensive che spingendo su vaccinazioni o supportando chi, ogni giorno, si trova a lavorare tra mille difficoltà”.

Dure critiche anche per la vicenda delle dimissioni del direttore dell’Area Vasta 5 Milani. “Le ricette promesse sembrano essersi smarrite e, mentre non sappiamo se i nostri ospedali sono pronti ad affrontare questa nuova ondata, arriva il colpo da maestro – si legge ancora nella nota del Pd – l’assessore Guido Castelli e Lady Sanità Monica Acciarri, attraverso gli stessi meccanismi di cui accusavano le precedenti amministrazioni, pensano a cambiare direttore invece di dare risposte concrete ai cittadini e a quei sanitari che nei giorni scorsi hanno protestato davanti a nosocomi di Ascoli e San Benedetto. Al dimissionario Milani è stato rimproverato di aver sforato il budget. Un’accusa ridicola quando questo avviene durante una pandemia e senza nessun tipo di indirizzo e programmazione.

Chiediamo con forza che il sambenedettese Massimo Esposito, fresco di nomina come nuovo direttore dell’Area Vasta 5 e accolto con giubilo dagli stessi Castelli e Latini, riesca a rappresentare, come era riuscito in precedenza Milani, le istanze di tutti. Di entrambi gli ospedali e delle città di Ascoli e San Benedetto ma soprattutto le istanze di tutti i pazienti. Pare evidente come questa destra, portatrice di messaggi di cambiamento, pensi più a macchinazioni di palazzo e a nomine politiche che alla salute dei propri cittadini”. Non poteva mancare una “stoccata” finale al sindaco Fioravanti, per anni sempre così attivo nel rivendicare maggiore considerazione per la sanità picena e per l’ospedale cittadino ma ora che la situazione sta precipitando assente ingiustificato.

Sono lontani i tempi delle manifestazioni e delle raccolte di firme – accusa il Pd – ora che l’impoverimento del nosocomio ascolano è iniziato davvero, il sindaco di Ascoli preferisce non esporsi, forse per non pestare i piedi ai suoi compagni di partito o coalizione. Si parte sempre incendiari e fieri ma si diventa pompieri quando si è raggiunto lo scopo prefissato. E forse lo scopo di Fioravanti non era la salute degli ascolani ma la poltrona da sindaco”. Che, però, implica delle precise responsabilità e dei doveri, come quello di pensare principalmente alle esigenze dei cittadini ascolani prima ancora che agli interessi del proprio partito. Esigenze che richiedono ben altro impegno e una differente mobilitazione da parte del primo cittadino che, invece, fino ad ora ha subito in ossequioso silenzio tutte le penalizzazioni, quanto meno in campo sanitario, che la Regione ha continuato ad infliggere al nostro territorio

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