La mannaia del governo Draghi si abbatte sul diritto allo studio


Rispetto al Pnrr di Conte, quello del governo Draghi infligge un duro colpo al diritto allo studio, dimezzando i fondi per le borse di studio ed eliminando l’allargamento della No Tax Area per l’esenzione dalle tasse universitarie. Meno fondi anche per gli alloggi universitari

Magari sarà anche esagerato Nicola Fratoianni nel sostenere che quello disegnato dal governo Draghi per il nostro paese è un futuro classista e discriminatorio. Di sicuro, però, la bozza del Recovery plan presentato e approvato nelle ore scorse dal Parlamento infligge un durissimo colpo al diritto allo studio e rischia seriamente di non garantire a tutti le stesse opportunità e possibilità, rendendo più profonde le diseguaglianze già presenti oggi. Probabilmente sarà vero e indiscutibile che si vede la mano di Super Mario e del governo dei migliori, che non c’è neppure paragone tra questa e la bozza che aveva presentato il precedente governo a guida Conte, come ripetono da giorni (in molti a casi “a prescindere”, cioè senza neppure averla analizzata seriamente) la maggior parte dei giornali italiani.

Non ci sono, invece, dubbi che per quanto riguarda il diritto allo studio associazioni universitarie e studenti erano decisamente più soddisfatti prima, con la bozza del governo Conte. Anzi, per la verità è corretto affermare che erano meno insoddisfatti perché in realtà avevano chiesto all’ex presidente del Consiglio un ulteriore sforzo. Invece il cambio a Palazzo Chigi almeno per loro si è rivelato deleterio perché, nonostante le dichiarazioni dello stesso Draghi in Parlamento, per quanto riguarda il diritto allo studio con il nuovo governo c’è un doppio pesante passo indietro.

L’intero piano è un investimento sul futuro e sulle giovani generazioni – ha affermato Draghi intervenendo alla Camera – abbiamo stanziato quasi un miliardo per gli alloggi studenteschi e 500 milioni di euro per le borse di studio per accedere all’università”. In effetti gli stanziamenti sono quelli citati dal presidente del Consiglio che, però, “casualmente” omette di sottolineare che, rispetto alla previsione precedente, quegli stanziamenti sono stati ridotti. E se per gli alloggi studenteschi la riduzione è minima (meno di 100 milioni), per quanto riguarda le borse di studio per accedere all’università (che indiscutibilmente è l’intervento con maggiore rilevanza sociale) i fondi sono stati quasi dimezzati.

Infatti nella bozza presentata da Conte erano stati stanziati 900 milioni per le borse di studio, mentre per lo sviluppo dell’edilizia per gli alloggi studenteschi lo stanziamento era superiore al miliardo di euro. Per altro negli incontri che si sono succeduti nei mesi scorsi, prima con il governo Conte, poi con il governo Draghi, le associazioni universitarie e studentesche avevano sempre sottolineato che i 900 milioni previsti nella prima bozza per le borse di studio erano assolutamente insufficiente, che era necessario aumentare notevolmente lo stanziamento. In tal senso le associazioni universitarie avevano ricevuto rassicurazioni dal precedente presidente del Consiglio, ma poi è arrivato Draghi che, non solo non aumentato, ma addirittura ha dimezzato i fondi per le borse di studio, senza ovviamente degnarsi di spiegare il perché di questa riduzione che rischia di avere conseguenze notevoli.

Perché, come evidenzia l’annuale rapporto della Rete Eurydice (“National Student Fee and Support System in European Higher Education 2020/2021”) la borsa di studio (insieme all’esenzione delle tasse universitarie) è uno strumento importante che può scoraggiare o incoraggiare l’accesso all’istruzione superiore e avere un enorme impatto sulla progressione e sui tassi di completamento degli studi. Non solo, la possibilità di accedere ad una borsa di studio per quasi il 50% delle famiglie con figli che frequentano l’università è decisiva ai fini della scelta della sede universitaria.

In particolare molto spesso ottenere una borsa di studio consente anche a ragazzi e ragazze che vengono da famiglie con redditi medio-bassi di poter scegliere serenamente la sede e la facoltà da frequentare, senza dover essere condizionati da eventuali problemi di reddito. A completare un quadro sinceramente inquietante, nel Pnrr del governo Draghi è stato completamente eliminato l’allargamento della No Tax Area per l’esenzione dalle tasse universitarie previsto nella bozza precedente. Un mix devastante, che rischia davvero di far sentire pesantemente i suoi effetti sulle classi sociali più deboli.

Questo nuovo PNRR purtroppo fa dei passi indietro sul piano del diritto allo studio rispetto alla bozza del precedente governo, che comunque ritenevamo non ancora pienamente sufficiente – afferma Lorenzo Morandi, coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario – sono stati quasi dimezzati i fondi per le borse di studio, ed è stato eliminato l’ampliamento della no tax area, la fascia di esenzione dalle tasse universitarie. Questo va nella direzione esattamente opposta rispetto a quanto auspicavamo negli incontri avuti con dei rappresentanti del Ministero dell’Università e della Ricerca all’inizio della primavera“.

Una decisione francamente incomprensibile, anche perché già da questo punto di vista la situazione italiana non era certo delle migliori, anzi. Il citato rapporto della Rete Eurydice del dicembre scorso, che offre una panoramica comparativa sui sistemi di tassazione e di supporto finanziario agli studenti dell’istruzione superiore in 43 sistemi educativi europei, aveva inserito l’Italia tra i peggiori paesi europei, cioè tra quelli che hanno un’alta percentuale di studenti universitari che pagano le tasse e una bassa percentuale di studenti che ricevono una borsa di studio.

Bisogna, poi, considerare che inevitabilmente le gravi conseguenze economiche della pandemia stanno già generando e rischiano di generare delle ulteriori gravi ripercussioni in tema di diritto allo studio. Per questo il coordinamento delle associazioni studentesche universitarie aveva rivolto un appello al governo, sostenendo che per rilanciare l’università dopo la pandemia “è necessario puntare sull’accessibilità, sul garantire a una maggiore platea di persone di poter accedere agli studi senza che vi siano ostacoli di natura economica”.

Per questo avevano chiesto di “azzerare le tasse universitarie, ampliando progressivamente la no tax area, come avviene già in molti paesi in Europa. E’ fondamentale potenziare ulteriormente il diritto allo studio, eliminando la gura degli idonei non beneficiari e aumentando la platea di studenti che usufruiscono delle borse di studio, tramite l’estensione delle soglie di reddito entro le quali ha diritto ad avere questi sostegni economici“.

Purtroppo, però, dal governo sono arrivati segnali e provvedimenti che vanno esattamente nel segno opposto e che, come sottolinea in maniera più che fondata Fratoianni, “invece di garantire a tutti e tutte le stesse opportunità e possibilità rende ancora più profonde le diseguaglianze di oggi”. Considerando che altri provvedimenti in discussione nel governo sembrano andare nella stessa preoccupante direzione, sorge il fondato sospetto che il “governo dei migliori” stia pian piano diventando il “governo dei più ricchi”…

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