L’elogio dell’illegalità


L’ordinanza di sequestro preventivo dello stabile occupato abusivamente da 17 anni da Casapound, provoca la reazione di FdI e Lega, mentre Porro si schiera con l’associazione di estrema destra. Con motivazioni, però, basate su una realtà che non esiste…

Solo in un paese “profondamente” malato e così poco incline al rispetto della legalità poteva svilupparsi un cervellotico dibattito intorno alla vicenda dello sgombero dell’immobile in via Napoleone III (a Roma) occupato abusivamente dal 2003 da Casapound. Semmai in un paese “normale” ci si starebbe chiedendo come è possibile che, dopo 17 anni, ancora quello stabile non sia stato sgomberato, per quale dannata ragione in tutti questi anni è stata supinamente accettata una così grave illegalità, per altro come vedremo in seguito giustificata (dai diretti interessati) con quelle che, stando alle ultime informazioni, si sono rivelate delle clamorose bugie.

D’altra parte, però, proprio questa vicenda è la più emblematica dimostrazione dell’abisso in cui è sprofondato il nostro paese, di come non si riescano a condividere neppure quelli che dovrebbero essere i principi più elementari del vivere civile, come appunto il rispetto della legalità, che, invece, vengono trasformati in un’ulteriore opportunità di scontro e di polemiche assolutamente strumentali. Accompagnate, peraltro, da un imbarazzante capovolgimento delle posizioni. In un vero e proprio festival del paradosso, coloro che hanno sempre invocato il rispetto della legalità, quando l’immobile da sgomberare era occupato da centri sociali o migranti, ora protestano e chiedono, non si capisce bene per quale motivo, maggiore comprensione.

Di contro, però, quelli che in passato difendevano gli “occupanti”, ora chiedono e pretendono massima inflessibilità. A rendere il quadro ancor più sconfortante il solito indecente comportamento della politica e di una parte dell’informazione che, pur di speculare su una vicenda che neppure dovrebbe essere oggetto di discussione, non si fanno scrupoli di deformare completamente la realtà. Così Fratelli d’Italia e Lega accusano la Raggi di essere “una sceriffa a senso unico” (perché a loro dire si occuperebbe solo dell’immobile occupato da Casapound e non di quelli occupati dalla “sinistra”).

E sulla stessa linea si pone anche Nicolo Porro, da sempre sostenitore del pugno duro nei confronti di chi occupa abusivamente (almeno quando si tratta di centri sociali e migranti), che ora invece si è schierato al fianco dell’associazione di estrema destra. “Ho visto questa roba di Casapound – afferma – è incredibile che di 77 case occupate dai centri sociali l’unica che venga sgomberata è ovviamente quella di destra e che ci sia un pm che sta indagando e che li vorrebbe mettere tutti in galera”.

Naturalmente le cose stanno in maniera assolutamente differente e, per altro, il provvedimento che riguarda l’immobile occupato abusivamente da Casapound non arriva certo dalla sindaca Raggi. Che, anzi, per certi versi inizialmente ha avuto un atteggiamento a dir poco equivoco in proposito. Al punto che, un anno dopo essere stata eletta sindaca, aveva ripreso e fatto propria la “vergognosa” delibera inerente il piano degli sgomberi adottata nel 2016 dall’allora commissario del Campidoglio Francesco Paolo Tronca che prevedeva un doppio elenco di interventi: il primo (una ventina di immobili) con gli stabili da liberare prima possibile e senza indugi, il secondo (una sessantina di immobili) con gli stabili per i quali, invece, non c’era alcuna fretta e, anzi, bisognava procedere con la massima cautela.

Naturalmente lo stabile di via Napoleone III, occupato da Casapound, guarda il caso era stato inserito nel secondo gruppo insieme ad alcuni centri sociali (Corto Circuito, il Metropoliz di via Prenastina, il centro Ostuni del Quarticciolo). Nel primo gruppo, invece, erano stati inseriti quegli immobili occupati abusivamente da “disperati”, famiglie senza casa e senza occupazione, extracomunitari e sfrattati, nella maggior parte dei casi supportati da associazioni di estrema sinistra o centri sociali. In altre parole solo in quei luoghi bisognava intervenire subito e far rispettare la volontà espressa dalla Corte dei Conti, mentre per quelle occupazioni abusive da parte di determinate realtà politiche la legalità poteva tranquillamente aspettare.

Non è, quindi, un caso che da allora ad oggi nella capitale si ricordano solo due sgomberi, nel luglio 2017 lo stabile di via Curtatone (la maggior parte immigrati) e nel luglio 2019 lo stabile in via Capranica dove si trovavano per lo più “sfrattati”, famiglie senza casa e occupazione (la maggior parte italiane). Contemporaneamente, sempre nel luglio scorso, su spinta del Viminale (allora guidato da Matteo Salvini), dopo un percorso interistituzionale che ha coinvolto Regione, Comune e Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il prefetto di Roma, d’intesa con il ministero dell’interno, ha approvato (19 luglio 2019) il piano degli interventi di sgombero, individuando tra gli oltre 80 immobili occupati nella capitale, i 23 che, sulla base di specifici requisiti, sono da sgomberare in via prioritaria.

Di quella lista facevano parte praticamente tutti i più noti centri sociali romani (“Strikers”, “Spazio 32”, “Acrobax”, il palazzo dell’ex Enasarco, la BAM di via dei Castani e anche la “Casa delle donne Lucha Y Siesta”) ma, chissà perché, non l’immobile occupato da Casapound. “E’ un importante tassello per il ripristino di condizioni di legalità e sicurezza a beneficio di tutta la collettività” si leggeva allora in una nota del Viminale (ministro Salvini). Che, poi, aggiungeva che quell’elenco poteva essere aggiornato in presenza di nuovi provvedimenti dell’autorità giudiziaria. In altre parole è accaduto esattamente il contrario di quello che invece stanno cercando di far credere Lega, Fratelli d’Italia e giornalisti come Porro. Ora, però, dopo l’ordinanza di sequestro preventivo emesso dal gip di Roma, lo stabile di via Napoleone entra a far parte dell’elenco di quelli da sgomberare in via prioritaria, esattamente al pari dei centri sociali.

Vediamo chi viene a prenderci” ha replicato con tono di sfida nei giorni scorsi il vicepresidente di Casapound Simone Di Stefano (che, però, poi ha decisamente ammorbidito i toni dichiarando di “essere pronti a pagare l’affitto”). Lo stesso Di Stefano, però, nel luglio del 2017, in occasione dello sgombero dello stabile in via Curtatone, aveva dichiarato che “è sacrosanto l’intervento di sgombero di una palazzina occupata abusivamente”. Nulla di nuovo e di sorprendente, in pieno stile italico anche per gli esponenti di Casapound ciò che è “sacrosanto” per gli altri diventa inaccettabile quando quel genere di intervento riguarda loro stessi. Va, inoltre, sottolineato come da sempre Casapound ha giustificato l’occupazione abusiva (che dura da ben 17 anni) sostenendo che era necessaria per garantire un alloggio alle famiglie indigenti.

La nostra sede serve ad ospitare famiglie in difficoltà” hanno sempre ripetuto. In realtà, secondo un’informativa della guardia di finanza, praticamente la metà degli occupanti di quello stabile lavora come dipendente in Comune, Regione, ministero con stipendi tra i 20 e i 30 mila euro. Alla faccia di chi indigente lo è per davvero… Per altro ripetute sentenze del Tar e della Cassazione hanno ribadito che lo “stato di necessità” non può in alcun modo giustificare l’occupazione abusiva, così come in questi casi è dovere della pubblica amministrazione esercitare il potere di autotutela (che si traduce nell’ordine di sgombero da eseguire in forma coattiva). Semmai, sempre secondo quelle sentenze, lo “stato di necessità” può essere invocato in sede penale per evitare una più pesante condanna.

Al di là di ogni altra considerazione, però, francamente siamo stufi di questo quel malvezzo tipicamente italiano che vuole che si cerchi sempre un appiglio, una giustificazione per tollerare determinate illegalità. Il paese che sogniamo è quello in cui la legge venga sempre e comunque rispettata, senza se e senza ma, nel quale l’illegalità è sempre considerata tale, senza nascondersi dietro a motivazioni di comodo (e ancor meno di parte). Già, probabilmente possiamo solo sognarlo…

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