Il governo Draghi e il destino del paese nelle mani di M5S e Lega


I numeri del Parlamento parlano chiaro, senza il sostegno di Movimento 5 Stelle o Lega il governo Draghi non ha alcuna possibilità di nascere. Sullo sfondo restano le elezioni che rappresentano un grave rischio per l’evoluzione della pandemia nel nostro paese

Nel leggere il diluvio dei commenti che si sono scatenati sui social dopo gli ultimi sviluppi della crisi di governo, in particolare da parte di siti, pagine e gruppi di fans di Renzi e Italia Viva, ci è venuto il sospetto che, in vista della nascita dell’eventuale governo Draghi, o verranno sospese le funzioni del Parlamento italiano o, in alternativa, ci sarà un ricambio forzato (ovviamente senza passare per il voto dei cittadini) di senatori e deputati. Perché l’entusiasmo che lo accompagna e la certezza che il governo guidato dall’ex presidente della Bce otterrà la fiducia e potrà adottare provvedimenti importanti che nessun altro governo sarebbe in grado di adottare non sembrano avere un grosso fondamento, alla luce dell’attuale composizione dei due rami del Parlamento.

A dir la verità al momento probabilmente se si potesse scommettere sulla nascita o meno del governo “di alto profilo istituzionale” (come l’ha definito il presidente Mattarella) i bookmakers offrirebbero quote migliori a chi scommette per un esito negativo, piuttosto che a chi punta su un esito positivo. Naturalmente siamo solo alle prime schermaglie, ma al momento la strada di Draghi è decisamente in salita. Perché sulla base delle prime reazioni all’annuncio del presidente Mattarella attualmente c’è la certezza solamente dell’appoggio da parte di Italia Viva e di tutta quella galassia di centristi, nostalgici democristiani, che ruota intorno ai vari Cesa, Toti, Casini ecc. In bilico la posizione del Pd, che ovviamente qualche riflessione la sta facendo, mentre Leu si è dichiarata contraria. Da parte sua il Movimento 5 Stelle sembra assolutamente deciso a chiudere senza possibilità di ripensamenti.

Al di là delle dichiarazioni molto decise ed altrettanto eloquenti di Crimi e di Fraccaro (ma d’altra parte i grillini l’avevano sempre detto che non erano disposti ad appoggiare alcun governo cosiddetto “tecnico”), poco dopo l’annuncio della convocazione di Draghi al Quirinale sono subito comparsi sui social e sui siti internet post e commenti “al vetriolo” di esponenti e simpatizzanti grillini nei confronti dell’ex presidente della Banca d’Italia. C’è poi il centrodestra che continua a proclamare la più assoluta unità d’intenti, ribadendo che l’unica strada percorribile è quella delle elezioni, anche se poi in realtà al suo interno c’è chi spinge verso una diversa posizione. E non è certo un mistero che Forza Italia in realtà non ha alcuna intenzione di andare subito ad elezioni e vedrebbe molto favorevolmente un governo Draghi.

Però i numeri del Parlamento parlano chiaro e da quelli inevitabilmente bisogna partire perché, ironia a parte, l’eventuale governo Draghi avrà bisogno della fiducia di Camera e Senato per partire e, ovviamente, poi per far approvare i provvedimenti più importanti. E l’attuale composizione del Parlamento non lascia alternative, senza il voto favorevole di uno dei due partiti con il maggior numero di parlamentari (M5S e Lega) non c’è nessuna possibilità che nasca alcun governo, tecnico o politico che sia. Anche nella fantasiosa (e improbabile) ipotesi che tutti gli altri partiti e tutti gli altri gruppi parlamentari si mettano insieme per appoggiare il governo nascente, senza i voti di Lega o M5S non ci sono i numeri, in particolare alla Camera (dove il M5S ha 191 deputati e la Lega 131 sui 630 complessivi).

Certo è assolutamente possibile che all’interno di quei due partiti ci possano essere, in caso di mancato appoggio al nuovo governo, parlamentari pronti a votare in disaccordo con il proprio gruppo, ma non è comunque pensabile che possa nascere un nuovo esecutivo che si fondi su equilibri così fragili. Di fronte ad un simile scenario, è davvero difficile comprendere l’euforia e l’entusiasmo di cui sopra. Certo, è comprensibile che chi vede come fumo negli occhi Conte e il suo seguito possa essere soddisfatto che non ci sia un Conte ter (ma prima di parlare della fine o della scomparsa dell’ex presidente del Consiglio dalla scena politica sarebbe il caso di aspettare).

Ma non si può non comprendere quando delicata e difficile sia la situazione e quali tremendi rischi ci siano. Innanzitutto perchè è del tutto evidente che la possibilità che Draghi non riesca a formare un governo è molto più che concreta, con a quel punto l’inevitabile conseguenza che non resterebbero le elezioni, un’ipotesi al momento inquietante. E non certo perché, in caso di elezioni, all’orizzonte si profila una probabile (non certa, visti gli ultimi sondaggi) vittoria del centro destra (è bene ricordare a tutti che, piaccia o meno, l’esito del voto liberamente espresso dai cittadini italiani deve essere comunque rispettato). Ma per il semplice motivo che nel momento che sta vivendo il nostro paese, alle prese con questa maledetta pandemia, le elezioni sarebbero un rischio colossale, sotto ogni punto di vista.

Lo ha spiegato in maniera sin troppo chiara e lucida lo stesso presidente della Repubblica nel suo messaggio di martedì sera, dopo il colloquio con il presidente della Camera Fico. “Ho il dovere di sottolineare – ha spiegato Mattarella – come il lungo periodo di campagna elettorale e la riduzione delle funzioni di governo cadrebbero in un momento cruciale, da punto di vista sanitario i prossimi saranno fondamentali per la lotta al virus, lo stesso vale per la campagna di vaccinazione. Serve un governo in grado di esercitare le sue funzioni e non in campagna elettorale”.

Il quadro della situazione dovrebbe essere chiaro a tutti, fino ad ora l’Italia, grazie anche ai “contestati” provvedimenti del governo, ha evitato quello che invece in questa seconda ondata sta accadendo in altri paesi europei come Inghilterra, Germania, Francia, costretti addirittura a ricorrere nuovamente al lockdown totale. In quest’ottica l’assenza di un governo legittimato ad adottare immediati provvedimenti (basterebbe pensare che il 15 febbraio scadono diverse norme e restrizioni previste nell’ultimo Dpcm) potrebbe risultare deleteria, senza considerare l’impatto che potrebbe avere la campagna elettorale (come ha ricordato lo stesso Mattarella nelle nazioni in cui si è votato, per scadenza naturale, purtroppo poi le conseguenze in termini di impennata di contagi e morti si sono fatte drammaticamente sentire).

Come se non bastasse ci sono, poi, alcune emergenze sociali (su tutte il blocco dei licenziamenti) per le quali non si può certo attendere mesi. Allora è del tutto evidente che siamo di fronte ad un pericolosissimo azzardo che, se non dovesse andare a buon fine, verrebbe pesantemente pagato dal nostro paese, sotto tutti i punti di vista. Sempre che di reale azzardo si tratti, con voci e ipotesi di precedenti accordi sotterranei, tra chi ha aperto la crisi e chiuso alla possibilità di un Conte ter (Renzi) e una parte del centrodestra, magari sotto la regia di quel Denis Verdini che, guarda il caso, proprio nei giorni scorsi è uscito dal carcere.

Come sempre, però, non ci piace correre dietro a voci e ipotesi, per quanto suggestive e teoricamente anche fondate. Restando fedelmente ancorati ai fatti e alla realtà, quel che è certo è che, se alla fine dovesse nascere, il governo Draghi tutto sarebbe meno che un governo tecnico. Perché la maggioranza che lo sosterrà, che gli voterà la fiducia e che poi in Parlamento dovrà votare tutti i suoi provvedimenti, inevitabilmente avrà un peso determinante e darà al governo stesso una ben definita connotazione politica. Solo nel caso in cui tutti i partiti presenti in Parlamento decidessero incondizionatamente di appoggiare il nuovo governo, in nome di quel principio espresso da Mattarella sul primario interesse delle sorti del paese, allora il discorso cambierebbe. Ma, al momento, questa ci sembra un’ipotesi difficile da realizzare, quasi impossibile.

In caso contrario, pur non sottovalutando la forte personalità e l’indiscussa ascendenza che una figura come Draghi può avere, è chiaro che la composizione dell’eventuale maggioranza che lo sosterrà avrà un peso determinante sugli stessi equilibri di governo. In altre parole è del tutto evidente che fa tutta la differenza del mondo se il governo Draghi ricevesse l’appoggio di una maggioranza simile a quella che sosteneva il governo Conte (nel caso di un improbabile, ma non impossibile, cambio di opinione del M5S) o se invece fossero i partiti del centrodestra a sostenerlo.

Emblematiche, in tal senso, le dichiarazioni del leader della Lega Salvini che ha chiaramente sostenuto che un eventuale sostegno può esserci solo nel caso in cui il governo nascente facesse proprie certe battaglie della Lega. Ed è assolutamente inevitabile che una simile eventualità automaticamente escluderebbe che partiti come il Pd e Leu possano unirsi nel sostegno a Draghi. Come si vede, quindi, la situazione è molto complessa e gli esiti sono assolutamente incerti. Solo quando sarà chiaro quale esito avrà questa lunga crisi (elezioni o nuovo governo guidato Draghi) si potranno tirare le conclusioni e attribuire eventuali meriti o responsabilità per aver portato in acque più tranquille o in una condizione di assoluto pericolo il nostro paese. Il cui destino, a differenza di quello che sostengono soprattutto i fans di Renzi, mai come in questo momento è nelle mani di M5S e Lega.

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