Cronache dal Medioevo: il “sacro” diritto dell’uomo di pretendere prestazioni sessuali dalla moglie


E’ accaduto a Benevento dove l’ex moglie dell’uomo lo ha denunciato per maltrattamenti e abusi sessuali. Ma la pm ha chiesto l’archiviazione sostenendo che è “comune dover vincere la resistenza di una donna” e che puntare un coltello alla gola è da considerare solo uno scherzo…

Lo avevamo scritto qualche mese fa, ricordando le surreali affermazioni della giornalista Barbara Palombelli e la squinternata battaglia dell’allora assessora alle parti opportunità del Comune di San Benedetto, Antonella Baiocchi. Ora la conferma che molto spesso le peggiori nemiche delle donne sono le donne stesse arriva da Benevento. E, per giunta, da un magistrato che con la sua richiesta di archiviazione e, ancor più, con le parole pronunciate e scritte per giustificare quella richiesta, ha pesantemente umiliato la donna che aveva avuto il coraggio di denunciare i maltrattamenti e gli abusi sessuali subiti dal marito e con lei la difficile battaglia contro la violenza sulle donne. Per altro non è certo la prima volta che nel corso di procedimenti giudiziari per violenze o abusi sessuali la vittima venga offesa e umiliata dal comportamento e dalle parole di giudici e magistrati o, peggio ancora, da vergognose sentenze.

Come dimenticare, ad esempio, la famosa sentenza nella quale il giudice negava lo stupro perché la vittima indossava i jeans, o quella in cui si stabiliva che non c’era stato stupro perché chi l’aveva denunciato non aveva urlato. Per altro è opportuno ricordare come più volte la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato il nostro Paese per sentenze influenzate da “pregiudizi maschilisti tipici della società italiana”. L’ultimo esempio risale a qualche mese fa, con il duro giudizio di condanna da parte della Cedu per la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di appello (dopo la condanna in primo grado) relativa ai fatti del luglio 2008 a Fortezza da Basso, con una ragazza di 22 anni che aveva denunciato di essere stata stuprata da un gruppo di 7 ragazzi tra i 20 e 25 anni.

Condannati (6 di loro) in primo grado per violenza sessuale aggravata ma poi assolti in appello con motivazioni a dir poco vergognose, con tanto di riferimento alla biancheria intima troppo sexy che indossava nell’occasione la ragazza e che avrebbe messo in discussione la credibilità della denuncia stessa (altro discorso sarebbe stato se avesse indossato i mutandoni della nonna…).

Questa volta, però, la magistrata che ha firmato la richiesta di archiviazione ha superato ogni limite, sostenendo in sintesi che il marito ha una sorta di diritto a pretendere prestazioni sessuali dalla moglie, a prescindere che lei sia consenziente o meno, e che certe forzature per vincere la resistenza della donna devono essere considerati normali. Non che servirebbe, perchè è già sufficientemente sconcertante così, ma a rendere ancora più surreale quelle “farneticazioni” c’è il fatto che la magistrata ha piena consapevolezza (lo scrive anche) che il tentativo di rifiutare i rapporti sessuali deriva dal fatto che la donna non nutre più alcun sentimento nei confronti del marito e sta pensando di divorziare. In altre parole è come se si affermasse che, finché rimane nello stesso tetto, la donna ha il dovere di fornire le prestazioni sessuali richieste dal marito.

Magari, visto che c’era, la magistrata poteva anche fornire un elenco dettagliato di quali prestazioni sessuali la moglie (o anche la coinquilina…) è obbligata a fornire e quali invece può legittimamente rifiutare. Semplicemente sconfortante e ripugnante, parlare di Medioevo nell’occasione è addirittura riduttivo. Siamo a Benevento ma in un attimo sembra di essere stati paracadutati a Frittole, l’immaginario borgo toscano del 1492 nel quale si ritrovano Troisi e Benigni nel film “Non ci resta che piangere”. Anzi, da come viene motivata la richiesta di archiviazione, forse a Frittole la protagonista sarebbe stata tutelata un pochino di più. La protagonista e vittima di questa assurda vicenda è una donna, non più innamorata del marito e in procinto di chiedere il divorzio, che nell’aprile scorso ha denunciato l’uomo per maltrattamenti ed abusi sessuali.

La donna racconta che il marito l’avrebbe più volte obbligata ad avere rapporti sessuali che lei non voleva e, addirittura, che una volta sarebbe stata minacciata con un coltello. I due stanno per mettersi a tavola per fare cena, racconta la donna, mentre il marito sta guardando al telegiornale un servizio sui femminicidi. Allora prende il coltello “con cui stava tagliando il pane”, lo punta minaccioso al collo della donna e, sempre in tono minaccioso (almeno secondo la donna), le dice che “prima o poi menzioneranno anche me al telegiornale”. Ma quel gesto è uno scherzo, sostiene la magistrata. D’altra parte, però, a chi non è mai capitato per gioco o anche per ottenere la prestazione sessuale “dovuta” di puntare con tono minaccioso il coltello alla gola della propria moglie?

A conferma della sua bizzarra tesi la magistrata cita una chat intercorsa tra marito e moglie. Anzi, sarebbe più corretto dire, il messaggio scritto dall’uomo nella chat. Che in realtà non che suoni particolarmente rassicurante. “In momenti di rabbia si dicono tante cose che non si pensano”, un’affermazione che avrebbe un significato non troppo negativo se mai fosse riferita ad un insulto, ad una parola di troppo scappata in un momento di tensione, non certo per giustificare un coltello puntato al collo. E, in ogni caso, appare sin troppo chiaro che mal si concilia con la tesi dello scherzo. Per altro sarebbe stato molto più interessante eventualmente leggere cosa ha risposto la moglie, anche se poi la logica dice che non deve tanto averlo vissuto come uno scherzo. Per il semplice fatto che lo racconta agli inquirenti come fatto che, a suo dire, testimonierebbe le minacce e le forzature del marito. D’altra parte, però, a detta della magistrata quel gesto così scherzoso (ci mancava solo che venisse considerato d’affetto…) non è l’unica cosa che la donna ha mal interpretato.

I fatti carnali devono essere ridimensionati nella loro portata, non avendo la stessa descritto espressioni di minaccia o di costrizione fisica, né di abuso di autorità” scrive nella richiesta di archiviazione. Certo, ci sarebbe sempre quel coltello puntato alla gola, ma quando mai un simile atto viene considerato una minaccia o un esempio di costrizione fisica? “Non nutrendo più i sentimenti e la stima di un tempo nei confronti del marito, non era più incline a congiungersi con lui” scrive ancora la magistrata che sottolinea come la donna meditava il divorzio. Però, aggiunge la pm, “il marito in questione appare particolarmente amante della materia e non è certo che lui abbia capito che la moglie non era consenziente (mica l’ha costretta con un coltello alla gola…)”.

Di conseguenza, la conclusione, almeno a detta della magistrata, appare scontata. “Considerato la sussistenza di un rapporto di coniugio – scrive – appare arduo sostenere che sia provata la consapevolezza in capo al marito della non consensualità al rapporto sessuale, considerato anche comune negli uomini dover vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende ad esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale”. Un vero e proprio capolavoro, neppure il più convinto e inguaribile maschilista sarebbe riuscito a condensare in così poche righe alcuni dei più beceri e insopportabili luoghi comuni tipici di un’epoca patriarcale che si sperava fosse quasi definitivamente alle spalle.

Al di là del fatto che parlare di “relazione stabile e duratura” quando si è prima evidenziata la volontà della donna di divorziare appare un’evidente e clamorosa contraddizione, riassumendo in parole semplici ciò che scrive la pm si potrebbe dire che si sa che il maschio ha sempre voglia di sesso, così come che una donna fino a che è sposata di fatto è sempre e comunque consenziente. E, tra l’altro, la donna per concetto deve fare un po’ la “preziosa”, non può mica dimostrare apertamente e con chiarezza quando ha voglia di fare sesso, senza contare che è ampiamente noto che non è certo un luogo comune che quando la donna dice no in realtà vuole dire si. E, di conseguenza, aspetta solo che sia il maschio a farle superare quell’effimera e non veritiera resistenza.

Da Benevento, Italia, è tutto. Anzi, è davvero troppo…

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