Regione senza guida, l’ora più buia per le Marche


In  24 ore Acquaroli è passato dal più sfrenato ma immotivato ottimismo, al più profondo scoramento, fuori luogo visto l’evolversi della situazione. Che resta critica, soprattutto per la pressione ospedaliera, ma si vedono i primi effetti della (ritardata) zona rossa…

E’ difficile capire se sono più sconfortanti i dati covid delle Marche di mercoledì 31 marzo o le dichiarazioni di commento a quei dati fatte dal governatore marchigiano Acquaroli. Molto più semplicemente, unendo i due fattori, è impossibile non lasciarsi prendere dal più profondo sconforto, anche se in fondo in entrambi i casi non si tratta purtroppo di una sorpresa. Perché dopo i “disastri” commessi nelle settimane scorse si sapeva perfettamente (lo avevamo più volte scritto e comunque avremmo di gran lunga voluto ammettere di aver clamorosamente “toppato” invece che dover amaramente constatare che ci abbiamo preso in pieno…) che almeno fino a Pasqua la situazione nella nostra regione sarebbe stata piuttosto complicata.

Per altro se si analizzasse con serietà l’andamento dei dati (ma non si può certo pretendere che lo faccio il governatore marchigiano, troppo complicato per lui…) si scoprirebbe che in effetti gli effetti della zona rossa si iniziano a vedere, semplicemente l’intervento della Regione è stato decisamente tardivo, i numeri erano chiari e tali da richiedere provvedimenti seri già nella seconda metà di febbraio. Quegli stessi dati dicono che quelle regioni che si sono mosse prima, con settimane di anticipo rispetto alle Marche, sono ora in una situazione decisamente migliore. E’ sconfortante che a non rendersene conto sia proprio il presidente della Regione, ma al tempo stesso è sin troppo significativo. Senza troppi giri di parole, è l’ennesima dimostrazione di come l’attuale governatore e la sua giunta siano assolutamente inadeguati in un momento come quello che purtroppo stiamo vivendo.

Buongiorno a tutti – scrive Acquaroli mercoledì 31 marzo – dopo alcuni giorni della settimana in cui la curva pandemica sembrava rallentare, il dato di oggi con oltre 800 positivi ci riporta addirittura indietro di due settimane, nel mezzo del picco della pandemia. Speriamo che sia un dato sporadico perché altrimenti si rischia di compromettere il passaggio della nostra Regione nella fascia meno restrittiva. Mi appello a tutti a continuare ad avere la massima attenzione, imposta dalla pressione sanitaria nei nostri ospedali ma anche dalla necessità di uscire quanto prima da queste restrizioni così pesanti. La Regione non ha alcuno strumento di intervento davanti a dati che ci condannano nella cabina di regia. È dura e difficile per tutti ma cerchiamo di essere scrupolosamente attenti nella nostra quotidianità”.

Solo il giorno precedente, nel corso del Consiglio regionale, lo stesso Acquaroli aveva invece manifestato tutto il suo ottimismo, sostenendo che i numeri delle Marche erano da zona arancione. Solo 24 ore dopo lo stupore tipico di chi non conosce (o non capisce) la situazione della sua regione (trattandosi del presidente della Regione è un tantino preoccupante…) e l’ennesimo imbarazzante passo indietro. Ormai una prassi per il governatore marchigiano che da fine gennaio continua a fare previsioni ottimistiche, sulla base di “visioni” dal suo mondo virtuale (dove da gennaio la curva del contagio è in calo ogni settimana, peccato che in quello reale avviene esattamente l’opposto), puntualmente smentite dai fatti.

Il problema è che con il passare del tempo si rafforza la convinzione che dietro questo atteggiamento non ci siano mere ragioni di propaganda ma, più semplicemente, una profonda incapacità nel comprendere e gestire le dinamiche di questa pandemia. Cosa decisamente più grave, perché le ragioni di propaganda si possono mettere da parte di fronte ad una situazione grave come quella delle Marche, l’incapacità invece resta. D’altra parte basterebbe pensare che Acquaroli, dopo tutto questo tempo, ancora non si è reso conto che nella determinazione dei colori di ogni regione, incide pesantemente anche la pressione ospedaliera, nelle Marche da settimane ai massimi livelli e in costante crescita. A metà marzo eravamo a 834 ricoveri ordinari e 131 in terapia intensiva, mercoledì 31 marzo siamo rispettivamente a 949 e 146.

E’ incredibile che il governatore marchigiano non si renda conto che, con simili numeri, è semplicemente folle parlare o sperare nel passaggio da rosso ad arancione. Soprattutto, però, Acquaroli dovrebbe riflettere sul fatto che se ci troviamo in questa situazione è anche a causa di quello che ha fatto in questi mesi. Quando praticamente non ne ha azzeccata una, sia nella predisposizione degli interventi per arginare i contagi sia nella gestione delle strutture ospedaliere, per altro avendo a disposizione, soprattutto su questo secondo punto, l ‘esperienza positiva della precedente giunta regionale.

Invece, per mera ripicca politica, si è voluta seguire una strada differente nella gestione degli ospedali, con le conseguenze nefaste che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti. L’incapacità di comprendere a pieno le dinamiche della pandemia ed il timore di prendere decisioni che inevitabilmente sono impopolari hanno fatto il resto, con tutti i provvedimenti adottati che sono sempre arrivati in estremo ritardo rispetto al necessario (dalla chiusura delle scuole alla zona rossa nella provincia di Ancona, fino all’estensione della zona rossa stessa alle altre province).

In tal senso i grafici di “Pillole di ottimismo”, sulla base dei dati ufficiali forniti dal ministero della salute, sono sin troppo eloquenti. Ed evidenziano, ad esempio, come già a febbraio la situazione fosse critica nella provincia di Ancona, con il numero di nuovi casi ogni 100 mila abitanti già all’epoca ben sopra la soglia limite di 250 (ampiamente sopra 300). Però l’ordinanza di Acquaroli per la zona rossa (dopo l’ordinanza farsa di fine febbraio) è arrivata solo ad inizio marzo, quando quel dato era sopra quota 500.

Per altro in quegli stessi giorni anche le province di Pesaro, Fermo e Macerata erano sopra la soglia limite di 250, quindi già all’epoca dovevano finire anche loro in zona rossa (che invece è arrivata solo una decina di giorni dopo). Per altro oltre a non comprendere le dinamiche del virus, Acquaroli sembra non vivere nelle Marche, visto che è l’unico che non si rende conto di quello che accade realmente nel territorio marchigiano. Dove, purtroppo, non sembra certo di essere in zona rossa, con sempre tantissime persone in giro e ancora aperture diffuse. Basterebbe, ad esempio, pensare a tutti gli eventi e le manifestazioni sportive dilettantistiche che continuano a svolgersi regolarmente e che ogni fine settimana coinvolgono e mettono in moto migliaia tra atleti, tecnici e accompagnatori che non vengono sottoposti in alcun modo ad alcun controllo, se non con una semplice autocertificazione.

I risultati si sono già visti, non sono mancati focolai legati proprio ad eventi sportivi nelle Marche. In altre regioni, quando i dati sono diventati tali da far scattare la zona rossa, diversi governatori con un’ordinanza hanno sospeso tutti gli eventi e le manifestazioni sportive ad esclusione di quelli professionistici (o simili). Acquaroli, invece, non interviene, resta a guardare e, poi, ha anche il coraggio di dichiarare che “la Regione non ha alcuno strumento per intervenire”. “Caro presidente lei ha moltissimi strumenti – replica la consigliera regionale Anna Casini – molti di più di quelli che avevamo noi, un anno fa, quando si potevano processare solo 20 tamponi ogni 24 ore: chiusure preventive, tracciamento, vaccini, controlli sul territorio, esperienza. Il virus non è una novità, siamo in questa condizione da più di un anno e lo scarica barile è inammissibile”.

Per altro è opportuno sottolineare anche che quelle dichiarazioni sono anche estremamente incaute perché rischiano di generare (come in effetti in parte è accaduto, basta leggere post e commenti sui social) il sospetto (che per qualcuno è una convinzione a prescindere) che restrizioni e sacrifici non servano a nulla. Comprensibile, visto che dopo un anno così difficile inevitabilmente siamo tutti stanchi e allo stremo, ma estremamente pericoloso (per le conseguenze che potrebbero derivarne) e assolutamente fuorviante. Perché sempre i grafici di “Pillole di ottimismo” dimostrano esattamente il contrario. La zona rossa, pur se con i “buchi” di cui sopra, ha bloccato la crescita esponenziale della curva dei contagi e lentamente (come è da sempre noto) sta facendo sentire i suoi effetti.

Ad inizio marzo, ad esempio, le Marche avevano circa 350 nuovi casi ogni 100 mila abitanti, con la curva ancora in crescita. La provincia di Ancona era addirittura sopra quota 500, quella di Macerata poco sotto 400 (388 per la precisione), Pesaro intorno a 315, Fermo poco sotto 300 (288) e solamente Ascoli era di poco (219) sotto la soglia limite (250). Al 31 marzo il dato complessivo delle Marche è sceso ed è di pochissimo sopra la soglia limite (257), Macerata è a 303, Ancona 267, Pesaro 258, Ascoli 180 e Fermo 162.

Il lento miglioramento c’è, anche se per pensare di tornare arancioni devono iniziare a migliorare anche i dati sulla pressione ospedaliera. In un caso e nell’altro la situazione sarebbe decisamente migliore se solo Acquaroli si fosse mosso per tempo (ad inizio febbraio ad Ancona, a fine febbraio nel resto della regione). Invece di continuare a sproloquiare a caso, il governatore marchigiano dovrebbe riflettere su questo (e magari imparare la lezione, se possibile…). Soprattutto, però, dovrebbe impegnarsi per cambiare passo con le vaccinazioni.

I dati ufficiali da giorni ci dicevano già che le Marche sono tra le regioni che sono più indietro, nelle ore scorse, poi, sono arrivati i numeri ufficiali del Gimbe che addirittura relegano la nostra regione all’ultimo posto per percentuale di popolazione vaccinata. In altre parole, un disastro a 360 gradi…

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