Ansie, paure e speranze: il racconto di un’ascolana in quarantena nell’epicentro del coronavirus


La donna vive e lavora a Codogno da oltre un anno e da venerdì 21 febbraio, come gli altri 15 mila abitanti della cittadina lodigiana considerata l’epicentro del coronavirus in Italia, è a casa in quarantena e non può allontanarsi dalla zona rossa

C’è anche una donna ascolana tra i “prigionieri” di Codogno, la cittadina lodigiana che è considerato l’epicentro del coronavirus in Italia. Proprio nell’ospedale del piccolo centro lombardo si è registrato il primo caso noto di contagio secondario, con il ricovero del 38enne che poi avrebbe dato il via alla serie di contagi (una quarantina solo nella cittadina lodigiana che conta circa 15 mila abitanti). Per questo da venerdì scorso (21 febbraio) Codogno è diventata zona rossa, nessuno può entrare o uscire dal paese e per i suoi residenti è iniziata la quarantena, da domenica con tanto di blocchi stradali presidiati dalle forze dell’ordine.

Tra loro, appunto, c’è anche una donna ascolana che vive e lavora a Codogno da circa un anno e che ora, come gli altri, sta affrontando questa dura prova. Tra l’inevitabile e il comprensibile timore, anche per le conseguenze che questa situazione potrà avere nel futuro, ma con un’invidiabile forza d’animo e la consapevolezza che purtroppo, visto quanto accaduto, non c’era altra soluzione.

E’ come trovarsi a vivere all’improvviso in una realtà da film, di quelli di fantascienza che hai visto e che neppure nel peggior incubo hai mai immaginato di poter vivere concretamente” ci confessa. Eppure fino a pochi giorni fa, fino a mercoledì scorso, la sua vita, come quella degli altri residenti della cittadina lodigiana, trascorreva in maniera molto tranquilla.

Codogno è un piccolo centro in cui si vive molto bene – ci spiega – per certi versi ricorda un po’ Ascoli, una cittadina tranquilla con una situazione economica più che discreta. E’ da circa un anno che vivo qui e lavoro in un centro che si occupa di benessere e dimagrimento femminile”. Poi la vicenda di quel 38enne che, nel giro di poche ore, ha stravolto la vita di quella piccola cittadina e, per certi versi, anche del resto del paese.

Le prime voci in proposito sono iniziate a circolare nella giornata di mercoledì 19 febbraio – racconta – poi nelle ore successive sono arrivate le conferme e da venerdì scorso siamo in quarantena, per il momento fino al prossimo 3 marzo. Ma sappiamo che se la situazione non dovesse migliorare o, addirittura, dovesse peggiorare la quarantena potrebbe essere prolungata per altri 15 giorni. Da domenica scorsa, poi, a presidiare i vari checkpoint presenti nel paese ci sono le forze dell’ordine”.

Da quanto accaduto è chiaro che il contagio si è sviluppato in ospedale – prosegue – ed era praticamente inevitabile che si diffondesse in questo modo. L’ospedale di Codogno è al centro del paese, non in periferia come ad esempio ad Ascoli, e gli operatori sanitari che ci lavorano praticamente hanno contatti continui con tantissime persone, già solamente nel bar dove vanno per prendere un caffè o per mangiare qualcosa”.

Per quanto riguarda la sua situazione, la donna ascolana è entrata in contatto con una delle infermiere che ha accolto al pronto soccorso il 38enne poi risultato infetto, anche se non sono chiarissimi i tempi del contatto.

Tutte le persone e, ancor più, gli operatori sanitari che hanno avuto uno stretto contatto con quel 38enne hanno cercato di ricostruire la catena di incontri e di contatti che hanno avuto in quei giorni – ci spiega – e quella infermiera inizialmente ha raccontato di essere venuta nel nostro centro il giorno successivo il contatto con il 38enne, poi si è corretta e ha sostenuto che in realtà è venuta il giorno precedente. Non abbiamo, quindi, la certezza sul giorno ed ovviamente se sia venuta prima o dopo il contatto con il 38enne fa tutta la differenza del mondo. In ogni caso l’infermeria ha effettuato il tampone ed al momento è risultato negativo. Ma nei prossimi giorni ripeterà l’esame e, ovviamente, non possiamo che sperare che l’esito sia identico”.

Fino ad ora, invece, lei non è stata sottoposta ad alcun controllo, anche per ragioni strettamente pratiche. “Dopo tutti i test che sono stati fatti iniziano a scarseggiare i tamponi – racconta – quindi al momento vengono effettuati solo nei casi in cui è necessario. Come chi, come quella infermiera, è stata a contatto con il 38enne. E’ chiaro che nel caso in cui il secondo test su quella donna risultasse positivo anche chi è stata a contatto con lei verrebbe sottoposto a tampone.

Così come, altrettanto ovviamente, in caso di insorgenza di qualche sintomo con anche la febbre bisogna chiamare il numero che hanno messo a disposizione e, poi, con le dovute precauzione vengono a casa ad effettuare il tampone. In un certo senso si può dire che siamo in attesa, ovviamente con un po’ di inevitabile timore. In particolare ad ogni accenno di un po’ di raffreddore o anche di una leggera irritazione alla gola cresce l’ansia, la paura”.

A rendere la situazione più complicata è, poi, il fatto che con questo fardello di comprensibile ansia e preoccupazione bisogna poi affrontare il necessario isolamento provocato dalla quarantena.

Non possiamo uscire dalla zona rossa – spiega la donna ascolana – usciamo solo per fare la spesa in quei negozi che ancora restano aperti ma per accedervi bisogna avere la mascherina. Io sono uscita ieri mattina (lunedì 24 febbraio) per andare a fare la spesa e mi sono trovata di fronte una situazione irreale, il paese vuoto, quasi nessuno in strada. Nella mia zona ci sono due negozi, in quello più grande si può entrare 20 persone alla volta, in quello più piccolo 5. Ovviamente bisogna mettersi in coda e fare la fila, sembra di essere tornati indietro nel tempo e di vivere quelle situazioni che si vedono nei filmati del periodo della seconda guerra mondiale. Io sono uscita poco dopo le 8 e sono tornata alle 11”. Poi tutto il giorno a casa, nell’attesa che l’emergenza passi.

Non è facile far trascorrere il tempo – racconta – passo molto tempo davanti alla tv, cerco di sentire al telefono amici e parenti per avere un po’ di conforto, in molti qui a Codogno lavorano da casa. Ma è dura, il tempo sembra non passare mai”. Ovviamente una situazione così particolare non può generare anche sentimenti e sensazioni contrastanti.

In un simile contesto prevale la sensazione di paura – confessa – quando esci e vai in giro in strada hai sempre la paura di poter essere contagiata, ancor più la paura cresce ogni volta che si incontra qualcuno senza mascherina. Ieri mattina, ad esempio, quando sono uscita dopo un po’ in strada ho avuto la netta sensazione che ci fosse qualcuno dietro di me, mi sono girata e ho visto un uomo senza mascherina e di colpo mi sono sentita assalire da una sensazione di ansia e paura. Nello stesso tempo, però, si vivono situazioni di solidarietà e di una sorta di rassegnazione.

Ad esempio, con il fatto che le mascherine scarseggiano, capita che in fila in attesa di fare la spesa ci sia qualcuno senza mascherina, che quindi non potrebbe entrare in negozio. E in quelle circostanze più di una volta ci si scambia la mascherina per permettere a chi ne è sprovvisto di fare la spesa. Certo così si rischia ma in molti c’è come una sorta di rassegnazione, come la consapevolezza che se deve accadere di essere contagiati accadrà comunque. Ciò che, però, maggiormente colpisce è il silenzio irreale che regna nel paese, squarciato ogni tanto solo dal suono sinistro delle sirene delle ambulanze”.

In un simile contesto è difficile anche solo pensare a ciò che riserverà il futuro. Che, per altro, è pieno di punti interrogativi e inevitabilmente foriero di ulteriori timori, anche se di altra natura.

Codogno fino ad oggi è un paese in cui si vive bene, florido economicamente – spiega la donna ascolana – ma quanto sta accadendo pone dei grossi interrogativi per il futuro, più la quarantena si prolungherà e più il sistema economico cittadino rischia di andare in crisi. Per quanto mi riguarda al momento siamo considerati in malattia, se l’isolamento dovesse proseguire finiremo in una sorta di cassa integrazione. Ma la maggiore preoccupazione è per il futuro, per quando questa quarantena finirà. Non ci sono garanzie, non è affatto scontato che torni tutto come prima a livello lavorativo”.

Dubbi e timori che, se possibile, rendono ancora più angosciante la vita in quarantena…

bookmark icon