“Figuracce” europee e campionato senza regole, il calcio italiano “nel pallone”


L’incapacità di Lega e Federazione hanno lasciato il campionato in balia della schizofrenia della autorità sanitarie locali, con regole interpretate differentemente di volta in volta e un’inaccettabile disparità di trattamento. Per non parlare della sentenza sul caso tamponi

Aggrappati alla nazionale di Mancini. In uno dei periodi più bui e più difficili della sua storia, dopo l’ennesima settimana nera dei club in Europa e con il campionato che va avanti nel più completo caos, al calcio italiano non resta che aggrapparsi agli azzurri, vittoriosi nell’esordio alle qualificazioni mondiali contro l’Irlanda del Nord e che questa estate andranno a caccia di un risultato di prestigio ai campionati europei. Troppo presi dalle solite puerili discussioni da ultras e da imbarazzanti scontri di campanile, continuiamo a non renderci conto che il nostro campionato da tempo non è tra i più appetibili e che le nostre squadre di vertice giocano un calcio inguardabile. Che è sufficiente nel campionato ad avere la meglio su squadre di seconda e terza fascia per l’evidente differenza tecnica ma che poi in Europa ci espone a risultati e “figuracce” come quelle a cui abbiamo assistito anche quest’anno, in particolare delle due squadre che dovrebbero essere le più rappresentative.

Parliamo innanzitutto dell’Inter, in testa alla classifica, addirittura eliminata al primo turno dalla Champions League (e fuori anche dall’Europa League), ultima in un girone in cui c’erano squadre tra le più modeste del lotto delle partecipanti alla Champions, come il Borussia Monchegladbach (al decimo posto in Bundesliga) e lo Shakhtar Donetsk, con anche l’umiliazione di essere “scherzata” a san Siro dalle riserve del Real Madrid. Ma anche alla Juventus che ha vinto per 9 anni consecutivi il tricolore e che ha portato a Torino Ronaldo per dare l’assalto alla Champions, sbattuta fuori agli ottavi di finali lo scorso anno dal Lione, quest’anno dal Porto, in entrambi i casi la squadra più debole delle 16 presenti agli ottavi.

Non meno imbarazzante l’eliminazione in Europa League del Napoli ad opera del Granada, ottavo nella Liga, con ora solamente la Roma a rappresentare l’Italia nei quarti di finale. Ma se ai rovesci europei purtroppo siamo ampiamente abituati, la disarmante novità di quest’anno è quella di un campionato già da anni poco o per nulla avvincente ma che in questa stagione, inevitabilmente complicata dal covid, procede nella più totale confusione, tra regole e norme che cambiano o vengono interpretate differentemente di volta in volta, senza una guida autorevole in grado di intervenire per fermare tutto e provare a ridare un briciolo di credibilità, in balia del comportamento schizofrenico e incredibilmente incoerente delle varie autorità sanitarie locali.

Un caos già evidente da tempo ma che gli ultimi eventi dei giorni scorsi (dall’assurdo rinvio di Inter-Sassuolo all’imbarazzante sentenza sul caso tamponi che coinvolge la Lazio) hanno confermato in maniera sconfortante. E’ bene innanzitutto specificare, conoscendo le dinamiche che poi scaturiscono tra tifosi a cui purtroppo si adegua troppo spesso l’informazione sportiva italiana, che quando si afferma che l’attuale campionato non ha più credibilità o, addirittura, è giusto considerarlo falsato non si vuole in alcun modo sostenere che si sia volutamente favorire una squadra piuttosto che un’altra. E, per essere ancora più chiari, ancor meno si vuole intendere che l’Inter che è in testa alla classifica e che, salvo improbabili rovesciamenti, si avvia a vincere (meritatamente) il campionato sia ad un passo dal traguardo per una qualche decisione dall’alto.

Bisogna provare ad uscire dalla visione distorta e manichea tipica degli ultras e, soprattutto, occorre ricordare che non c’è solo la lotta per lo scudetto ma anche quelle, non meno importanti, per i piazzamenti Champions (fondamentale per il prestigio ma anche economicamente), per l’Europa League e per la salvezza. In altre parole, il concetto di campionato poco credibile o falsato non deve essere visto nella solita ottica delle 3-4 squadre di vertice ma in maniera più globale. Partendo da un presupposto molto semplice e chiaro. Che una qualsiasi competizione sportiva per risultare credibile deve necessariamente garantire la ferrea applicazione di norme e regolamenti identici per tutti i partecipanti. Ed è altrettanto evidente che se ciò non accade, se alcune norme sono rispettare solo da alcuni e non da tutti i partecipanti, se ad identica situazione si applicano regole e comportamenti assolutamente differenti, la competizione stessa non è più credibile, è decisamente falsata.

In genere nell’Italia del calcio accecata dal tifo quando si parla di campionato “falsato” il riferimento va sempre a presunti torti o favori arbitrali che, nel tipico stile complottistico, non sarebbero certo dovuti al caso, al fatto che ovviamente i direttori di gara possono sbagliare (e anche il Var non ha certo messo fine agli errori e, tanto meno, alle polemiche) ma ad un qualche disegno prestabilito volto a favorire questa o quell’altra squadra. Congetture e esasperazioni tipiche dei tifosi, troppo spesso alimentate dalla compiacenza della stampa. Questa volta, però, la situazione  è completamente differente, a pesare sulla regolarità del campionato sono decisioni assunte “a tavolino” che di fatto creano delle enormi e clamorose disparità di trattamento tra le varie squadre della serie A.

Qualcosa di vagamente simile nella storia recente del campionato italiano era accaduto solo nella stagione 2000-2001 quando la Corte Federale decise inspiegabilmente di cambiare le norme sugli extracomunitari a 6 giornate dalla fine. La regola di inizio stagione prevedeva, infatti, che se ne potessero tesserare al massino 5 ma che non più di 3 potevano essere inseriti nell’elenco ufficiale di ogni partita. Invece a 6 giornate dal termine, con ancora tutti i traguardi in discussione, l’incredibile decisione che di fatto ha finito per avvantaggiare in maniera evidente alcune squadre rispetto ad altre. Come la Roma che alla fine si aggiudicherà il tricolore, con 2 punti di vantaggio sulla Juventus, anche grazie al pareggio in rimonta contro i bianconeri ottenuto inserendo proprio i due extracomunitari che fino alla domenica precedente sarebbero dovuti finire in tribuna.

Ma anche il Parma, favorito a scapito dell’Inter nella corsa alla Champions, o il Milan che riuscirà così a strappare il pass Uefa ad Atalanta e Fiorentina. Questa volta, invece, alla base del caos che sta condizionando il campionato c’è ovviamente il covid. Per consentire di far partire e provare a portare a termine il campionato, ad inizio stagione era stato previsto un protocollo che, cercando innanzitutto di tutelare la salute di calciatori e staff tecnico, poneva comunque le condizioni per consentire ad ogni squadra di continuare ad allenarsi e a giocare anche in presenza di casi positivi nel gruppo squadra. Alla base di tutto il principio, condiviso da tutti i club, sempre fatto salvo il prioritario concetto della tutela della salute, di considerare le assenze per covid alla stregua di quelle per infortunio, lasciando ad ogni società la possibilità di chiedere una volta sola il rinvio di una partita, ovviamente nel caso di un numero elevato di contagi nel gruppo squadra.

E’ quello che è accaduto fino al caso Juventus-Napoli, o meglio fino alla sentenza del tribunale del Coni che ha cancellato il 3-0 a tavolino e ha completamente cambiato la prospettiva, lasciando il campionato in balia della schizofrenia delle autorità sanitarie locali e aprendo la strada ad una difformità nel trattamento di situazioni identiche che, di fatto, ha mandato all’aria la credibilità del campionato stesso. Senza entrare nel merito del caso Juventus-Napoli, il gravissimo torto della Lega e della Federazione è stato quello di non intervenire, di non avere il coraggio di fermare tutto dopo la sentenza del Coni, ripensando ad un protocollo che evitasse quella disparità di trattamento che, poi, puntualmente si è verificata. E che ha determinato la paradossale situazione di squadre costrette comunque a giocare con un numero di assenze per covid superiori rispetto ad altre squadre che, invece, hanno potuto rinviare la partita. In questi casi il pensiero va sempre alle squadre di vertice, alla lotta per lo scudetto e quindi si fa riferimento al Milan che ha dovuto giocare senza diversi titolari la sfida con la Juventus (a sua volta priva di alcuni giocatori) o agli stessi bianconeri che sono andati a giocare a Milano con l’Inter con diverse defezioni per covid.

Ma la disparità riguarda anche e soprattutto la lotta per la salvezza, con Parma e Cagliari, ad esempio, costrette a giocare con tante assenze per covid, mentre il Torino ha potuto rinviare due partite. Ma trattamento differente anche per l’Atalanta e la Roma rispetto al Napoli e per altre squadre ancora. Certo su tutto pesa il comportamento incomprensibile delle autorità sanitarie locali che meritano un discorso a parte. Difficile, ad esempio, capire la logica di quella della Campania che nello stesso fine settimana in cui ferma la trasferta del Napoli a Torino (contro la Juventus) lascia liberamente partire il Napoli Primavera per Lecce e la Salernitana per Verona (contro il Chievo) nonostante le due squadre avessero un numero di positivi maggiore rispetto alla formazione di Gattuso. Discorso per certi versi simile per l’Ats di Milano che non ha ritenuto opportuno intervenire con un numero di positivi decisamente superiore rispetto a quelli che hanno determinato lo stop ad Inter-Sassuolo, per altro limitato a 48 ore.

Stessa situazione a Torino, con differenti decisioni in situazione identica tra Torino e Juventus. Ci sarebbe molto da dire sul comportamento delle autorità sanitarie locali ma resta il punto fondamentale che Federazione e Lega avrebbero dovuto e potuto evitare questo caos, intervenendo a tempo debito. In realtà  vertici del calcio ci hanno messo del proprio per peggiorare ulteriormente la situazione. Innanzitutto con una programmazione delle partite cervellotica e priva di senso che ha finito per penalizzare alcune squadre (emblematico il caso della Roma in vista delle prossime partite di Europa League).

Ma anche e soprattutto con un’inaccettabile disparità di trattamento in ambito di giustizia sportiva. Clamoroso, a tal proposito, è il caso tamponi che ha coinvolto la Lazio, accusata di aver nascosto la positività di alcuni giocatori, mettendoli a referto (e in campo) nelle partite contro il Torino e contro la Juventus. La sentenza di prima grado ha giudicato la Lazio colpevole, con pesanti squalifiche per il presidente Lotito (7 mesi) e i medici sociali (un anno) e di conseguenza avrebbe dovuto decretare il 3-0 a tavolino per entrambe le partite, con eventuale ulteriore penalizzazione in classifica, come imporrebbe il regolamento.

E come era avvenuto ad inizio campionato, quando la Roma venne punita con il 3-0 a tavolino (nella partita d’esordio a Verona) e un punto di penalizzazione (poi tolto riconoscendo la buona fede della società giallorossa) per aver erroneamente inserito il 23enne centrocampista Diawara nella lista degli under 22. Un errore veniale ma che di fatto ha determinato l’irregolare presenza del giocatore giallorosso nella lista ufficiale della partita. Esattamente quello che è accaduto, evidentemente con presupposti decisamente più gravi, in occasione delle partite Torino-Lazio e Lazio-Juventus. Stessa situazione, differenti decisioni. L’ultima “mazzata” su un campionato già per nulla credibile…

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