“La memoria non si taglia”: petizione in difesa dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche


Monta la protesta e l’indignazione contro la decisione della giunta Acquaroli di tagliare i fondi, già stanziati e non ricollocati, per l’istituto marchigiano. “E’ una scelta politica, vendicativa ed ideologica, è un attacco alla Costituzione e alla democrazia”

Prima l’indignazione, poi l’ironia (inflazionata la battuta “Fascisti su Marche” ispirata al film di Corrado Guzzanti “Fascisti su Marte”), infine la reazione e la mobilitazione. Non si placa nelle Marche (per fortuna…) la protesta contro la decisione della giunta Acquaroli, poi ratificata anche dal Consiglio regionale, di tagliare i fondi, già stanziati e non ricollocati, destinati all’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche.

Un fatto di portata enorme – accusa il capogruppo regionale del Pd Mangialardi –  che mira a cancellare una delle istituzioni più prestigiose della nostra regione. In questo atto c’è tutta l’insipienza e l’indifferenza alla cultura libera di questa maggioranza. Scegliendo di non rifinanziare la legge che dal 1973 consente alle Marche di fruire di un’eccellenza riconosciuta, sia a livello locale che nazionale, si priva il territorio di un’istituzione che nel corso dei decenni, attraverso studi e ricerche professionali, ha permesso di approfondire e divulgare la storia contemporanea della nostra regione nei suoi principali aspetti sociali, politici ed economici, contribuendo in tal modo a definire l’identità marchigiana”.

Per chi non lo conoscesse, l’Istituto regionale  per la storia del movimento di liberazione nelle Marche, costituito ad Ancona nel 1970 e associato all’Istituto nazionale, è un moderno centro studi di storia contemporanea con associate le sedi provinciali di Ascoli, Fermo, Macerata e Pesaro. Nello statuto regionale che ne caratterizza l’attività si legge che si ispira “agli ideali unitari dell’antifascismo e della Resistenza, si riconosce nei valori della Costituzione repubblicana, della democrazia, della pace e nel pluralismo culturale di genere”.

Nella propria attività si propone “la raccolta, la cura e la conservazione di documenti e di archivi, con particolare riguardo alle fonti e alle memorie di storia regionale e locale; la promozione e divulgazione degli studi sulla storia contemporanea, valorizzando le ricerche locali; l’attività di formazione e di aggiornamento di docenti, di ricerca, consulenza didattica, stabilendo rapporti di collaborazione con la Direzione Scolastica Regionale e le istituzioni scolastiche del territorio; la collaborazione con le Università e gli altri enti di ricerca a livello regionale e nazionale”.

E’ del tutto evidente che non esiste alcuna spiegazione o giustificazione logica ad una decisione del genere, né ci si può appigliare ad un presunto risparmio, visto che si tratta di 70 mila euro in un bilancio di circa 500 milioni di euro. E d’altra parte né il presidente Acquaroli, né qualche altro componente della giunta regionale, compresa l’assessora alla cultura Latini (che già al Comune di Ascoli ha ampiamente dimostrato la sua più assoluta inadeguatezza a rivestire quel ruolo), si sono preoccupati di provare a spiegare una scelta inspiegabile. Che è difficile non vedere come una sorta di “vendetta” messa in atto da chi, senza avere il coraggio di sostenerlo apertamente, in qualche modo ancora strizza l’occhio a certe inopportune nostalgie (il ricordo della famosa cena di Acquasanta è ancora vivo…), oltre ad essere evidentemente allergico alla cultura, alla storia, alla crescita democratica, al confronto e al dibattito.

Una vera e propria operazione ideologica che “mira a recidere i fiori della storia e della memoria in cui affondano le radici della nostra cultura” e che rischia di mandare in fumo (immagine che, per chi conosce la storia, evoca qualcosa di tristemente noto…) un patrimonio bibliotecario e documentario di inestimabile valore, composto da oltre 36 mila volumi inventariati, catalogati, consultabili e ammessi al prestito, un’emeroteca con oltre 2 mila testate di periodici locali e nazionali ed un archivio storico composto da oltre 1500  fascicoli depositati o donati da privati cittadini, enti e istituzioni pubbliche e private (riconosciuto dal 1992 dalla Soprintendenza archivistica per le Marche quale “archivio di notevole interesse storico”).

Di fronte ad una simile indegna scelta, inevitabili si sono alzate le polemiche e le proteste che hanno portato anche ad una mobilitazione generale. Che, proprio nelle ore scorse, ha prodotto l’avvio di una petizione, lanciata dai Giovani Democratici e condivisa da altre forze e associazioni con l’hastag #lamemorianonsitagliaLa giunta Acquaroli – si legge nel documento di presentazione della petizione – è al governo della Regione ormai da tre mesi, e, non solo si è fin qui resa protagonista di una mancata interlocuzione con molte delle forze e parti sociali che animano la nostra regione, a partire dalle associazioni, le organizzazioni sindacali e i rappresentanti politici dell’opposizione, ma ha anzi deciso di dichiarare guerra aperta ai valori della nostra costituzione.

Si spiega così il taglio di 70mila euro di fondi, già stanziati e di fatto non ricollocati, che erano destinati all’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nelle Marche (Istituto Storia Marche). Già da mesi si sta respirando nelle Marche un’aria pesante, costellata da tante dichiarazioni che mai avremmo creduto di poter ascoltare, e avvenimenti che mettono a dura prova la morale e la dignità della nostra regione e dei marchigiani. La decisione di cancellare il finanziamento ad un Istituto di storia collettiva, può essere letto solo in un modo: una scelta politica, vendicativa e ideologica, che mette in dubbio i valori dell’antifascismo e colpisce chi lavora per salvaguardare la storia della nostra liberazione.

L’Istituto non ha solo un fine valoriale, ma racchiude il lavoro di diversi docenti, ricercatori e giovani studiosi di vari atenei marchigiani, dando un contributo scientifico di alto livello. Cancellare i fondi per questo istituto è un attacco alla Costituzione e alla democrazia, poiché, al di là dell’orientamento politico di chi si siede nei banchi di maggioranza, la memoria storica deve essere tutelata e protetta, da ogni fazione politica. Infangarla o ostacolarla è un gesto fascista in quanto la Liberazione e la Resistenza italiana sono dei fatti storici e non partitici. Se oggi la maggioranza siede dove siede lo deve a tutti quei uomini e quelle donne che hanno dato la propria vita per renderci una Repubblica libera e democratica”.

Sulla stessa linea anche il presidente dell’Isml di Ascoli, Maria  Paola Alviti, che sottolinea come “governare significa gestire il patrimonio culturale comune di una società e non minarlo per ragioni di parte”. “Tentare di soffocare la vita degli Istituti di Storia Contemporanea – aggiunge – non può essere letto se non come il disprezzo del valore fondativo della Storia. Davanti ad un atto del genere, viene spontaneo chiedersi se chi governa la nostra Regione abbia o meno, tra i suoi obiettivi fondamentali, la crescita della vita democratica e della conoscenza della nostra società. Chi ha a cuore lo sviluppo della democrazia è impegnato a moltiplicare le occasioni di confronto e di dibattito, consentendo a tutti di esprimere le proprie idee e di approfondire la propria conoscenza attraverso un rigoroso processo di ricerca storica con la maggiore obiettività e completezza possibile.

Ci chiediamo e la domanda non può che essere retorica, se un provvedimento del genere vada in questo senso o se invece denunci un interesse a soffocare una voce dissonante e forse scomoda. I nostri Istituti di Storia Contemporanea, dal secondo dopoguerra, svolgono una qualificata attività di divulgazione della Storia Contemporanea, di formazione dei personale docente e dei cittadini interessati a questi temi, di conservazione del patrimonio storico, nel rispetto dei valori fondanti della Costituzione Repubblicana.  

Riteniamo pertanto di essere una voce libera che ha sempre mantenuto una propria autonomia e distanza dai condizionamenti partitici, in grado di dare linfa al dibattito democratico. Dibattito democratico a cui sembra, invece, volersi sottrarre chi, con banali e meschine motivazioni, tenta di mettere in discussione la vita stessa degli Istituti. E’ sin troppo facile associare tali pratiche a quelle di un passato oscuro quando si chiudevano i giornali, si mettevano fuori legge partiti ed associazioni democratiche, ricorrendo anche alla violenza fisica”.

Questa battaglia non deve essere solo nostra – concludono i Giovani Democratici – ma di tutto il fronte democratico. Ci siamo quindi già mossi per coinvolgere quante più forze politiche e organizzazioni possibili, in quanto questa non è una questione di Destra o Sinistra, ma una battaglia per tutti quelli che si riconoscono nei valori dell’Antifascismo e ci tengono a salvaguardare la memoria della nostra Regione e del nostro Paese. Chiunque fosse interessato ad aderire firmi questa petizione, o ci scriva a info@gdmarche.it per confrontarsi con noi ed entrare nell’organizzazione del programma di eventi che organizzeremo tutti insieme da oggi fino alla Giornata della Memoria (27 gennaio). Senza memoria non può esistere futuro”.

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