Sui social in abbigliamento e pose sexy, la vergogna delle “baby influencer”


Sono ragazzine dai 7 ai 12 anni, secondo “IhaveaVoice” gestite dalle madri manager che le truccano, le vestono con ambiti succinti e le mettono sui social in pose sexy alla ricerca di visibilità. Emblematica la storia di Benny G. (10 anni) raccontata da Selvaggia Lucarelli

Prima la vicenda della piccola Benny G. (appena 10 anni) portata alla luce da Selvaggia Lucarelli. Poi la sconcertante denuncia di “IhaveaVoice” (una community di donne che si occupa di pari opportunità, diritti delle donne e tutto quello che ruota intorno al mondo femminile), con tanto di immagini che sono peggio di un pugno allo stomaco. Magari avrà ragione la mamma di Benny G., secondo cui chi critica e si scandalizza è semplicemente ignorante, però non possiamo nascondere che proviamo una profonda indignazione e una non inferiore rabbia di fronte all’esplosione di questo nuovo vergognoso (perché, a nostro avviso, non c’è altro modo per definirlo) caso delle cosiddette “baby influencer”.

Che, poi, dietro quel termine così social e adeguato ai tempi che viviamo, non si nasconde altro che l’indegno fenomeno della sessualizzazione e dello sfruttamento, non solo per fini economici, del corpo dei minori. Per altro ad opera dei genitori stessi, con le mamme che nella maggior parte dei casi sono le più scatenate. E, probabilmente perché “molto ignoranti”, quest’ultimo aspetto non fa altro che accrescere il nostro sdegno, il nostro disgusto. Ingenuamente, quando è esploso il caso della piccola Benny G., in molti hanno creduto che si trattasse di un caso isolato.

Invece la denuncia di “IhaveaVoice”, con tanto di immagini e siti di riferimento che non lasciano spazio a dubbi e immaginazione, ha svelato e dimostrato che purtroppo si tratta di un fenomeno molto più diffuso.  Per capire meglio di cosa stiamo parlando occorre innanzitutto spiegare che le cosiddette “baby influencer” sono ragazzine molto piccole (dai 7 ai 12 anni) che su vari social postano foto in abbigliamenti e pose troppo sexy per la loro età, con sguardi e movimenti ammiccanti, come fossero donne o ragazze mature che voglio divertirsi a provare i maschietti, spesso anche con video con balletti provocanti e sensuali.

Naturalmente sono guidate dai loro genitori, in particolare dalle cosiddette madri “manager” che, come si legge nell’articolo-denuncia di “IhaveaVoice”, “le truccano, le vestono con abitini succinti, le mettono nelle tipiche pose sessualizzate e oggettificate per il piacere del maschio e le immortalano, il tutto nella spasmodica ricerca di visibilità, magari per guadagnare qualche solo sponsorizzando qualche prodotto di serie B o qualche negozio di periferia”. Emblematica, a tal proposito, è la storia di Benny G, raccontata da Selvaggia Lucarelli.

Questa bambina – scrive la giornalista su Instagram – ha 10 anni, è su Facebook e Instagram, canta, si veste, twerka, si trucca come un’adulta. La madre le gestisce i social e propone serate canore per la figlia”. Per chi non lo sapesse, secondo l’Oxford Dictionary Online (il primo che ne ha registrato il significato) il termine twerk significa “ballare una musica famosa in un modo sessualmente provocante che coinvolge i movimenti di spinta dell’anca e dei glutei in una posizione accovacciata”.

A prescindere da come lo si possa considerare (per quello che conta lo abbiamo sempre considerato una forma di ballo abbastanza volgare e sguaiatamente provocante), ci può anche stare che ci sia a chi piaccia vedere Miley Cirus, Rihanna o Elettra Lamborghini (per citare alcune dei personaggi più noti, a livello internazionale e italiano, a cui solitamente si associa questo particolare ballo) lasciarsi andare ad uno sfrenato twerking. Ma è oltremodo squallido e incredibilmente inquietante se a farlo è una bambina di 10 anni e non può che provocare ribrezzo il solo pensiero che ci siano, poi, decine e decine di adulti che apprezzano. La stessa Lucarelli, nel programma mattutino che conduce a Radio Capital, ha poi intervistato la mamma di Benny G. che ha sostenuto che la situazione è sotto controllo e che lei sta facendo questo soltanto per la felicità della bambina.

Lei è felice – ha affermato – sono io che carico i video. Ci criticano perché la gente è ignorante”. Come anticipato, il problema è che quello di Benny G. è tutt’altro che un caso isolato, anzi negli ultimi tempi purtroppo si moltiplicano i casi di baby influencer.

Hanno 6, 9 e 12 anni e sono baby influencer gestite dalle madri” si legge nella community “IhaveaVoice” che pubblica anche alcune foto e una carrellata di commenti di uomini adulti, in alcuni casi anche stranieri, che sono semplicemente agghiaccianti. “Dovresti fare sul serio, se vuoi vieni a casa mia”, “Tra un paio di anni sarai nel cast di Rocco”, “Che tette, che fisico, voglio fare sesso con te”. Questo è il tenore della maggior parte dei commenti che accompagnano le foto di quelle ragazzine. In pose assurdamente (per l’età) provocanti, sdraiate su una barca in costume succinto, in riva mare con costumi sgambatissimi e ridottissimi perizoma, con top cortissimi che evidenziano le prime forme.

Ma come può una mamma non provare un profondo senso di repulsione nel leggere certi commenti, nell’esporre la propria bimba a quelle indecenti farneticazioni di persone indiscutibilmente “deviate”? Sembra incredibile e assurdo, si fatica persino a crederci, ma ci sono addirittura delle madri che mostrano apprezzamenti per certi commenti, che dialogano “orgogliose” con quei “mostri”. Ma orgogliose di cosa, di aver distrutto l’infanzia di una ragazzina, della propria piccola?  E poco conta e cambia se alla base di tutto ci sia una “spasmodica ricerca di visibilità” o la volontà di guadagnare “qualche soldo sponsorizzando qualche prodotto di serie B”.

Alcune – si legge ancora nella denuncia di “IhaveaVoice” – pare che famose ci diventano davvero e guadagnano pure, e giù abiti firmatissimi, barche e forse, chissà, qualche imbottitura per aiutare le curve che si stanno formando, oppure già un salto dal chirurgo, sia mai non essere sufficientemente arrapanti a 12 anni. Ma no, non lo si fa spinti dalla disperazione di guadagnarsi da mangiare, ma per egocentrismo, per la vanità, per il nulla cosmico dettati dai social e dai vari influencer che li popolano, il tutto condito con la mentalità patriarcale che dà valore alla donna se e solo se incarna i dettami di bellezza e, soprattutto, di sensualità che servono ad arrapare gli uomini”.

Se non fosse già ampiamente sufficiente così, c’è un ulteriore aspetto che rende la vicenda ancora più inquietante. Oltre alle ragazzine, ci sono anche i “baby influencer” maschi, anche loro con gli account gestiti dai propri genitori, che però pubblicano contenuti “normali”, mentre fanno quello che tutti i bambini e le bambine dovrebbero fare: giocare, niente di più.

Quindi – si chiede “IhaveaVoice” – se i bambini possono giocare senza essere sexy perché le bambine no? Perché la società in cui viviamo è profondamente maschilista, un maschilismo interiorizzato con cui ogni donna è costretta a crescere fin da piccolissima. Basta guardarsi intorno, sui cartelloni pubblicitari, alla televisione, sui social: la donna deve seguire un determinato modello estetico e comportamentale o non esiste. Non le viene dato spazio. In tutto ciò dove serve intelligenza e competenza, le donne spariscono e c’è solo spazio per gli uomini.

Quelle poche che sono presenti, hanno un ruolo di serie B o sono comunque giudicate per il loro aspetto fisico, prima che per i loro meriti professionali. Ed ecco il risultato: non solo ogni donna deve avere a che fare con questa mentalità, ed è completamente schiacciata se vuole farsi valere per il suo cervello, ma addirittura le madri insegnano questo alle figlie, rendendole piccoli oggetti per il piacere dello sguardo maschile perverso”. Ancora, è inutile nascondere il confine tra “baby influencer” e pedofilia è terribilmente sottile.

Ricordiamolo ancora una volta – si legge ancora nella denuncia di “IhaveaVoice” – l’Italia ha il primato mondiale per turismo sessuale minorile, con ben 80 mila uomini che pagano bambine anche picolissime in cambio di sesso, nei paesi più poveri.  Quindi no, questi “followers” pronti a mettere cuori e faccine ammirate sotto le foto di queste bambine “sexy” non sono in buona fede. Care madri in cerca di notorietà usando il corpo delle vostre figlie, sappiate che le foto in internet delle vostre figlie sono alla mercé dei pedofili. E se questo non fosse abbastanza per inorridire, sappiate che condannate le vostre figlie alla superficialità, alla vanità, all’egocentrismo, insomma alla morte dell’anima e della mente. Abbiamo bisogno di dare dignità alla donna in quanto essere umano e smettere di sessualizzarla ad ogni età”.

Abbiamo bisogno di ritrovare la dignità perduta, aggiungiamo. E non ci può essere dignità in una società che accetta, senza battere ciglio, questo genere di aberrazioni. In Francia, nell’ottobre scorso, è stata approvata una legge che pone forti limitazioni e regole rigidissime anche per i genitori, con il chiaro scopo di stroncare quello che Bruno Stader (il parlamentare che ha materialmente predisposto il testo di legge) ha definito “l’orrido sfruttamento del corpo del minore”, associando quel genere di utilizzo dei più piccoli sui social allo sfruttamento infantile. E’ questa, a nostro avviso, la strada che si deve seguire anche in Italia per non dover più assistere a questi indegni spettacoli. E pazienza, poi, se ci sarà chi etichetterà queste sacrosante limitazione come privazione della libertà e dimostrazione di ignoranza…

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