Venezia affonda stretta nella morsa della corruzione e del cambiamento climatico


Il disastro che ha colpito Venezia ha fatto riemergere lo scandalo Mose, l’opera che doveva proteggere la Laguna finita al centro di uno dei più clamorosi episodi corruttivi della storia recente del nostro Paese. E, secondo gli esperti, è stato causato anche dal cambiamento climatico…

Il disastro che ha colpito Venezia (l’acqua alta quasi 2 metri che ha travolto edifici, opere d’arte e ha provocato anche 2 vittime) dovrebbe spingerci a riflettere su alcune importantissime questioni. La prima è che quando si parla di grandi opere bisognerebbe avere meno superficialità e maggiore rigore. Perché purtroppo nel nostro paese il confine tra opera realmente indispensabile e concretamente utile e pretesto per “foraggiare” la solita mangiatoia è sempre estremamente labile.

La seconda, in parte legata alla prima, è che si è avuta la conferma come la corruzione sia una delle emergenze, forse la principale, del nostro paese, nonostante in molti (soprattutto politici e partiti) cerchino di ridimensionare quella che è una vera e propria piaga. Non solo (anche se già sarebbe sufficiente…) per ragioni etiche ma anche e soprattutto per evidenti motivi pratici, perché la corruzione blocca, ritarda e mette rischio opere fondamentali e sottrae fondi che potrebbero e dovrebbero essere usati per ben altri scopi.

La terza importante indicazione, che sappiamo già farà sobbalzare e indignare qualcuno, è che, Greta o non Greta, possiamo anche ironizzare sull’allarme climatico, magari sostenendo che sia tutta una speculazione. Però, poi, capita che bisogna farci i conti concretamente. Venezia ne è la più palese dimostrazione, come sostengono in maniera pressoché concorde gli esperti del settore.

Più in generale quanto è accaduto a Venezia e le conseguenti discussioni sono ancora una volta una delle tipiche storie all’italiana, nelle quali alla fine l’obiettivo principale di molti è quello di fare confusione, di sollevare un polverone tale da fare in modo che non si capisca più nulla, che si finisca per confondere le responsabilità in maniera che poi si possa come al solito ridurre tutto ad uno scontro tra fazioni che finiscono per accusarsi reciprocamente. Basterebbe pensare che, addirittura, in queste ore perfino l’ex presidente del Veneto Giancarlo Galan, che ha patteggiato (quindi ha ammesso il reato) una pena di 2 anni e 10 mesi per corruzione continuata, ha avuto il coraggio di lanciare accuse verso altri per quanto accaduto…

Per cercare di capire qualcosa di più occorre innanzitutto partire da cosa sia e quale dovrebbe essere la finalità del Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico). Si tratta di un’opera di ingegneria civile, ambientale e idraulica finalizzata alla difesa di Venezia e della sua laguna dalle acque alte, attraverso la costruzione di schiere di paratoie mobile a scomparse poste alle bocche del porto (i varchi che collegano la laguna con il mare aperto attraverso i quali si attua il flusso e riflusso della marea) di Lido Malamocco e di Chioggia, in grado di isolare temporaneamente la laguna di Venezia dal mare Adriatico durante gli eventi di alta marea.

Il Mose dovrebbe proteggere Venezia da maree fino a 3 metri e la sua entrata in funzione è prevista per maree superiori ai 110 cm. Un progetto ambizioso che, secondo una stima iniziale doveva costare circa 7 miliardi, scesi a poco meno di 6 nel 2005. A dare il via all’opera, nel 2003, è stato il governo Berlusconi con i lavori gestiti dal Consorzio Venezia Nuova che agiva per conto del Magistrato delle Acque di Venezia, emanazione del ministero delle infrastrutture.

L’opera doveva essere terminata entro il 2016 ma gli scandali determinati dalla corruzione dilagante e scoppiati concretamente nel 2014 hanno inevitabilmente bloccato prima e rallentato poi l’iter. Nel corso di quell’anno il Consorzio Venezia Nuova è stato addirittura commissariato dallo Stato visto che numerosi suoi membri erano coinvolti nell’indagine per i fondi illeciti e avevano patteggiato la pena.

Da quel momento si sono succeduti commissari ad acta ma di fatto l’opera si è arenata. Il fatto è che, dopo il ciclone giudiziario, il Consorzio è andato in tilt, alcune delle grandi aziende che ne facevano parte sono saltate, sostituite da piccole aziende che faticano a portare avanti l’intervento. Secondo quanto sostenuto dall’ingegner Ossola, amministratore straordinario del Consorzio, siamo intorno al 90% di realizzazione e la nuova data di consegna è fissata per il 31 dicembre 2021.

Ovviamente gli eventi di questi giorni hanno riproposto il dibattito sulla reale utilità dell’opera.. Uno dei più decisi oppositori Massimo Cacciari (sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 e dal 2005 al 2010) ha sempre sostenuto che la soluzione non era certo quell’opera mastodontica che rappresentava innanzitutto una colata di cemento in Laguna e che considerava difficile da realizzare. Secondo Cacciari sarebbe stato molto più utile garantire una manutenzione continua alla laguna, attraverso interventi sempre correggibili e soprattutto reversibili, che prestassero attenzione alla particolare natura della città.

La vogliono? Hanno deciso di farla? Mi dicevo: speriamo che almeno non buttino via i miliardi di euro per completarla. Invece è successo proprio questo. Adesso che Venezia è stata inondata e che l’opera si è rivelata praticamente inutile, perché ancora incompleta dopo oltre 16 anni, per onestà bisognerebbe dar merito alla mia lungimiranza” ha affermato nelle ore scorse. Magari esagererà, però una riflessione sul fatto che alla fine c’è il concreto rischio di aver “bruciato” inutilmente 6 miliardi di euro bisognerebbe iniziare a farla.

Con l’aggiunta che in questo caso al danno (l’inutilità dell’opera) si è aggiunta la beffa. Rappresentata dal fatto che intorno al Mose si è sviluppato uno dei più clamorosi episodi di corruzione della storia recente del nostro paese. Il 4 giugno 2014, nell’ambito di un’inchiesta anticorruzione della magistratura italiana, sono stati eseguiti 35 arresti, con oltre 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati come la creazione di fondi neri, corruzione, tangenti e false fatturazioni.

Un vero e proprio ciclone giudiziario che ha fatto emergere un sistema corruttivo profondo e ben radicato, di fatto ammesso dagli stessi protagonisti, molti dei quali hanno patteggiato. Per rendere l’idea, secondo un primo rendiconto fatto dai magistrati intorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false, più della metà utilizzate per pagare tangenti.

Ma secondo alcune stime non confermate il giro di mazzette sfiorerebbe addirittura i 100 milioni di euro. L’inchiesta della magistratura, che ha svelato il rapporto stretto e spesso illegale tra alcune delle principali grandi aziende e il sistema politico veneto che ruotava intorno al centrodestra e alla Lega (padrona incontrastata del Veneto da 25 anni), ha travolto soprattutto il centrodestra e in parte anche il Pd. I nomi più importanti coinvolti sono quelli dell’ex presidente della Regione Galan, dell’ex ministro del governo Berlusconi Mattioli e del sindaco di Venezia Orsoni (indipendente ma eletto con l’appoggio del Pd).

E’ paradossale che in queste ore molti esponenti leghisti (tra cui il presidente della Regione Zaia) e del centrodestra stiano cercando di spostare il tiro, minimizzando il problema corruzione o, quanto meno, incolpando i governi che si sono succeduti dal 2003 al 2013 (quando è partita l’inchiesta giudiziaria) di non aver controllato. A loro (e a chi in qualche modo gli dà credito) bisognerebbe innanzitutto ricordare che nei 10 anni che vanno dal 2003 al 2013 per 6 anni il governo è stato a guida del centrodestra (Berlusconi), per 2 centrosinistra (Prodi 2006-2008) e per 2 anni governo tecnico (Monti 2011-2013) sostenuto da gran parte del centrodestra.

In ogni caso l’eventuale mancanza di controlli è una concausa, un’aggravante di quello che è il problema principale, la vera emergenza nazionale rappresentata dalla corruzione diffusa che coinvolge imprenditori, imprese, funzionari pubblici e politici. E che ha ricadute così pesanti nella vita del nostro paese, anche perché in troppi ambiti si continua a minimizzare, a non dare ascolto ai ripetuti allarmi e appelli che arrivano da giudici e magistrati.

Ultima, ma non meno importante considerazione, è quella che riguarda l’incidenza del cambiamento climatico, anch’essa in molti ambiti minimizzata. In queste ore gli esperti ci hanno spiegato che sostanzialmente sono 6 le cause per cui Venezia viene sommersa. Tre sono cause definite “senza tempo”: la luna, la faglia adriatica, l’argilla. A cui, però, ora si sono aggiunti altri 3 fattori che hanno aumentato i rischi: lo sfruttamento della falde, il meteo impazzito e il livello del mare. Come spiega con assoluta chiarezza il fisico del clima del Cnr Antonello Pasini su quanto accade a Venezia c’è il doppio zampino del clima.

Da un lato c’è l’innalzamento del livello del mare – afferma – dovuto allo scioglimento dei ghiacci, fenomeno senz’altro dovuto al cambiamento climatico (quindi possiamo definirlo effetto diretto). Ma a fare la differenza è l’effetto dei venti che arrivano da sud e che spingono l’acqua del Basso Adriatico fino alla Laguna. Una situazione particolare sempre più frequente, effetto indiretto del cambiamento climatico. Infatti con il riscaldamento globale sta cambiando la circolazione del vento, la circolazione equatoriale e tropicale si sta spostando verso nord con la conseguenza che, anche sulla nostra Penisola, ci sono sempre più spesso venti nella direttrice sud-nord e, in particolare, afflussi caldi da sud

E’ solo un anticipo – conclude Pasini – di quanto avverrà nei prossimi anni come preannunciano diversi studi italiani e internazionali e che sarà in modo più evidente l’effetto del cambiamento climatico”. Chissà se saranno fischiate le orecchie a quelli che da mesi non hanno niente di meglio da fare che sbeffeggiare l’adolescente svedese Greta Tumberg…

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