I dati ufficiali sul coronavirus confermano: il “lockdown” ha evitato una strage senza precedenti


Nonostante le misure restrittive, in Italia il coronavirus ha già fatto registrare il doppio dei decessi annui rispetto all’influenza stagionale. Rispetto al 2019 cresce anche il numero dei morti complessivi, con aumenti fino al 380% in alcune zone della Lombardia

Dopo quasi 40 giorni di lockdown (e con la prospettiva di almeno un’altra ventina di giorni) è comprensibile provare una certa stanchezza ed un po’ di inquietudine. Così come è quasi inevitabile che crescano i dubbi, alimentati dal desiderio di tornare ad una vita normale, sulla reale necessità di simili provvedimenti restrittivi. Non è, quindi, un caso che negli ultimi giorni siano tornati a circolare in rete e sui social una serie di dati (veri o presunti tali) che dimostrerebbero che l’allarme e l’attenzione riservato al coronavirus (e le conseguenti misure restrittive) sono eccessivi.

I dati ufficiali spazzano via dubbi e perplessità

In particolare vengono citati i dati italiani degli ultimi anni relativi ai morti per influenza (e per le complicanze determinate dall’influenza stessa) e si riportano e si confrontano i numeri, aggiornati giornalmente, su decessi e contagiati per coronavirus e per l’influenza stagionale in tutto il mondo pubblicati dal sito web Worldometer (che fornisce dati statistici in tempo reale su diversi argomenti). Va subito sottolineato che, nei casi in cui non si accompagna a surreali tesi complottistiche, la pubblicazione di quei dati è comunque qualcosa di positivo perché può servire a stimolare una necessaria riflessione.

D’altra parte è giusto porsi degli interrogativi, avere dei dubbi, innanzitutto perché stiamo vivendo qualcosa di inimmaginabile fino a 2-3 mesi fa, ma anche a causa della confusione generata dall’enorme mole di informazioni che ci arrivano ogni giorno, spesso incredibilmente contraddittorie. Ma è altrettanto doveroso evidenziare come un’attenta lettura dei dati (ovviamente quelli corretti), unita ad alcune considerazioni logiche, alla fine dovrebbe contribuire a spazzare via dubbi ed incertezze sull’effettività gravità della situazione.

In Italia Il doppio dei morti rispetto all’influenza stagionale

Partiamo dai dati sul numero dei decessi che si verificano ogni anno nel nostro Paese per l’influenza. A tal proposito sin dall’inizio della quarantena più volte abbiamo letto post e articoli in cui si parla di 25-28 mila decessi all’anno. Cifre assolutamente irreali e prive di fondamento. A tal proposito basta consultare i dati Istat (che arrivano al 2017) sulle cause di morte per scoprire come la realtà è assolutamente e decisamente differente.

Quei dati ci dicono che nel 2017 in Italia i morti “diretti” per influenza sono stati 663, mentre nel 2016 erano stati 316. Nell’ultimo decennio preso in considerazione (2008-2017) l’influenza ha provocato 4.600 decessi, con una media di 460 morti l’anno. Naturalmente, poi, vanno aggiunti i numeri relativi alle cosiddette morti “indirette”, cioè quelle dovute a complicanze legate all’influenza. Senza addentrarci sui differenti metodi statistici utilizzati per questo genere di stima, secondo l’Istat e l’Istituto Superiore della Sanità (Iss) in quello stesso periodo annualmente si sono verificati tra le 5 e le 10 mila morti “indirette”.

Nel complesso, quindi, dal 2008 al 2017 tra “diretti” e indiretti” l’influenza ha provocato poco meno di 100 mila morti, con una media annua di poco inferiore ai 10 mila morti. Per quanto riguarda il coronavirus ad oggi in Italia siamo arrivati a 21.067 decessi (dato purtroppo destinato a crescere ulteriormente). Considerando che, secondo l’analisi dell’Iss, circa il 4% di quei morti non aveva patologie pregresse, attualmente siamo già a circa 850 decessi “diretti” per coronavirus.

Anche in questo caso un numero purtroppo destinato a crescere e, probabilmente, a superare quota mille. Senza aggiungere considerazioni che faremo in seguito, siamo praticamente al doppio dei decessi rispetto all’influenza stagionale.

I dati di Worldometer e quelli di studi ed elaborazioni

Passando ai dati pubblicati quotidianamente da Worldometer ad oggi ci dicono che nel mondo i morti per coronavirus sono 126 mila, con poco meno di 2 milioni di contagiati, mentre per l’influenza stagionale siamo a 138 mila decessi e poco più di 7 milioni di contagiati.

Va, però, sottolineato che, come evidenzia lo stesso grafico riportato da Worldomaster sotto i dati, che per quanto riguarda il coronavirus di fatto contagi e decessi partono da metà-fine febbraio, a differenza dell’influenza stagionale (i cui dati partono dal 1 gennaio). Per altro è sufficiente considerare che nelle ultime 24 ore purtroppo i morti per coronavirus sono aumentati di 6.278 unità, rispetto alle poche centinaia in più per l’influenza stagionale. Questo significa che entro pochissimi giorni inevitabilmente ci sarà il sorpasso.

Soprattutto, però, è sin troppo evidente e chiaro che i dati relativi al coronavirus sono influenzati dal lockdown diffuso in tutte le nazione. In altre parole, che poi è il nocciolo di tutta la questione, senza quelle misure restrittive i dati relativi al coronavirus sarebbero di gran lunga superiori, praticamente catastrofici (ammesso e non concesso che oltre 20 mila morti, solo in Italia, non siano già da ritenere tali). Non ci piace molto ragionare su ipotesi, preferiamo sempre parlare di dati concreti e reali. Però, solo per provare a farsi un’idea, è opportuno sottolineare come tutti gli studi sono concordi nel ritenere che, senza il lockdown generalizzato, i morti si conterebbero probabilmente a milioni.

Addirittura secondo uno studio della Johns Hopkins Univesity, effettuato a metà febbraio quando l’epidemia iniziava a propagarsi nel nord Italia, senza misure drastiche la diffusione del virus in gran parte del continente avrebbe rischiato di provocare dai 120 ai 150 milioni di morti. Non meno catastrofiche le elaborazioni presentate dagli scienziati inglesi in Parlamento ad inizio marzo, quando Boris Johnson ipotizzava di non adottare alcun provvedimento) secondo cui si ipotizzavano tra le 500 e le 600 mila vittime solo nel Regno Unito.

Ancora, uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Lancet Infectious Disease presentava tre diversi scenari in caso di mancata adozione di misure restrittive, con nella più ottimistica delle ipotesi oltre un milione di vittime (e nella più realistica almeno una decina di milioni di morti). Dando uno sguardo all’Italia, secondo lo studio dell’Imperial College di Londra le misure di distanziamento sociale in un mese hanno evitato dai 40 ai 60 mila morti in più, mentre uno studio internazionale pubblicato sulla rivista scientifica Pnas (e realizzato da un gruppo di scienziati e ricercatori di Università italiane e svizzere) evidenzia come, da inizio epidemia fino al 25 marzo, le restrizioni attuate dal governo hanno evitato il ricovero di almeno 200 mila persone, di cui circa 25 mila in terapia intensiva (con le drammatiche conseguenze che ciò avrebbe determinato).

L’Istat conferma: a marzo decessi raddoppiati rispetto al 2019

Stiamo parlando di studi e elaborazioni, basati certamente su modelli matematici e scientifici, che ovviamente vanno presi con le opportune cautele ma che rendono perfettamente l’idea dello scenario a cui saremmo andati incontri senza il lockdown. Non sono, invece, elaborazioni o ipotesi ma dati concreti e verificabili, probabilmente i più significativi tra tutti quelli presentati, quelli relativi al tasso di mortalità nel nostro paese.

A tal proposito va detto che al momento i dati ufficiali Istat (relativi al primo trimestre 2020) sono parziali ma già così ampiamente esplicativi. Ancor più, però, lo sono due report ufficiali. Partiamo dai dati Istat che, a differenza di quanto fatto credere da una delle tante “bufale” che circolano in rete, sia pure parziali evidenziano comunque un marcato aumento dei morti nel nostro Paese rispetto al 2019. Nei 1.084 comuni fino ad ora analizzati nel primo trimestre 2020 si sono registrati 40.244 decessi rispetto ai 33.575 dell’anno precedente (più 6.669 pari ad un aumento del 20%).

Se, però, si considera solo il mese di marzo (al momento l’unico mese iniziato e concluso con l’emergenza coronavirus) rispetto all’anno precedente il numero dei decessi è addirittura raddoppiato (16.216 rispetto ad 8.054).

Ecatombe nelle zone rosse: +200% a Pesaro, +380% nel Bergamasco

Ancora più eclatanti sono, poi, i dati dei due report citati.  Quello effettuato dal ministero della Salute in collaborazione del Dipartimento di epidemiologia del Lazio ha riguardato una trentina di capoluoghi di provincia di Nord, Centro e Sud. Complessivamente, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, l’aumento di decessi è di circa il 50%, con una crescita del 70% al nord e del 15% al sud. Con punte inimmaginabili in alcuni capoluoghi del nord, quasi il 300% a Bergamo  e intorno al 200% a Brescia e Piacenza.

L’altro report, effettuato dall’Istat, ha preso invece in considerazione circa 1500 comuni (capoluoghi di provincia, piccoli e grandi comuni) dell’area della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia Romagna (e compresa la zona di Pesaro). In questo caso i dati (ufficiali e incontestabili) sono ancor più sconcertanti, in media in quei 1500 comuni il numero di morti rispetto allo scorso anno è aumentato del 194%, con in alcuni piccoli comuni del Bergamasco punte del 380% (a Pesaro siamo oltre il 200% in più).

A ben pensarci sarebbero sufficienti semplicemente questi ultimi dati per rendere superflua ogni discussione sull’assoluta necessità delle misure restrittive…

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