Mega vitalizio anche ai condannati, la rivincita della “casta”


Formigoni è stato condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione, per aver dirottato centinaia di milioni alle strutture private di suoi “amici”. Ha fatto solo 5 mesi di carcere ed ora un vergognoso provvedimento della Commissione del Senato gli restituisce il vitalizio da 7 mila euro

Ci sono altre priorità”. Lo hanno ripetuto e continuano a ripeterlo da mesi il senatore Pillon e il leader del suo partito (la Lega) per giustificare l’indecente ostruzionismo che il Carroccio sta facendo al Senato per bloccare l’iter dell’approvazione del ddl Zan contro l’omotransfobia. In realtà avevamo già visto quali fossero questo irrimandabili priorità secondo la Lega, ad esempio la legge per riconoscere “Romagna mia” tra i valori fondanti della Repubblica. Ora, però, abbiamo scoperto che un’altra priorità del Carroccio è una delle “porcate” più ignobili degli ultimi decenni: la restituzione del mega vitalizio all’ex governatore della Lombardia (ed ex parlamentare) Roberto Formigoni e, di conseguenza, a tanti altri parlamentari condannati con sentenza passata in giudicato.

Il ripristino dei vitalizi per gli ex senatori deciso da questa Commissione è un’inaccettabile vergogna, un segnale disgustoso e vergognoso, la Lega è assolutamente contro” dichiarava il 26 giugno 2020 Matteo Salvini quando la Commissione del Senato aveva deciso di ripristinare l’inaccettabile privilegio per gli ex senatori. In quell’occasione dei 5 componenti della Commissione votarono a favore il presidente Caliendo (Forza Italia) e i due tecnici nominati dalla presidente Casellati (anche lei Forza Italia), Gianni Ballarani e Giuseppe Della Torre, mentre avevano votato contro il leghista Pillon e l’ex M5S Riccardi, proprio in quei giorni approdata al Carroccio. Ora, però, i due senatori della Lega, nell’ambito della Commissione Contenziosa del Senato, con una clamorosa giravolta hanno votato a favore della restituzione del vitalizio a Roberto Formigoni, insieme al presidente Caliendo (che quanto meno è coerente nell’indecenza).

Una vera e propria vergogna, uno dei punti più bassi toccati dalla politica italiana, la riaffermazione che chi parte della dorata “casta” dei parlamentari merita per “diritto divino” un trattamento differente, di assoluto favore, rispetto ai semplici cittadini. Se avesse un briciolo di coerenza, il leader del Carroccio Matteo Salvini dovrebbe immediatamente espellere dal suo partito i due senatori (ma siamo pronti a scommettere di tutto che non accadrà). Per altro il provvedimento che sarebbe già scandaloso in se, soprattutto da parte di esponenti di un partito che aveva più volte usato parole di fuoco contro i vitalizi, lo è ancor più perché restituisce quell’inaccettabile privilegio a chi ha commesso gravissimi reati. E non parliamo solo di Formigoni ma anche di altri politici condannati che beneficeranno della decisione della Commissione del Senato.

Tra questi l’ex governatore dell’Abruzzo Ottaviano Del Turco forse anche Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva a 7 anni (ne ha scontati 4 in carcere e 1 ai domiciliari) per concorso esterno in associazione mafiosa (e, per il momento solo in primo grado, a 12 anni per la trattativa Stato-mafia), lo stesso Silvio Berlusconi, per non parlare dell’ex ministro Francesco Di Lorenzo, uno delle figure di spicco nell’ambito di Tangentopoli (era ministro della sanità…). A togliere il vitalizio a loro e ad altri ex parlamentari (tra cui Cesare Previti, Toni Negri, Totò Cuffaro, Gianni De Michelis, Giulio Di Donato) ci avevano pensato nel 2015 i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, che, sulla scia della campagna di Libera che aveva raccolto più di 500 mila firme, avevano approvato in autodichia una delibera che prevedeva lo stop per i condannati in via definitiva per mafia, terrorismo e reati contro la Pubblicazione Amministrazione e per quelli con condanne superiori ai 6 anni.

Come vedremo in seguito proprio l’approvazione in autodichia della delibera è un aspetto fondamentale, che toglie ogni alibi e giustificazione a chi ha perpetrato questa autentica “porcata”. A favore votarono il Pd, la Lega, Fratelli d’Italia, Sel, mentre Forza italia e M5S non parteciparono al voto, ovviamente per motivi esattamente opposti (per i grillini si trattava di un compromesso al ribasso). La vicenda di Roberto Formigoni, già senza questa vergognosa decisione, era di quelle che fanno pensare che non c’è nulla da fare, che in questo paese la “casta” dei politici con tutti i suoi insopportabili privilegi resta comunque intoccabile. L’ex presidente della Regione Lombardia sta scontando, naturalmente a casa e con diverse libertà inaccessibili ad altri in detenzione domiciliare, una condanna a 5 anni e 10 mesi per corruzione.

Da governatore della Lombardia dirottava soldi pubblici, che dovevano essere utilizzati per la sanità pubblica, alle strutture private del San Raffaele e della Maugeri, ottenendo in cambio soldi e benefici di vario tipo. Secondo quanto hanno ricostruito i giudici sono più di 100 i milioni dirottati alle due fondazioni private, dalle quali poi Formigoni ha ricevuto tra soldi e benefici vari circa 10 milioni di euro). La condanna originariamente era a 7 anni e 6 mesi ma poi in Cassazione è stata ridotta a 5 anni e 10 mesi perché per quanto riguarda i fondi pubblici dirottati al San Raffaele è arrivata la prescrizione.

Oggi purtroppo la pandemia ha mostrato in maniera sin troppo drammatica la condizione in cui versa la sanità pubblica in Lombardia, privata da anni di centinaia e centinaia di milioni a favore dei privati, in maniera lecita ma, come nel caso di Formigoni, anche e soprattutto in maniera illecita. E proprio l’ex presidente di Regione è uno dei principali responsabili di questa situazione, però nonostante tutto viene trattato in maniera assolutamente privilegiata. Basterebbe pensare che Formigoni ha fatto appena 5 mesi di carcere, poi è stato mandato agli arresti domiciliari con un provvedimento a dir poco discutibile nel quale poco ci mancava che si chiedesse gli si chiedesse scusa.

Per comprendere come in questo paese la legge non è per nulla uguale per tutti, Dana Lauriola, portavoce del movimento “No tav”, condannata a 2 anni di carcere per un semplice blocco stradale, si è fatta oltre 8 mesi di carcere prima di vedersi concedere la detenzione domiciliare, nella forma più restrittiva con una serie di divieti fortemente limitativi e con un provvedimento nel quale il giudice di fatto ha quasi chiesto che la Lauriola non esprima più le sue posizioni. Sarà anche una considerazione demagogica e un po’ populista, ma è semplicemente inaccettabile che in questo paese possa essere considerato molto più grave un blocco stradale che rubare centinaia di milioni di soldi pubblici alla sanità pubblica, con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Ed è ancor più inaccettabile che ora, addirittura, a chi ha commesso simili reati venga restituito un vitalizio di circa 7 mila euro al mese, pagato con i soldi dei cittadini. Quegli stessi soldi che Formigoni ha utilizzato per “foraggiare” i suoi amici, ottenendo in cambio milioni e privilegi. Per altro, visto la confusione che continua ad esserci (alimentata anche, volutamente o per ignoranza, da parte della stampa) è bene ricordare che i vitalizi sono cosa differente dalle pensioni, sono un ulteriore privilegio che viene garantito agli ex parlamentari, non seguono il sistema retributivo o quello contributivo e la loro spesa non grava sul bilancio dell’Inps ma su quello degli organi costituzionali di cui il beneficiario faceva parte (nel caso di Formigoni il Senato).

Per altro è opportuno ricordare, vista la situazione, che i vitalizi non sono certo previsti dalla Costituzione. Che, però, in virtù del principio dell’autodiachia,  consente alle Camere di organizzarsi autonomamente. Per chi non lo sapesse l’autodichia è la facoltà, di cui godono alcuni organi costituzionali, di decidere autonomamente ed in deroga al principio di separazione dei poteri i ricorsi avanzati dai propri dipendenti avverso atti di amministrazione prodotti dagli organi stessi. Tutto ciò che concerne i vitalizi, dalla loro introduzione nel 1954 alla delibera Boldrini-Grasso in merito alla sospensione per i parlamentari condannati in via definitiva, è stato deciso e si basa proprio in virtù del principio dell’autodichia.

E’, quindi, completamente infondata la giustificazione che i membri della Commissione Contenziosa del Senato hanno provato a dare per giustificare quell’autentica “porcata”, cioè il fatto che si sono limitati ad applicare la legge, in particolare l’art. 18 bis della legge 26/2019 (sul reddito di cittadinanza) che consente la sospensione dei trattamenti previdenziali solo ai condannati per i casi di mafia, terrorismo ed evasione. L’abolizione del vitalizio (come, d’altra parte, anche la sua introduzione) non è stata ordinata con una legge ma con una delibera in autodichia e a quell’istituto di autogoverno doveva rifarsi la Commissione per decidere.

Per altro la storia del Parlamento italiano del secondo dopoguerra racconta come ci si è rifatti al principio dell’autodichia sempre per attribuire ulteriori “odiosi” privilegi ai parlamentari. Invece ora che, probabilmente per la prima volta, doveva essere usata per un più alto senso di giustizia, guarda il caso viene improvvisamente ignorata. Sancendo, così, la prepotente rivincita della casta…

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