Emergenza covid: nuove restrizioni o riaperture, primo banco di prova per il governo Draghi


Secondo il Cts e l’Iss la variante inglese si sta diffondendo in tutto il paese. Non c’è tempo da perdere, il governo deve scegliere tra il rafforzamento delle restrizioni, chiesto da tutti gli esperti, o graduali riaperture, auspicate da alcuni associazioni di categoria

Se per la sua investitura definitiva bisognerà ufficialmente attendere fino al prossimo giovedì, quando anche la Camera voterà la fiducia al nuovo esecutivo (ilSenato lo farà mercoledì), il nuovo governo e il presidente del Consiglio Draghi prima ancora di quella data sono comunque chiamati ad un primo cruciale intervento, dal quale poi dipenderà gran parte del futuro prossimo del nostro paese. C’è assoluta necessità, anzi probabilmente c’è l’urgenza, di mettere fine alla confusione e stabilire una linea precisa da seguire in queste settimane in merito a come affrontare questa fase della pandemia.

Che è molto particolare ma al tempo stesso estremamente delicata (e probabilmente cruciale) perché da un lato il numero dei contagi è da qualche settimana stabile, lontano dai picchi di altre nazioni europee, e contemporaneamente sono in leggera diminuzione anche il numero dei decessi e dei ricoveri (non a caso la maggioranza delle regioni sono da oltre una settimana “zona gialla”). Dall’altro, però, cresce la preoccupazione di tutti gli esperti per le varianti al virus, a partire da quella inglese, che rischiano di far nuovamente precipitare le cose. Una dicotomia che si esplica anche nei conseguenti comportamenti. Così da un lato tutti gli esperti chiedono di rafforzare le misure restrittive (non necessariamente fino al lockdown, almeno su questo non c’è accordo tra gli esperti stessi) ma dall’altro in gran parte del paese nei fatti si va sempre più verso ulteriori allentamenti, dal ritorno a scuola alla possibile ripartenza di tutti i campionati dilettantistici e giovanili delle varie discipline sportive.

In altre parole una discreta confusione, determinata anche e soprattutto dall’assenza di un governo con pieni poteri, in grado di prendere una decisione che, in un caso o nell’altro, si annuncia complessa e foriera di non poche conseguenze, quale che si. Quello che, però, è certo è che non c’è tempo, non si può continuare ad aspettare ed è assolutamente necessario agire immediatamente. In altre parole il governo Draghi ha il dovere di decidere ora, al più presto e senza ulteriori indugi, quale strada seguire: o quella suggerita dal comitato tecnico scientifico (Cts), dall’Iss e da tutti gli esperti del settore o quella che invece preferirebbero molti amministratori locali (compresi diversi presidenti di Regione) e diverse associazioni di categoria.

Possibilmente non una soluzione pasticciata che, per non scontentare nessuna delle parti, finisca per non decidere concretamente quale direzione si voglia seguire. E’ chiaro che non è facile, cosa potrebbe accadere è facile da intuire e, in un certo senso, un’anticipazione si è avuta nelle ore scorse quando il ministero della salute, su spinta del Cts, ha deciso di posticipare ulteriormente la riapertura degli impianti sciistici almeno fino al prossimo 5 marzo.

Pur se comprensibile lo sconforto degli operatori, per una decisione arrivata solo in extremis, forse chi si aggrappa a determinate giustificazioni per contestare la decisione vive in un altro pianeta, non nel territorio italiano. E non si rende, quindi, conto del momento che stiamo vivendo, del fatto che purtroppo rispetto a 15 giorni fa, quando si era ipotizzato la riapertura, la situazione è divenuta più preoccupante (appunto per le cosiddette varianti), ma anche che in questi giorni, vista la crisi, non c’era un governo pienamente in carica legittimato a prendere determinate decisioni così importanti.

Sicuramente il presidente del Consiglio Draghi ha l’autorevolezza e la personalità per scegliere quella che secondo l’esecutivo è la strada più giusta da seguire. Perché deve essere chiaro che alla fine ogni decisione sulle misure da attuare (o non attuare) spetta alla politica, al governo che ha tutta l’autorità per decidere fino a che punto seguire le indicazioni che arrivano dagli esperti. Ovviamente assumendosi, poi, le responsabilità per le eventuali conseguenze che ciò comporta.

In quest’ottica il cosiddetto mondo scientifico italiano in questa fase è piuttosto concorde nell’analisi della situazione e nel ritenere indispensabile un rafforzamento delle misure. “Per contenere la diffusione delle varianti del coronavirus – spiega il Cts – servono una rigorosa osservanza, rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio, sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali, evitando ulteriori misure di rilascio, in analogia con le strategie adottate negli altri paesi europei”. Molti dei quali, è bene ricordarlo, da diverse settimane sono alle prese con lockdown totali.

In Germania ed Inghilterra, ad esempio, dal periodo natalizio c’è il lockdown che durerà almeno fino alla prima settimana di marzo. L’Italia, fino ad ora, grazie anche al contestatissimo sistema “a colori” ha evitato i numeri catastrofici di quelle nazioni (e i conseguenti provvedimenti restrittivi). Ma ora tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che la variante inglese è molto più diffusa del previsto nel territorio nazionale. Secondo il primo rapporto dell’Iss quella variante è stata individuata nell’88% delle regioni italiane prese in esame.

Le stime di prevalenza regionale – scrive l’Iss – risultano molto diversificate, con stime comprese tra lo 0 e il 59%. La prevalenza nazionale è pari al 17,8%”. “Considerata la circolazione nelle diverse aree del paese si raccomanda di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante VOC202012/0 rafforzando/innalzando le misure in tutto il paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione” aggiunge l’Iss che ritiene fondamentale velocizzare il processo di vaccinazione. “Nel contesto italiano, in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti – conclude il rapporto – la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata”.

Se dovessi decidere io – aggiunge il virologo Fabrizio Pregliasco – chiuderei tutte le scuole da ora in modo da arginare le varianti e continuare a vaccinare le persone”. D’altra parte tutti gli studi e i monitoraggi effettuati in Inghilterra hanno dimostrato come le scuole aperte siano uno dei veicoli primari di contagi per la variante inglese. Ancora più drastici (Ricciardi e Crisanti) che chiedono un immediato breve lockdown, di 2-3 settimane, per evitare il peggio a marzo (anche se secondo Crisanti siamo già in ritardo, il lockdown andava fatto prima). Sulla stessa linea anche Galli, mentre altri esperti come il direttore dello Spallanzani Vaia, Lopalco, Bassetti Andreoni, che concordano sull’analisi della situazione, ritengono che possano essere necessarie ulteriori misure restrittive ma selettive (quindi non un lockdown totale), per aree territoriali e per settori.

Tutti, nessuno escluso, però, non hanno dubbi sul fatto che in questa condizione sarebbe utile chiudere subito le scuole. A fronte di questa crescente preoccupazione, però, si avverte sempre più forte la sensazione che invece in gran parte del paese è sempre più diffusa la sensazione che “il peggio è passato”, che “è il momento di ricominciare a vivere”. E mentre gli esperti sempre più preoccupati si interrogano su quali restrizioni siano necessarie, in realtà nel paese si va sempre più verso allentamenti e riaperture. Si è ripartiti con la scuola, per ora in presenza al 50% (alle superiori) ma con richieste sempre più pressanti di aumentare quella percentuale. E poi locali, bar e ristoranti che chiedono di allungare gli orari di apertura fino alle 22, così come per il cosiddetto “coprifuoco”.

Si sta mobilitando anche il mondo dello sport, con diverse federazioni che pian piano stanno facendo ripartire i campionati di categorie inferiori e dilettanti, programmando anche la ripresa a pieno regime dei vari campionati giovanili. E’ del tutto evidente che in questo senso la tendenza e l’auspicio è quello di rimettere in circolazione (nelle scuole, nelle piazze, nei locali, nei palazzetti, nelle palestre, negli impianti sportivi in genere) migliaia e migliaia di persone, più o meno giovani, un po’ ovunque. Esattamente in direzione opposto da quella auspicata dal Cts, dall’Iss e da tutti gli esperti. Una situazione surreale che non è più accettabile.

Serve una decisione, immediata e coerente, da parte del governo che dia un indirizzo ben preciso. Se si ritiene eccessivo l’allarme degli esperti si dia impulso alle riaperture, si sciolga il Cts e si ridimensioni il ruolo dell’Iss nella gestione della pandemia. Se invece si è convinti delle ragioni della scienza allora non si perda ulteriore tempo, si rafforzino le restrizioni (che sia lockdown o interventi più mirati) e  soprattutto si blocchino senza esitazioni certe spinte in avanti (dalla scuola allo sport fino a locali, bar  e ristoranti). Spetta a Draghi e al nuovo governo indicare la linea, decisa e coerente, da seguire.

Superfluo sottolineare che per quanto ci riguarda, come sempre, non esiste alcun dubbio, è ovviamente necessario le indicazioni della scienza. Ma se il nuovo governo ha la convinzione opposta, con coraggio persegua l’altra via, ovviamente con la consapevolezza che poi dovrà anche assumersi le responsabilità per eventuali (ed ovviamente non auspicabili) conseguenze. In un caso o nell’altro comunque si decida al più presto, mettendo fine a questo stucchevole teatrino.

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