Nelle Marche retribuzioni più basse rispetto alla media nazionale


Secondo il “Geography Index”, l’annuale report dell’Osservatorio JobPrincing, le Marche sono all’undicesimo posto della classifica delle regioni con una retribuzione media annuale di 28.415 euro rispetto, inferiore di 1.639 euro rispetto a quella nazionale

Sono più basse della media nazionale le retribuzioni nelle Marche. E’ quanto emerge dal “Geography Index”, l’annuale report dell’Osservatorio JobPrincing che analizza le differenze retributive tra le varie regioni e province italiane. Con una media di 28.415 euro, inferiore di 1.639 euro rispetto a quella nazionale, le Marche si collocano all’undicesimo posto, tra le 20 Regioni italiane, per retribuzione globale annua lorda, la stessa posizione dell’anno precedente quando, però, la differenza rispetto alla media nazionale era più accentuata, ben 2.200 euro.

Considerando che la media delle Marche è rimasta invariata rispetto al 2019, questo significa che quella nazionale è sensibilmente diminuita nel 2020, passando da 30.615 a 30.054. Naturalmente non migliore è la situazione per quanto riguarda la retribuzione media nelle 5 province, con in particolare quella di Ascoli che, con 28.049 euro (366 euro in meno rispetto alla media regionale), conferma il 57° posto nella classifica delle 107 province. Il dato migliore è quello della provincia di Ancona (50° posto) con 28.828, con quella di Pesaro subito dietro (51° posto) con 28.491 euro. Va, però, sottolineato come rispetto al 2019 nelle province di Ancona e Pesaro si registra un sensibile peggioramento, sia per quanto riguarda la media delle retribuzioni, sia per quanto riguarda la classifica (perdono rispettivamente 12 e 11 posizioni).

Ancora più indietro le province di Macerata (68° posto con 27.541 euro) e di Fermo (86° con 26.557 euro). Il Geography Index 2020 si basa sulle rilevazioni effettuato dal sito stipendiogiusto.it sulla base di un monitoraggio che ha preso in considerazione oltre 2 milioni di utenti, con oltre 450 mila osservazioni. Le classifiche sono state elaborate tenendo esclusivamente come riferimento la Retribuzione Globale Annua Lorda (RGA), ottenuta dalla somma tra la RAL (retribuzione fissa annua lorda) e la Retribuzione Variabile effettivamente percepita dai lavoratori.

Per ottenere la retribuzione media di ogni provincia si è considerata la composizione di dirigenti, quadri, impiegati e operai all’interno della provincia stessa, ottenuta tramite l’elaborazione dei dati trimestrali sulle forze di lavoro. Inevitabilmente i dati che emergono sono condizionati da quello che, da febbraio in poi, è diventato un anno molto particolare, investito da una crisi sanitaria ed economica globale, che sta avendo ripercussioni eccezionalmente negative. Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato una diminuzione del Pil globale del 4,4%, mentre secondo la Commissione Europea il Pil italiano diminuirà del 9,9%.

Non solo, nel nostro paese dall’inizio del 2020 e fino a novembre le attività produttive non essenziali (circa il 45% delle imprese italiane secondo i dati Istat) si sono fermate per quattro mesi. E, a seguito delle nuove misure di contenimento dell’emergenza sanitaria di novembre, i mesi di fermo si accingono ad aumentare. Inoltre ci sono stati inevitabili cambiamenti nelle modalità di lavoro e di consumo che hanno determinato che nessun agente economico facendo sì che nessun agente economico rimanesse esonerato dalle conseguenze di questa crisi, neanche quei settori dell’economia che non sono stati messi in pausa (sempre fonte Istat, il 51% delle imprese dichiarava a giugno un rischio di liquidità).

Non sorprende, allora, che gli indicatori del mercato del lavoro mostrino dei dati tutt’altro che incoraggianti. Infatti l’Istat registra che il livello degli occupati a settembre 2020 è inferiore di 330mila unità rispetto a febbraio 2020, il numero dei disoccupati superiore di circa 40mila unità e quello degli inattivi è cresciuto di oltre 220mila unità. Variazioni che, però, non sono equamente distribuite nel territorio nazionale. Il tasso di disoccupazione, ad esempio, è diminuito in maniera assai contenuta al nord (-0,8%) e in modo più consistente al centro (3%) e al sud (3,2%), così come il tasso di inattività

Uno scenario eccezionalmente negativo ed incerto, dunque, che ha avuto importanti conseguenze sul mercato retributivo italiano, che ha visto per il periodo 2019-2020 una variazione della RGA media nazionale del -1,8%. Una diminuzione che è principalmente riconducibile alla parte variabile delle retribuzioni. La crisi economica ha infatti indotto le imprese a tagliare sul costo del lavoro, ove possibile. Se infatti si guarda alle retribuzioni fisse (RAL), si scopre che queste sono essenzialmente congelate e presentano una variazione dello 0,1%.

Se da una parte le retribuzioni fisse full-time rimarranno stagnanti, anche a seguito del blocco dei licenziamenti nazionale che al momento è esteso fino a marzo 2021, dall’altra è altamente incerto quello che succederà alle retribuzioni globali in quanto strettamente connesso alla durata della crisi. Tornando alle classifiche del Geography Index, il report contiene la graduatoria retributiva delle 20 regioni italiane e quella delle 107 province, con RGA media e indice rispetto alla media nazionale. Le province sono suddivise in 3 fasce: verde (dal 1° al 36° posto), arancione (dal 37° al 72° posto) e rossa (dal 73° al 107° posto).

Ad ogni regione viene dedicata una scheda contenente le RAL medie complessive per ogni provincia, l’indice rispetto alla media nazionale e la posizione nella graduatoria totale. Il quadro che ne emerge è ancora una volta quello di un paese che diviso in tre parti, con le tre fasce che corrispondono esattamente alla geografia del nostro paese: nella prima fascia ci sono le province del nord e dell’Emilia Romagna (più Roma e Firenze), nella seconda quelle del centro (con l’inserimento di Palermo, Bari, Barletta e Cagliari) e nella terza quelle del sud (con in più Perugia e Rimini).

Per quanto riguarda le Regioni al primo posto il Trentino che, con una retribuzione globale annua di 32.954 euro, supera la Lombardia (al primo posto lo scorso anno) ferma a 32.539 euro, con il Lazio che si conferma al terzo posto con 31.391 euro e la Basilicata che resta fanalino di coda con 25.168 euro. Tra le province, invece, si confermano i primi due posti di Milano (35.497 euro) e Bolzano (33.602 euro), mentre Trieste (33.513 euro) supera Genova e Bologna e si colloca al terzo posto. In coda Crotone e Ragusa che si scambiano ultimo e penultimo posto, rispettivamente con 23.888 euro e 24.509 euro.

Per quanto riguarda le 5 province marchigiane a parte Fermo, che finisce nell’ultima fascia, le altre 4 si collocano nella fascia di mezzo (quella che va dal 37° al 72° posto). Una retrocessione per la provincia di Ancona che lo scorso anno era sulla soglia della prima fascia (38° posto) ed ora è scivolata molto più indietro.

Non è certo un bel segnale che le cinque province marchigiane registrino retribuzioni inferiori alla media nazionale e scendano nella classifica – commenta Guido Bianchini della Uil di Ascoli Piceno – questa situazione, apparentemente stagnante, rischia molto probabilmente di aggravarsi nel corso del 2021, quando verrà meno il blocco dei licenziamenti disposto dal governo e gli effetti del covid sull’economia reale inizieranno a farsi sentire più pesantemente: aziende in crisi, attività commerciali e turistiche a rischio riapertura, lavori che rischiano di scomparire per il cambio del paradigma dettato dallo smart working. La cartina tornasole di tutto ciò è naturalmente rispecchiata anche dal tasso di inflazione, ormai a zero se non negativo, inchiodato da anni sui minimi anche e soprattutto per effetto delle retribuzioni stagnanti, con tutte le conseguenze del caso

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