Flop rimpatri, da Salvini solo promesse ma zero fatti


Aveva promesso di espellere 600 mila irregolari in poco tempo, nel contratto di governo era sceso a 500 mila da rimpatriare in 18 mesi. Ma nei primi 13 mesi al governo sono stati appena 7.286 i rimpatri effettuati, peggio sia del governo Conte che di quello Gentiloni

C’è un numero che, più di ogni altra considerazione, da solo testimonia inequivocabilmente il fallimento della politica di Matteo Salvini in quello che era il suo “cavallo di battaglia” e, al tempo stesso, dimostra la sua totale inaffidabilità: 3.299. Quello, secondo i dati ufficiali forniti dal Viminale (cioè il ministero  guidato dallo stesso Salvini), è il numero dei migranti irregolari rimpatriati dal governo nei primi 6 mesi del 2019. Questo significa che la proiezione per fine 2019 (a meno di novità che al momento non si vedono all’orizzonte) è di 6.598 rimpatri.

Un leader politico e un rappresentante istituzionale con un briciolo di dignità e di rispetto nei confronti dei suoi elettori, di fronte ad un simile flop non avrebbe esitato un attimo a rassegnare le proprie dimissioni, chiedendo scusa per la propria manifesta incapacità. Perché quel numero e la conseguente proiezione per il 2019 determinano una duplice pesante ed inequivocabile bocciatura per il leader della Lega. Infatti da un lato confermano la sua totale inaffidabilità, la spregiudicatezza e la facilità con la quale si prende gioco dei suoi più fedeli seguaci (per altro molto ben disposti a farsi prendere in giro…), con proclami solenni e promesse che poi non è in grado di mantenere.

Dall’altro certificano, altrettanto inequivocabilmente, la sua più totale irrilevanza in campo internazionale, il fatto che fuori dai confini italiani nessuno dei leaders politici (eccetto gli “amici” russi) lo considera una controparte seria e credibile, un leader politico a cui dare un minimo di credito. Nonostante la cortina fumogena con la quale gran parte dell’informazione prova a coprire la portata clamorosa di questo fallimento, chi conserva ancora un briciolo di memoria ricorda bene come quello dei rimpatri fosse il cardine, la “madre” di tutte le promesse di Salvini e della Lega per quanto concerne il problema dell’immigrazione, tema centrale e prioritario della campagna elettorale del Carroccio alle ultime politiche.

Anche perché in fondo, sia pure senza le forzature e le esasperazioni attuali, la strategia dei “porti chiusi” era stata già adottata dal precedente ministro dell’interno, Minniti. Il massiccio e rapido rimpatrio degli irregolari, invece, era la grande scommessa, la carta vincente giocata da Salvini e dalla Lega  in quella campagna elettorale, nonostante praticamente all’unanimità si sottolineava quanto assolutamente irrealizzabile fosse quella promessa. “L’espulsione di 600 mila clandestini dall’Italia in pochissimo tempo  è un obiettivo reale e concreto” si legge nel programma elettorale del Carroccio per le politiche 2018.

Via 600 mila clandestini dall’Italia, lo faremo con la Lega al governo. E’ un obiettivo reale che realizzeremo in poco tempo” ripeteva Salvini nel comizio di chiusura di quella campagna elettorale. E in effetti, una volta arrivato al governo, aveva convinto (senza troppa fatica…) il suo alleato, tanto da inserire il tema dei rimpatri nel contratto di governo, sia pure con cifre e tempi un po’ ridimensionati. “Ad oggi sarebbero circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio” si legge nel contratto di governo, che poi fissa in 18 mesi il tempo necessario per completare l’operazione.

Il che significa che nel primo anno il nuovo governo avrebbe dovuto rimpatriare poco meno di 350 mila irregolari. Che le cose non stessero andando nel verso sperato (almeno dalla Lega) lo si era già intuito qualche mese fa quando, all’improvviso, Salvini aveva provato a cambiare le carte in tavola, sostenendo che in realtà gli irregolari presenti sul nostro territorio non sono più di 90 mila (senza però spiegare dove fossero finiti gli altri 400 mila…). Un patetico e imbarazzante bluff, facilmente smascherato dai dati ufficiali e confermati da tutte le associazioni nazionali ed internazionali che si occupano di migranti.

Nei giorni scorsi, poi, sono arrivati i dati ufficiali del Viminale che certificano il fallimento. Nei primi 6 mesi del 2019 sono stati rimpatriati 3.299 irregolari, da quando è in carica il governo Conte (13 mesi) i rimpatri effettuati sono stati 7.286. Non siamo neppure al 2% dei rimpatri previsti. Altor che 18 mesi, con questa media servirebbero circa 75 anni. Quel che è maggiormente imbarazzante per Salvini è che il suo governo addirittura fa decisamente peggio di quelli che l’hanno preceduto., sia quello Renzi (7.383 rimpatri in un anno), sia quello Gentiloni (7.981 rimpatri in un anno).

Prendendo come riferimento la proiezione per il 2019, il governo di Salvini ha un 10% in meno di rimpatri rispetto a quello Renzi e un 17% in meno rispetto a quello Gentiloni. Una “caporetto” che si spiega anche con la sempre più sconfortante insussistenza internazionale di questo governo e del leader leghista.

Evidenziate non solo dal fatto che le altre principali nazioni europee hanno ben altri numeri annui di rimpatri (tutte oltre 50 mila l’anno, la Francia addirittura oltre 100 mila, persino la Polonia ha fatto di gran meglio, con cifre quattro superiori a quella dell’Italia). Ma anche e soprattutto dall’ennesimo proclama di Salvini risultato inattendibile.

Entro l’autunno faremo accordi di espulsione e rimpatrio volontario con tutti i paesi di provenienza degli immigrati irregolari: Senegal, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger” prometteva Salvini a settembre dai microfoni di Rtl 102.5. Quasi superfluo sottolineare che, dopo quasi un anno, nessuno di quei paesi (la maggior parte dei quali ha stipulato patti in proposito con le principali nazioni europee) ha voluto sottoscrivere l’accordo con Salvini. Chissà perché…

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