Cronaca di un peggioramento annunciato (in attesa del miracolo dei “migliori”)…


Come previsto dai tanto vituperati esperti, che hanno inutilmente chiesto interventi preventivi, la situazione in Italia è precipitata. Con il governo di Super Mario Draghi che arranca e, esattamente come il precedente, rincorre e non riesce ad anticipare il virus

Dovrebbe arrivare nelle prossime ore la decisione del governo, sulla scorta delle indicazioni che usciranno dall’incontro chiesto dalla cabina di regia del ministero della salute con il Comitato tecnico scientifico, sulle ulteriori restrizioni da adottare per far fronte ad una situazione che si è fatta estremamente preoccupante. Lunedì 8 marzo è stata superata la soglia dei 100 mila morti che, però, al di là dell’impatto psicologico che provoca, purtroppo non è certo il dato più preoccupante. Al di là del costante aumento del numero di nuovi positivi, della crescita su tutto il territorio nazionale dell’indice Rt, ci sono i numeri che arrivano dagli ospedali, con il costante aumento dei ricoveri ordinari e di quelli in terapia intensiva, che spaventano. Con la campagna di vaccinazione che procede a rilento, il quadro è decisamente fosco e rende inevitabili nuove restrizioni. Secondo quanto riportato da tutti gli organi di informazioni, ormai il ventaglio delle ipotesi si è ristretto a due alternative.

Da un lato c’è quella di tre settimane di lockdown generalizzato e diffuso per provare a vaccinare più persone possibili, dall’altro quella della stretta dei parametri che farebbero entrare un territorio in zona rossa, con le conseguenze che ne deriverebbero, oltre alla riproposizione di alcuni dei provvedimenti adottati a Natale, come la zona rossa diffusa nei week end e un ulteriore anticipo dell’orario del cosiddetto coprifuoco (alle 20 o addirittura alle 19). Al di là di tutte le considerazioni che da più parti vengono avanzate per spiegare quale delle due strade il governo è intenzionato a seguire, un dato appare certo: la decisione finale verrà adottata sulla base della consapevolezza da parte dell’esecutivo sulle concrete possibilità che ci sono di accelerare nelle prossime settimane con le vaccinazioni.

Perché è del tutto evidente (e per molti, soprattutto per gli esperti, lo è da tempo) che la soluzione migliore per evitare il peggio è il lockdown generalizzato per 3 settimane. Che, però, per essere “digerito” necessariamente deve essere accompagnato da una concreta impennata, un’accelerazione decisa della campagna di vaccinazione. Ed è chiaro che se il governo Draghi non è certo (come appare evidente) che l’agognata accelerazione ci possa essere a breve, difficilmente sceglierà la strada sicuramente più dura ma, altrettanto certamente, quella che appare indiscutibilmente la più efficace.

Vedremo nelle prossime ore, nell’attesa alcune considerazioni sulla situazione che si è determinata nel nostro paese sono necessarie, partendo dal dato di fatto indiscutibile che tutto si può dire meno che l’evoluzione così negativa a cui assistiamo in questi giorni non era stata ampiamente prevista. E che purtroppo in questo paese l’esperienza passata non insegna mai nulla. Già nei giorni delle festività natalizie, anche e soprattutto sulla scorta di quanto stava accadendo nella maggior parte dei paesi europei, virologi, epidemiologi, infettivologi e tutti gli esperti che in questo lungo anno abbiamo imparato a conoscere erano concordi nel ritenere inevitabile un evolversi fortemente negativo della situazione nel nostro paese.

Per questo, per limitarne e attenuarne le conseguenze, già da allora chiedevano un immediato inasprimento delle restrizioni finanche un lockdown di 15-20 giorni. Richieste e appelli che con il passare dei giorni, tra la scoperta che ormai la variante inglese era presente nel nostro territorio e la risalita di tutti i dati, si sono fatte sempre più pressanti ma che sono cadute nel vuoto. Non solo, esattamente come era accaduto questo estate, hanno provocato la reazione scomposta e scocciata di una parte dell’opinione pubblica che non ha per nulla gradito e, anzi, ha chiesto in qualche modo di silenziare quegli esperti, nel più classico e puerile “occhio non vede, cuore non duole”.

Non solo, in quelle stesse settimane, mentre anche agli occhi dei meno esperti era sin troppo evidente la china che stava prendendo la situazione, si moltiplicavano le discussioni e le polemiche da parte di chi chiedeva invece di riaprire tutto, dalle piste di sci ai locali, e poi bar e ristoranti anche di sera, con tanto di eliminazione o quanto    meno riduzione dell’orario del coprifuoco. Purtroppo non c’erano molti dubbi in proposito, ma è del tutto evidente che ora siamo esattamente nella situazione molto critica che quegli “insopportabili” esperti avevano ampiamente previsto e che magari si sarebbe potuta evitare se solo gli avessimo dato ascolto.

A prescindere dalle legittime simpatie politiche di ognuno, è poi innegabile che se la situazione nel nostro paese è ora così critica in gran parte è dovuto alla “folle” (per il periodo che stiamo vivendo) crisi di governo che si è aperta e che di fatto ha lasciato l’Italia, in un momento così difficile, praticamente senza un governo in grado di assumersi importanti e necessarie responsabilità per circa 2 mesi. Poi ognuno può legittimamente, in base alle proprie simpatie politiche, attribuire ad una o all’altra parte le principali responsabilità della crisi. Ma è un dato di fatto innegabile che la mancanza di un governo pienamente operativo in questo momento così delicato ha avuto effetti e conseguenze devastanti.

Servivano interventi decisi e immediati che, ovviamente, solo un esecutivo forte e legittimato ad operare poteva assumere. Come si ricorderà le dimissioni delle ministre di Italia Viva, che di fatto hanno ufficialmente aperto la crisi, sono state annunciate il 13 gennaio ma già da diversi giorni l’attività del governo era bloccata dalle ipotesi di crisi. Il nuovo governo guidato da Draghi ha giurato il 13 febbraio, ottenendo poi la fiducia del Parlamento (prima il Senato, poi la Camera) il susseguente 19 febbraio.

Ovviamente il covid non ha certo atteso il nuovo governo, tutto quel tempo perso, quelle settimane in cui sarebbe stato fondamentale intervenire per evitare il peggio, ma non si è potuto fare perché non c’era un esecutivo in grado di poterlo fare (e con il clima politico che c’è in questo paese era impensabile che il governo uscente andasse oltre l’ordinaria amministrazione), pesa e peserà non poco nell’evoluzione della pandemia. Per altro, pur con tutte le giustificazioni del caso, anche il nuovo governo non che abbia dimostrato una particolare tempestività nell’intervenire, anzi, se siamo al punto che solamente ora, dopo aver approvato il primo Dpcm che è quasi un copia e incolla di quelli del governo Conte, si sta discutendo su quali inevitabili  ulteriori restrizioni è necessario adottare, è evidente che il nuovo esecutivo per il momento non mostra certo quella rapidità di decisione che invece sarebbe quanto mai necessaria.

Se c’è una cosa che in quest’anno alle prese con la pandemia si è capito con chiarezza è che l’evoluzione del virus andrebbe anticipata, non certo rincorsa. Esattamente il contrario di quello che in parte è avvenuto in Italia e che continua ad avvenire, per certi versi addirittura in termini peggiori, anche ora. Altro aspetto che è già emerso con assoluta chiarezza (ma che è sorprendente solo per chi vive in una realtà virtuale che non è neppure lontana parente del mondo reale del nostro paese) è che il mito, costruito da giornali e alcune forze politiche, del fuoriclasse al comando che decide tutto autonomamente, con i partiti che sostengono il governo costretti ad adeguarsi, è già ampiamente svanito, almeno per quanto riguarda la gestione della pandemia.

Anzi, proprio le differenti sensibilità tra i partiti (con la Lega soprattutto ma anche Forza Italia allergiche a troppe restrizioni, mentre M5S e Pd sostengono la linea del massimo rigore) rappresenta un ostacolo non da poco, con il presidente del Consiglio costretto nella difficile opera di mediazione che inevitabilmente fa perdere ulteriore tempo. In altre parole, l’accozzaglia di governo da questo punto di vista presenta non pochi aspetti negativi, non fosse altro per il fatto che contribuisce ulteriormente a rallentare interventi che, invece, dovrebbero essere quanto mai tempestivi.

Più in generale, poi, queste prime settimane del nuovo governo stanno dimostrando che, nelle modalità di affrontare alla pandemia, al di là delle chiacchiere e delle solite speculazioni politiche in gran parte la linea dell’esecutivo non si discosta da quella, criticatissima, del governo precedente. Emblematico, in tal senso, quello che sta accadendo proprio in queste ore, cioè la necessità di adottare provvedimenti ulteriormente restrittivi, ad inequivocabile dimostrazione che di fatto il nuovo Dpcm approvato nei giorni scorsi è già superato e insufficiente. Esattamente come è accaduto spesso al governo Conte.

Discorso analogo per le chiusure, così contestate prima, ma ora riproposte fedelmente (anzi, ora si prevede di inasprirle) senza che chi criticava prima proferisse parola. Per non parlare, poi, della situazione delle scuole. Siamo tornati alla didattica a distanza quasi ovunque, in diversi casi anche per elementari e medie. Quindi addirittura peggio di quanto accadeva con il precedente governo, bersagliato e considerato inadeguato anche per questo aspetto. Allo stesso modo anche il fuoriclasse “Super Mario” Draghi deve fare i conti, al momento senza riuscire a trovare una soluzione, con la schizofrenia delle Regioni che, nell’ambito delle proprie prerogative, continuano su certi aspetti a muoversi autonomamente, provocando non pochi problemi.

La differenza rispetto a prima è semplicemente nella narrazione che ora viene fatta, con la costante sottolineatura di quanto negativo sia questo aspetto e critiche diffuse alle Regioni stesse, mentre fino a qualche settimana fa le responsabilità delle inadeguatezze delle Regioni comunque venivano ugualmente addebitate al governo. L’esempio più lampante è quanto sta accadendo con il piano vaccinazioni. Sicuramente è fondamentale che arrivino concretamente le dosi di vaccino promesse dalla Ue. Ma il nodo da risolvere per poter concretamente sperare in una reale accelerazione riguarda i punti vaccinazione che la maggior parte delle Regioni non sono in grado di garantire in maniera sufficiente. E, la matematica non lascia scampo, senza una consistente aumento dei punti di vaccinazione i numeri necessari quanto meno per avvicinare prima possibile la cosiddetta immunità di gregge resta un’utopia.

Ne è assolutamente consapevole anche il governo che sta pensando a soluzioni alternative, affidate all’esperienza del generale Figliuolo. Il cui piano, non possiamo che sperarlo vivamente, saprà imprimere quella necessaria e auspicata accelerazione. In attesa (e nella speranza) che ciò accada, resta al momento l’amara considerazione che magari non sarà proprio come recita un famoso motto (“era meglio quando si stava peggio…”). Di certo però fino ad ora nella gestione della pandemia i “migliori” non sono poi così differenti dagli altri, anzi…

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