Bocciato l’esame di maturità modello telequiz


I risultati nelle scuole del capoluogo piceno dimostrano che erano fondati i timori di una tendenza a livellare verso la sufficienza. Coro di commenti negativi da parte degli insegnanti, sotto accusa in particolare la prova orale ma anche il sistema di assegnazione del voto finale

Tutto come previsto. O forse sarebbe meglio dire tutto come nelle peggiori previsioni. Terminati gli scrutini e pubblicati i “quadri” in tutte le scuole cittadine, si possono stilare i primi bilanci dell’esame di maturità che si è svolto, per la prima volta, con la nuova contestatissima formula. E mai come in questo caso tutte le perplessità, tutti i dubbi sollevati nei mesi scorsi si sono poi rivelati incredibilmente fondati. Partendo dai dati numerici (almeno quello che conosciamo riferiti alle scuole del capoluogo), incontrovertibili e incontestabili, emerge in maniera inequivocabile che chi aveva parlato del concreto rischio che il nuovo esame tendesse a livellare verso la sufficienza tutti gli alunni, aveva visto giusto.

Rispetto agli anni passati, infatti, ci sono molti meno 100 e lode e 100, diminuiscono anche i 60 e i voti considerati “bassi” tra 61 e 70 con un clamoroso aumento dei cosiddetti voti di mezzo, tra 71 e 90, che superano di gran lunga il 60%, mentre negli anni passati non raggiungevano neppure il 50%. In realtà non bisognava essere dei maghi per prevederlo, bastava semplicemente osservare il nuovo sistema di valutazione, il differente punteggio attribuito alle varie componenti del voto finale (curriculum scolastico degli ultimi 3 anni, prove scritte e prove orali) per ipotizzare ciò che poi è puntualmente accaduto (almeno nel capoluogo piceno).

Più in generale nel diluvio di commenti e considerazioni che abbiamo ascoltato direttamente o che abbiamo letto nei vari siti che si occupano di istruzione ci ha colpito, ma non stupito più di tanto, la grandissima maggioranza di giudizi altamente negativi da parte dei docenti, con più di uno che si spinge al punto da chiedersi e chiedere se ha ancora senso far svolgere l’esame di maturità così svilito e svuotato di significati.

Ma andiamo per ordine, partendo dai dati relativi alle scuole del capoluogo piceno. Dove su 925 studenti che hanno affrontato l’esame di maturità solamente 14 (1,5%) hanno ottenuto il massimo punteggio di 100 e lode, mentre 47 (5%) sono usciti con 100. Numeri decisamente differenti rispetto allo scorso anno quando i 100 e lode erano stati 27 (2,9%), mentre i 100 erano stati 75 (9%). Se si aggiungono i voti tra 91 e 99, nel 2018 poco meno di un quarto (24,1%) degli studenti ascolani avevano ottenuto un voto alto. Quest’anno, invece, non si raggiunge neppure il 15%, con un crollo del 10%. Sono, invece, 52 (5,6%) gli studenti che sono usciti con 60, mentre complessivamente il 23,2% di loro ha ottenuto un voto non superiore 70. Nel 2018 i 60 erano stati 61 (6,5%) e complessivamente i voti non superiori al 70 erano stati il 28,6%.

Questo significa che il 62,1% degli studenti ha ottenuto un voto tra 71 e 90, quasi il 15% in più rispetto allo scorso anno. La scuola dove si è registrato il maggior numero di 100 e lode (5) è il Liceo Classico “F. Stabili”. Dove, per altro, nessuno degli studenti ha ottenuto un voto inferiore a 70. Al “Mazzocchi-Umberto I” il maggior numero di 100 (14) ma anche di 60 (10). Da segnalare, infine, che al Liceo Scienze Umane nessun studente ha ottenuto né 100 e lode né 100.

Questi sono i dati complessivi delle scuole cittadine che dicono già abbastanza, forniscono alcune indicazioni e spunti ma, ovviamente, non dicono tutto. Al di là dei numeri lo svolgimento dell’esame, a giudicare dai commenti e dai giudizi degli insegnanti stessi, ha confermato tutte le perplessità sollevate già nei mesi precedenti.

Senza tornare sul discorso della tempistica (solo in un paese sgangherato e allo sbando come il nostro può accadere di far partire le nuove modalità di esame a partire dal 2019, cioè con gli studenti che hanno iniziato il percorso verso l’esame stesso in un modo e che, all’improvviso, a pochi mesi dalla prova si sono visti cambiare le modalità), i docenti sono abbastanza unanimi nel bocciare innanzitutto la prova orale modello telequiz (con la scelta della busta) ma criticano anche  le modalità di assegnazione del voto finale, una certa confusione di competenze e non mancano dure critiche anche alla prima prova scritta.

Più in generale viene sottolineato come l’esame così strutturato non evidenzia, come invece dovrebbe, l’effettiva preparazione dei ragazzi ma, piuttosto, la capacità di sapersela cavare.

Ho un’esperienza pluriennale come commissario interno ed esterno – confessa un insegnante al sito “Orizzonescuola” – e trovo che questa nuova modalità di esame sia solo paragonabile ad un telequiz e niente più. La padronanza dei contenuti non può essere ridotta a semplici spunti disciplinari contenuti in una busta”. “Credo che quest’esame sia proprio una farsa senza eguali – aggiunge un altro insegnante – non premia chi studia visto che una prova scritta ha lo stesso peso di un orale che riguarda tutte le materie. L’esame è frustrante per il docente che è costretto ad assistere ad orali imbarazzanti, per assenza di contenuti o per collegamenti astrusi e senza logica dei candidati”.

Molti insegnanti, sempre a proposito della prova orale, sottolineano poi che non avendo la possibilità di fare molte domande per i commissari esterni di fatto è impossibile capire le effettive conoscenze degli alunni.

L’impressione sgradevole è quella di avere la bocca tappata: percorsi preconfezionati, collegamenti stiracchiati, a volte fantasiosi, il tutto per evitare di rispondere alla domanda sul programma. Risultato, appiattimento completo o quasi, preparazione modestissima!” afferma un altro insegnante che evidenzia anche il tempo contingentato del colloquio, con la conseguenza che se un alunno ha una buona capacità espositiva per ogni disciplina viene esposto al massimo un argomento.

Contestata anche l’attribuzione del punteggio, con non più di 20 punti per il colloquio stesso (secondo la maggior parte degli insegnanti l’unica prova che consente ai candidati di dimostrare quanto abbiano studiato) che finisce per avvantaggiare coloro che si sono impegnati di meno. Va per altro aggiunto che in quei 20 punti ci rientrano anche quelli attribuiti per la correzione delle prove scritte (un non senso) e per la relazione sull’alternanza scuola-lavoro. Su cui è meglio stendere un velo pietoso, in diverse occasioni (anche nel capoluogo piceno) gli studenti si sono dovuti ingegnare per farla, visto che non avevano alcun tipo di riferimento (in particolare su quanto fatto 3 anni prima) se non quello del proprio ricordo.

Un credito scolastico fino a 40 punti – sottolinea un insegnante – da un lato può tutelare i ragazzi più impegnati nel corso dell’ultimo triennio, dall’altro è svantaggioso nelle scuole in cui vigono maggiore rigore e serietà, oltre al fatto che affievolisce il significato stesso dell’esame di maturità. Inoltre la valutazione dell’esame tende a livellare verso la sufficienza tutti gli alunni”. Dubbi e perplessità riguardano anche la prima prova scritta, risultata particolarmente difficoltosa soprattutto negli istituti tecnici.

L’adeguamento degli studenti alle indicazioni della prima prova scritta è stato difficoltoso – sottolinea un commissario esterno – del resto le misure di accompagnamento previste dal ministero sono state insufficienti. Inoltre le tracce di tipologie C, per essere ben sviluppate, richiedevano conoscenze che mediamente gli studenti non posseggono”. Tante le criticità sollevate che portano la maggior parte degli insegnanti che hanno sperimentato per la prima volta il nuovo esame di maturità a bocciarlo sonoramente.

L’istruzione è un’altra cosa – conclude un insegnante presidente di commissione – non mi entusiasmava quello che c’era prima ma la mia impressione è che il nuovo esame è decisamente peggiore. Così come è stato strutturato non serve a nulla, non è una vera prova, non serve ad accertare capacità e competenze, è un inutile spreco di tempo e di denaro. A questo punto, se deve rimanere così, tanto vale abolirli…”.

Un’amarissima conclusione che in un paese serio e con un briciolo di coscienza civile inevitabilmente aprirebbe una seria riflessione. Già, in un paese serio…

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