“Sceneggiata napoletana” e la solita storia della trave e della pagliuzza


Dopo la farsa di Juve-Napoli si discute e si litiga sull’opportunità o meno del 3-0 a tavolino senza rendersi conto che, in ambito calcistico, in ballo c’è ben altro. E, soprattutto, trascurando l’aspetto più grave della vicenda, il comportamento dei vertici sanitari campani

Al netto delle tradizionali polemiche di stampo calcistico, da ultras che guardano alla vicenda solo pensando agli interessi della propria squadra del cuore, la farsa della partita non giocata tra Juventus e Napoli in un paese normale provocherebbe serie discussioni e riflessioni su ben altri argomenti rispetto alla rissa in atto da giorni  sull’opportunità o meno del 3-0 a tavolino. In particolare al centro dell’attenzione dovrebbe esserci i vertici sanitari campani e la stessa Regione Campania, protagonisti di un comportamento a dir poco incoerente, ai limiti dello schizofrenico, inaccettabile in un momento come quello che stiamo vivendo.

Per chi ancora non l’avesse capito e, da ultras, continua a pensare a Juve-Napoli e alle eventuali conseguenze in classifica, stiamo parlando di qualcosa di decisamente più serio e fondamentale, la tutela della salute dei cittadini e l’adeguatezza di determinati enti che sarebbero tenuti a garantirla. Se poi si vuole comunque guardare l’aspetto calcistico (che probabilmente a molti interessa più di ogni altra cosa), il vero nocciolo della questione non è certo il 3-0 a tavolino o meno quanto l’opportunità o meno di far proseguire il campionato.

Detto che tutti gli attori coinvolti nella farsa di domenica sera (ministro dello sport, Lega calcio, Federcalcio, Asl, Juventus e Napoli) hanno fatto di tutto per rendere la situazione ancor più surreale e ridicola (e bisogna ammettere che ci sono riusciti alla perfezione), a “patrocchio” combinato bisogna avere il coraggio di affrontare seriamente la questione, facendo una scelta con la necessaria responsabilità che deve assumersi chi riveste determinati ruoli, senza trincerarsi dietro un inaccettabile scaricabarile o, peggio ancora, senza cercare soluzioni pasticciate, improbabili vie di mezzo che possano salvare “capre e cavoli”.

D’altra parte la situazione, almeno per chi la guarda non con gli occhi dell’ultrà, è sin troppo chiara. C’è un protocollo, approvato da governo, ministero della salute e dal Comitato tecnico scientifico, che consente alle squadre, con le dovute precauzioni ed accorgimenti (a partire dall’isolamento fiduciario), di proseguire a giocare anche nel caso nel gruppo-squadra emerga qualche positivo. Ricordato che quello utilizzato dal calcio italiano, rispetto al resto dell’Europa, è di gran lunga più rigido (e quindi ulteriori restrizioni di fatto determinerebbero l’impossibilità di proseguire), nelle prime giornate di campionato (compresa l’ultima del fine settimana scorso) tutte le squadre che si sono trovate in quella situazione hanno seguito quel protocollo, giocando le proprie partite nonostante la presenza nel gruppo-squadra di qualche positivo al covid-19.

E’ successo a Milan, Torino, Cagliari, Sampdoria, Genoa, Sassuolo, alla stessa Juventus e a tante altre squadre di serie B (Ascoli compreso). Stessa cosa sarebbe dovuta accadere per il Napoli. Cosa che, invece, non è accaduta, nonostante la Lega calcio aveva sottolineato a più riprese che la partita non sarebbe stata rimandata ma si sarebbe giocata regolarmente.

Le conseguenze di quanto accaduto sarebbero inevitabili e indiscutibili se non ci fossero state le dichiarazioni di domenica dei ministri Spadafora (sport) e Speranza (salute). Che, di fatto, hanno messo in discussione la validità di quel protocollo nella situazione attuale del paese (indiscutibilmente differente rispetto a quando è stato approvato). Si può essere d’accordo o meno con loro. E’, però, del tutto evidente che i due ministri (e insieme a loro il governo) e lo stesso Cts devono ora prendere una posizione netta e decisa, assumendosene a pieno le responsabilità.

Spadafora (che, per altro, nella giornata di lunedì ha rettificato il tiro) e Speranza dicano apertamente se ritengono che la situazione attuale del paese non consenta che si applichi quel protocollo e, di conseguenza, abbiano il coraggio di annunciare che il calcio va fermato a tempo indeterminato, dalla serie A alle serie minori. Perché, come abbiamo visto, pensare ad un nuovo protocollo con maggiori restrizioni sarebbe un’inutile follia, ci si esporrebbe ad un lungo e penoso calvario fatto di rinvii su rinvii, assolutamente privo di senso.

Naturalmente in tal caso le squadre italiane non potrebbero neppure partecipare alle coppe europee (Champions League e Europa League che partiranno dal 19 ottobre) perché il rischio sarebbe esattamente identico a quello che si corre nelle partite di campionato. E ovviamente anche la nazionale italiana dovrebbe fermarsi, non gli dovrebbe essere consentito di scendere in campo domenica 11 ottobre in Polonia e mercoledì 14 ottobre in casa con l’Olanda (per la Nations League) perché quasi tutti i giocatori presenti si trovano in condizioni simili a quelle in cui si trovavano i giocatori del Napoli sabato scorso.

In altre parole, non è in ballo il 3-0 a tavolino o la ripetizione della partita ma, molto più semplicemente, la prosecuzione o meno del campionato. Ed è del tutto evidente che, se il campionato deve proseguire, non ci può essere altra strada che il 3-0 a tavolino, con l’aggiunta del punto di penalizzazione del Napoli. In caso contrario (stop a tempo indeterminato al calcio) la discussione non ha neppure ragione di esistere. Vedremo che cosa accadrà, conoscendo come funzionano le cose nel nostro paese non ci stupiremmo certo se, alla fine, si deciderà di non decidere, optando per la solita soluzione all’italiana pasticciata e insensata.

Molto più importante, però, sarebbe accendere i riflettori sull’inaccettabile e preoccupante comportamento dei vertici sanitari campani che suscita enormi dubbi e perplessità, soprattutto in considerazione del fatto che proprio la Campania è al momento una delle regioni più colpita dal covid, con centinaia di nuovi positivi al giorno. Sarebbe sin troppo facile (e ovviamente chi ragiona da tifoso lo ha già fatto) fare le ipotesi più fantasiose e maliziose di fronte a comportamenti così ambigui. Non siamo, però, abituati a fare il processo alle intenzioni e in questa sede ci limiteremo semplicemente ad evidenziare tutte le incongruenze e le omissioni che pesano come macigni sui vertici della sanità campana (e sulla stessa Regione).

Va innanzitutto evidenziato come è quanto meno singolare il fatto che l’Asl napoletana abbia atteso l’ultimo momento, sabato al momento dalla partenza in direzione Torino, per intervenire. Era da giorni che si discuteva sull’opportunità o meno di far disputare la partita e, quindi, di far partire il Napoli per il Piemonte. Sarebbe stato logico intervenire subito, permettendo così di chiarire la situazione e di non arrivare a quel tragicomico finale. Ancora più imbarazzante e ingiustificabile, però, sono i due pesi e le due misure utilizzate dai vertici sanitari campani. E’ strano che quasi nessuno lo abbia sottolineato ma, poche ore prima dell’intervento spettacolo dell’Asl per bloccare la partenza del Napoli, era partita direzione Verona (per giocare contro il Chievo) indisturbata, e senza che nessuno tra i vertici sanitari e regionali campani se ne preoccupasse, la Salernitana di Lotito che, pure, era nelle stesse identiche condizioni del Napoli, cioè con due giocatori trovati positivi nei giorni precedenti.

Stessa situazione, stessi rischi, stessi vertici sanitari e regionali ma comportamenti diametralmente opposti. Se, come sostiene l’Asl napoletana che è intervenuta a bloccare il Napoli, era in ballo la prioritaria e irrinunciabile tutela della salute, nel caso della Salernitana siamo di fronte ad una gravissima e inaccettabile omissione. Perché la salute dei tesserati della Salernitana ed eventualmente dei giocatori e di tutto l’ambiente del Chievo Verona non può certo essere considerata meno importante di quella dei tesserati del Napoli e dell’ambiente Juventus (il personale dell’aeroporto in un caso e nell’altro era lo stesso…).

Non meno incomprensibile e sconcertante, però, è il silenzio della stessa Asl napoletana la settimana precedente in occasione della partita Napoli-Genoa, inizialmente in programma sabato pomeriggio, poi spostata alla domenica dopo la scoperta di alcuni positivi tra i giocatori del Genoa. A maggior ragione in quel caso l’Asl napoletana sarebbe dovuta intervenire, in nome di quella tutela della salute ritenuta prioritaria una settimana dopo, anche perché per la Campania in quel caso evidentemente il rischio era decisamente maggiore (visto che arrivava dalla Liguria un gruppo squadra che era stato a contatto con diversi positivi).

Allora, però, nessuno, né i vertici sanitari, né i vertici regionali, né tanto meno il Napoli ha ritenuto opportuno intervenire per affermare che in casi simili è giusto mettere in discussione il protocollo per il campionato. “Le regole devono essere uguali per tutti” ha dichiarato il direttore dell’Asl di Napoli Ciro Verdoliva. I fatti hanno purtroppo dimostrato che è esattamente il contrario, in 3 situazioni identiche solo in un caso l’Asl napoletana si è preoccupata concretamente della tutela della salute.

Per altro è impossibile non evidenziare un’altra incomprensibile e grave incongruenza. Così (giustamente, per carità) intransigente nel tentare di bloccare la partenza del Napoli, l’Asl si è invece dimostrata decisamente più morbida e disponibile nel pretendere dagli stessi tesserati del club azzurro il pedissequo rispetto del cosiddetto isolamento fiduciario. Infatti giocatori e staff tecnico del Napoli sabato scorso, dopo la mancata partenza per Torino, sono tranquillamente tornati ognuno a casa propria, senza andare in isolamento. Che, invece, inizierà a partire da martedì quando tutto il gruppo si ritroverà al Training Center di Castel Volturno. Decisamente singolare, per non usare altri termini.

Alla luce di tutto ciò, più che dell’esito di Juve-Napoli, sarebbe forse il caso piuttosto di chiedersi se chi è protagonista di simili incomprensibili comportamenti sia poi in grado di affrontare e gestire senza fare troppi danni l’emergenza covid sempre più preoccupante e allarmante proprio in quella regione.

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