Violenze e femminicidi, quando le peggiori nemiche delle donne sono le donne stesse…


Le sconcertanti affermazioni della Palombelli ma anche la discutibile iniziativa dell’assessora sambenedettese Baiocchi rischiano di dare voce e ulteriore linfa a chi nega l’esistenza stessa dell’emergenza “femminicidi” o, quanto meno, il suo più profondo significato

E’ proprio vero che, come recita un vecchio detto popolare, le peggiori nemiche delle donne sono le donne stesse. A ricordarcelo ci ha pensato nei giorni scorsi Barbara Palombelli, con le sue allucinanti affermazioni sugli ultimi “femminicidi” (7 in 10 giorni…) nel corso della trasmissione di Rete4 “Lo sportello di Forum”. Ma anche, nelle settimane passate, l’assessora alle pari opportunità del Comune di San Benedetto del Tronto, Antonella Baiocchi, con la surreale e sconcertante inaugurazione della prima panchina “oltre il genere”, a coronamento di anni di attività che di fatto hanno svilito e umiliato quella che invece è una vera e propria emergenza nazionale. Per non parlare della parlamentare di Fratelli d’Italia Cinzia Pellegrino, con quel suo post “basta panchine rosse” (a sostegno dell’assessora sambenedettese) che probabilmente neppure il più incallito maschilista avrebbe avuto il coraggio di fare.

Per altro, tornando un po’ indietro nel tempo, anche alcune delle sentenze più inaccettabili su stupri e violenze sono state firmate da donne. Impossibile in queste vicende fare classifiche. Di certo, però, le parole pronunciate dalla Palombelli in tv rappresentano uno dei punti più bassi mai toccati dalla televisione italiana. Perché quelle parole sarebbero inaccettabili a prescindere. Ma, in questo caso, arrivano dopo che in pochi giorni sono state uccise ben 7 donne e semplicemente la fredda cronaca sarebbe ampiamente sufficiente per spazzare via i dubbi sollevati, in maniera assolutamente pretestuosa, dalla Palombelli. Che, per altro, è una giornalista e, quindi, dovrebbe almeno avere la decenza di verificare le informazioni prima di pronunciare simili parole (che, comunque, sarebbero da considerare delle colossali sciocchezze comunque).

Come se non bastasse, poi, invece di chiedere scusa per quanto affermato la Palombelli non solo ha provato a giustificare l’ingiustificabile ma, addirittura, si è risentita per l’inevitabile pioggia di critiche ricevuta. “Negli ultimi 7 giorni – ha affermato lady Rutelli in tv – ci sono state sette donne uccise presumibilmente da sette uomini. A volte però è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo anche dall’altra parte?”.

Affermazioni semplicemente allucinanti ed è ancora più sconcertante che la Palombelli non si sia resa conto della gravità di quelle dichiarazioni. In assoluto, perché ripropongono un cliché tristemente noto, che mira a trasformare la vittima (la donna) in qualche modo in corresponsabile di quanto avvenuto, negando in tal modo la vera matrice che caratterizza le violenze sulle donne, quel modello patriarcale che ancora resiste in diverse sacche di popolazione maschile che vede la donna come essere subordinato e da subordinare. Ma anche nello specifico perché i casi a cui fa riferimento la Palombelli, che come giornalista avrebbe quanto meno il dovere deontologico di informarsi e verificare i fatti prima di fare simili affermazioni, non hanno nulla a che fare con quelle folli riflessioni.

Perché innanzitutto quelle 7 donne sono state uccise sicuramente e non “presumibilmente” da uomini (lo sappiamo già con certezza, hanno tutti e 7 ammesso l’omicidio, che bisogno c’è di sollevare ancora dubbi?). Soprattutto, però, perché le loro storie raccontano ed evidenziano inequivocabilmente altro rispetto al folle dubbio sollevato dalla Palombelli. Tre di loro sono state uccise perché avevano deciso di separarsi (Ada Rotini il giorno prima dell’udienza), altre due vittime avevano già subito dal proprio carnefice violenza sessuale e stalking, un’altra è stata uccisa da un vicino di casa e una donna da un semplice conoscente che si era invaghito di lei.

E’ evidente che non è certo l’eventuale esasperazione o un improvviso raptus di follia alla base di quegli omicidi. E già solamente il porre quell’interrogativo, a fronte di fatti noti e certificati, è un gravissimo modo di distorcere la realtà. Ma al di là dei fatti, che semmai costituiscono un’aggravante, la domanda è follemente sbagliata in tutti i sensi possibili, non soltanto nella sua parte estrema e orripilante (“c’è stato un comportamento esasperante o aggressivo?”), quasi a voler in qualche modo giustificare la violenza subita dalla vittima.

Una riedizione per certi versi più cruenta del famoso “se l’è cercata” così tristemente in voga nei casi di violenza sessuale, con le sue differenti sfaccettature: “non doveva essere in giro a quell’ora”, “era vestita in maniera troppo provocante”, “non doveva dare confidenza ad estranei” ecc. Perché ripropone la distorta narrazione del raptus di follia, provocato appunto dall’esasperazione o dal temporaneo accecamento in persone solitamente inoffensive, con il conseguente inaccettabile sgravamento di responsabilità e, soprattutto, con la negazione assoluta di quella che abbiamo definito la matrice storica dei femminicidi (quasi a voler negare che esista il cosiddetto “femminicidio”).

In questa folle visione neppure si prende in considerazione il fatto che all’origine di queste vicende ci sia l’incapacità di accettare una realtà differente da quella vaneggiata dal vecchio modello culturale patriarcale ma si cerca di far passar il messaggio che in questi casi l’uomo agisce perché mosso da una sorta di forza superiore, quella follia che acceca e toglie ogni genere di razionalità o peggio ancora perché portato all’esasperazione dalla donna, dalla compagna.

Grande assente – commenta Selvaggia Lucarelli – la terza opzione: gli uomini uccidono le donne per senso del controllo, del possesso, per incapacità di accettare il rifiuto, perché sono figli di una cultura patriarcale e non sanno gestire la minaccia della perdita”. “La violenza familiare, l’incomprensione che acceca e rende assassini richiedono indagini accurate e ci pongono di fronte a tanti interrogativi. Stabilire ruoli ed emettere condanne senza conoscere i fatti si può fare nei comizi o sulle pagine dei social, non in tribunale. E anche in un’aula televisiva si ha il dovere di guardare la realtà da tutte le angolazioni” ha poi aggiunto la Palombelli su facebook nella più classica “toppa che è peggio del buco”.

I ruoli li assegna proprio la Palombelli quando attinge a piene mani dall’immaginario sessista per cui si, magari l’uomo ha esagerato però la donna certe volte ti ci porta, provoca, è una rompicoglioni o, appunto esaspera. In effetti le due donne ammazzate perché avevano deciso di separarsi sarebbero potute rimanere con i mariti anziché esasperarli con questa decisione aggressiva di riprendersi il loro diritto alla felicità. E chissà quanto deve essersela cercata Chiara Ugolini, ammazzata dal vicino di casa con tanto di straccio intriso di candeggina in bocca” replica la Lucarelli.

Nell’epoca dei social, dove ogni argomento, ogni vicenda, anche le più complesse e delicate, viene banalizzata e strumentalizzata, non stupisce certo che ci sia chi tenti di negare l’esistenza stessa dell’emergenza “femminicidi” o, quanto meno, il suo più profondo significato, la sua peculiarità. Stupisce di più che a farlo siano, però, siano delle donne stesse che, per il ruolo che ricoprono, possono comunque avere una certa influenza sull’opinione pubblica.

La Palombelli, appunto, ma anche l’assessora alle pari opportunità di San Benedetto Antonella Baiocchi che nell’agosto scorso ha inaugurato la prima panchina oltre il genere. “Non si nega il femminicidio e la violenza di genere, è un messaggio inclusivo per dare visibilità a tutte le vittime. Il ruolo di vittima appartiene a chiunque subisca prevaricazione e violenza” spiega l’assessora. “E’ una visione evidentemente falsata di un fenomeno sistemico come la violenza di genere e patriarcale – replica il collettivo transfemminista intersezionale piceno Liberә Tuttә – lo dicono le statistiche, i fatti di cronaca, la cadenza devastante ed esasperante con cui, giorno dopo giorno, giornali e telegiornali riportano le notizie di un massacro silenzioso o, comunque, troppo spesso sottovalutato. Così l’amministrazione comunale banalizza il tema della violenza, eliminando differenze e risolvendo tutto con un paternalistico quanto irrispettoso siamo tutti essere umani”.

Che la violenza vada condannata in quanto tale e che si debba favorire una cultura del rispetto è lecito – incalza l’Ordine degli psicologi delle Marche – ma può diventare superficiale se poi si trascura che, per quanto riguarda le donne, sia ampiamente riconosciuta la matrice storica del modello culturale patriarcale che ha radicato disuguaglianze e stereotipi nella società. Resistono ancora oggi sacche di popolazione che vedono la donna come essere subordinato e da subordinare”.

E, consapevolmente o meno, le “farneticazioni” della Palombelli e le strampalate iniziative dell’assessora Baiocchi non fanno altro che continuare a fornire linfa a quelle sacche di popolazione. Perché, come sosteneva Marcela Lagarde, “contribuiscono al femminicidio il silenzio sociale, la disattenzione, l’idea che ci sono problemi più importanti, il sostenere che non si tratta di femminicidio ma solo di crimini contro le donne e le bambine”…

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