Regione “nel pallone” tra cambio di colore e l’ennesima “figuraccia” di Acquaroli


Ho appreso che il criterio prevalente per l’assegnazione del colore alle regioni non è più quello dell’indice Rt” tuona il governatore marchigiano. Peccato, però, che era così già dal 5 novembre, con i 21 indicatori e i tre ambiti indicati dalla cabina di regia dell’Iss

Due “marziani”, appena scesi sulla terra da un altro pianeta, che non hanno la più pallida idea di quello che sta accadendo in tutto il mondo, nel nostro paese e nella nostra regione. E’ questo ciò che istintivamente viene da pensare nel leggere le ultime sconcertanti dichiarazioni del presidente della Regione Francesco Acquaroli e del sindaco di Ascoli Marco Fioravanti. Che giovedì, alla vigilia della riunione del venerdì della cabina di regia dell’Iss che dovrebbe sancire il passaggio delle Marche da giallo ad arancione, hanno contestato duramente le decisioni del governo e della stessa cabina di regia dell’Iss, in particolare le nuove restrizioni annunciate dall’esecutivo e inserite nel Dpcm che entrerà in vigore nelle prossime ore (fino al 5 marzo).

Chissà, magari troppo impegnati e chiusi nel proprio ufficio a prendere decisioni, Acquaroli e Fioravanti non si sono accorti che, purtroppo, la situazione è peggiorata e sta precipitando un po’ ovunque. Solo per rimanere in Europa, Germania e Gran Bretagna da giorni contano più di mille morti e decine di migliaia (anche 50-60 mila) di nuovi positivi al giorno e la situazione non è certo migliore in Francia, Spagna e persino nei paesi del nord Europa. In Inghilterra il premier Johnson lancia appelli e messaggi disperati quasi ogni giorno, parlando degli ospedali ormai al collasso, addirittura per la prima volta dall’inizio della pandemia persino in Germania iniziano a destare preoccupazione le terapie intensive in via di saturazione.

In quei paesi già da settimane è in atto un lockdown che si protrarrà almeno fino a fine febbraio-inizi di marzo (sempre sperando che poi in quel periodo i dati siano effettivamente migliorata). In Italia al momento la situazione è leggermente migliore, ma si viaggia comunque ad una media di 500-600 morti al giorno, nuovi positivi sulla soglia dei 20 mila casi al giorno (pur con una diminuzione complessiva dei tamponi rispetto al periodo pre natalizio) ed ospedali e reparti di terapia intensiva quasi al limite, in qualche regione anche oltre.

Per altro virologi, infettivologi e tutti gli esperti sono concordi nel sostenere che, come purtroppo già avvenuto ad ottobre-novembre, quello che sta accadendo negli altri paesi d’Europa potrebbe replicarsi in Italia tra un paio di settimane, con le conseguenze devastanti che ciò potrebbe determinare soprattutto per la tenuta del sistema sanitario. In un simile contesto bisognerebbe essere comunque moderatamente soddisfatti che ancora nel nostro paese si riesca ad evitare un lockdown tipo quello del marzo scorso che sarebbe ovviamente durissimo da digerire sotto ogni punto di vista, invece…

Ribadita l’inopportunità di certe affermazioni del sindaco, ancora una volta sono le dichiarazioni del presidente Acquaroli che provocano sconcerto e che sollevano grossi dubbi (o forse sarebbe più opportuno dire confermano i peggiori dubbi che serpeggiano da settimane) sulla capacità del presidente stesso e della sua giunta di affrontare questa difficile emergenza.

Ho definitivamente appreso dalla conferenza Stato Regioni di questa mattina che il criterio prevalente di valutazione per l’assegnazione del colore alle regioni non è più solo quello dell’indice RT ma soprattutto quello della valutazione del rischio, cioè in base allo stato di occupazione delle terapie intensive, delle strutture ospedaliere, alla stima dei focolai e altri fattori. Quindi non è bastato abbassare le soglie RT per l’assegnazione delle fasce, ma hanno ritenuto di andare anche oltre. Questi continui e repentini cambi dei metodi di valutazione creano disorientamento” scrive Acquaroli sui social. Qualcuno dovrebbe avvertire il “distratto” governatore marchigiano che in realtà che da sempre è così, dal 5 novembre quando sono stati approvati (con l’assenso anche delle Regioni…) i famosi 21 indicatori in base ai quali si determina poi l’assegnazione del colore alle regioni.

Gli indicatori – si legge nel documento dell’Iss – sono raggruppati in tre ambiti. Il primo misura la capacità di raccolta dati delle singole regioni, il secondo ambito si riferisce alla capacità di testare tutti i casi sospetti e garantire adeguate risorse per “contact tracing”, isolamento e quarantena, il terzo ambito di indicatori invece contempla soprattutto la tenuta dei servizi sanitari”.

E proprio in relazione a questo terzo ambito, che per ovvie ragioni ha un’importanza fondamentale, viene specificato che si fa riferimento alla pressione sugli ospedali, al numero di nuovi focolai e al numero di accessi al pronto soccorso per coronavirus. Vengono anche indicate delle soglie, con il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva (la soglia di allerta è il 30%), il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti ordinari (soglia di allerta 40%) e, poi, anche l’indice Rt (l’indicatore che misura la velocità di trasmissione del contagio). Che, quindi, non solo non è il parametro unico ma, per certi versi, è addirittura meno decisivo rispetto ad altri, a differenza di quanto ancora crede Acquaroli.

Che non ha giustificazioni, è inaccettabile che un presidente di Regione dopo oltre 2 mesi ancora non sappia e non abbia capito quali sono e come funzionano gli indicatori in base ai quali vengono assegnati i colori. I “repentini e continui” cambi a cui fa riferimento il governatore marchigiano in realtà riguardano solo le soglie relative all’indice Rt, ma nella sostanza nulla cambia rispetto a prima e, esattamente come avviene da novembre, il passaggio dalla zona gialla alla zona arancione può avvenire (anzi, bisognerebbe dire che deve avvenire) anche in presenza di un indice Rt sotto la soglia ma con una situazione degli ospedali critica.

E che la situazione nei nosocomi marchigiani sia quanto difficile è sotto gli occhi di tutti e lo confermano anche i dati. Senza considerare che negli ultimi 3 giorni si sono contati ben 40 decessi, al 14 gennaio il numero dei ricoveri per covid ammontava a 659, mentre in terapia intensiva ci sono 76 pazienti. Ed in entrambi i casi (ricoveri ordinari e in terapia intensiva) siamo ben oltre la soglia indicata tra i 21 indicatori. Se non bastasse le notizie che giungono dagli ospedali sono ancor più preoccupanti, anche per quanto riguarda il territorio piceno dove i nosocomi di Ascoli e San Benedetto, dopo aver accolto una ventina di pazienti covid provenienti dall’ospedale di Fermo (in situazione di grave emergenza), sono ai limiti e, nelle prossime ore, c’è il concreto rischio (quasi la certezza) che i prossimi pazienti covid debbano essere trasferiti in altre strutture regionali. Dove, però, la situazione non è certo migliore.

Il problema è che il presidente Acquaroli, l’assessore alla sanità Saltamartini e tutta la giunta regionale hanno già ampiamente dimostrato di non essere all’altezza, almeno per quanto riguarda la gestione della pandemia, e purtroppo continuano a confermarlo giorno dopo giorno. Basterebbe pensare all’ultima imbarazzante “figuraccia” dell’esecutivo regionale e della maggioranza che lo sostiene, quella relativa alla vaccinazione dei disabili.

Con il paradosso andato in scena martedì 12 gennaio quando, nelle stesse ore in cui alla Camera i deputati del gruppo della Lega (che poi sarebbe anche il partito dell’assessore alla sanità…) si battevano e avanzavano la stessa proposta, la maggioranza di destra respingeva la richiesta del consigliere regionale Mastrovincenzo di inserire all’ordine del giorno del Consiglio regionale la mozione del gruppo Pd in merito alla vaccinazione delle persone disabili.

L’ atto di cui sono il primo firmatario – spiega Mastrovincenzo – chiede alla giunta regionale di inserire, nell’elenco di coloro che possono sottoporsi a vaccinazione anti Covid-19, in via prioritaria, anche le persone disabili, con immunodeficienza e fragilità di ogni età, quelle che frequentano i servizi semiresidenziali e gli operatori dei servizi diurni e domiciliari. Una decisione grave, incomprensibile, frutto di una sfrenata arroganza, che penalizza le persone più fragili e quelle che si occupano di loro”. “Non c’è nessuna urgenza, lasciate lavorare l’assessore Saltarmartini”, con queste parole la maggioranza di destra ha respinto la richiesta.

Al di là dello sconcerto per una decisione incomprensibile, se possibile suscita ancora maggiore preoccupazione l’idea che l’assessore Saltamartini sia al lavoro per studiare chissà quali provvedimenti. Visto quello che è accaduto in queste settimane, con le pesanti conseguenze determinate da certe scelte a dir poco discutibili (a partire da quella di non confermare la divisione degli ospedali in covid e no covid, che aveva dato i suoi frutti nella prima fase, senza dimenticare il caos e i ritardi nel piano vaccinazione), sarebbe sicuramente più rassicurante per i marchigiani sapere che l’assessore si è preso un periodo di riposo…

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