Esame di maturità, la prova orale come una roulette russa…


A meno di un mese dall’inizio dell’esame di maturità (mercoledì 19 giugno) crescono le perplessità per la prova orale con le buste, modello telequiz di Mike Bongiorno. E la nota “chiarificatrice” del Miur del 7 maggio scorso non convince docenti e studenti…

Solo in un paese che non capisce l’importanza che rivestono l’istruzione e la scuola (e che, non a caso, da anni consente che a gestire un settore così importante siano degli autentici incompetenti…), come purtroppo è da anni l’Italia, può accadere il paradosso che a meno di un mese dall’inizio dell’esame di maturità le modalità in cui si svolgerà il colloquio orale restano un rebus. Abbiamo più volte sottolineato l’assurdità del far partire le nuove modalità pensate (si fa per dire) dai due “geni” che si sono succeduti alla guida del ministero (Fedeli prima, Bussetti poi) dall’esame di maturità 2019, cioè con gli studenti che hanno iniziato il percorso verso l’esame stesso in un modo e che all’improvviso, proprio a pochi mesi dalla prova, si sono visti cambiare le modalità.

Già questo sarebbe sufficiente per dimostrare l’imbarazzante superficialità e incompetenza dei due ministri. Poi quando pian piano sono venute alla luce le nuova modalità di svolgimento sia della prima che della seconda prova, lo sconcerto e lo sconforto sono via via aumentati. A completare un quadro desolante, poi, la straordinaria “genialata” della prova orale modello telequiz alla Mike Bongiorno (vedi articolo “Esame di maturità come un telequiz alla Mike Bongiorno”), probabilmente uno dei punti più bassi toccati dal sistema scolastico italiano. Un “pastrocchio” davvero imbarazzante con il quale, però, tra meno di un mese circa mezzo milioni di maturandi dovranno fare i conti.

Ma mentre per le due prove scritte, al di là di ogni altra considerazione, il quadro sembra essere ormai chiaro, sulle modalità dello svolgimento della prova orale restano ancora tanti, troppi dubbi. Un’indecenza, considerando che l’inizio dell’esame (con la prova scritta di italiano) è fissato per mercoledì 19 giugno. Inevitabilmente cresce la preoccupazione tra gli studenti ma anche tra i docenti anche perché sulle famigerate buste che conterranno lo spunto da cui partirà la prova stessa nessuno ha ancora le idee chiare.

L’unica cosa certa è che saranno pari al numero degli studenti più due in modo che anche l’ultimo studente che affronterà la prova potrà provare l’ebbrezza del sentirsi chiedere (purtroppo non da Sabina Ciuffini, l’affascinante valletta di Mike Bongiorno nel “Rischiatutto”) “vuole la busta numero 1, numero 2 o numero 3?”. Per provare a fare un po’ di chiarezza, il ministero dell’istruzione lo scorso 7 maggio ha inviato ai presidi una nota, da girare ai docenti che formeranno le commissioni, con “precisazioni sulle modalità di svolgimento del colloquio”. Che, però, non sembra aver avuto un particolare, almeno a giudicare dalla reazione delle associazioni dei docenti e degli studenti.

Il colloquio – si legge nella nota – viene avviato con l’analisi e il commento del materiale che la commissione propone al candidato. Per questo risulta di fondamentale importanza la scelta di materiali che possano favorire la trattazione dei nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline“.

Il colloquio – prosegue la nota del Miur – si articola in 4 parti: avvio dai materiali nelle buste e  successiva trattazione di carattere pluridisciplinare; esposizione, attraverso una breve relazione e/o elaborato multimediale, dell’esperienza svolta relativamente ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento; accertamento delle conoscenze e competenze maturate nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”; discussione delle prove scritte In linea generale la conduzione del colloquio dovrà avere come principali riferimenti la collegialità nel lavoro della commissione e il disposto dell’art. 19, comma 2, dell’O.M. n. 205 del 2019, che testualmente prevede “la commissione cura l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio e il coinvolgimento delle diverse discipline, evitando però una rigida distinzione tra le stesse”.

Si segnala che i diversi commissari conducono il colloquio per le discipline per le quali hanno titolo purché correlate alla classe di concorso di cui sono titolari. Data la natura del colloquio, nel corso del quale dovranno essere privilegiati la trasversalità e un approccio integrato e pluridisciplinare, il materiale non potrà essere costituito da domande o serie di domande, ma dovrà consentire al candidato, sulla base delle conoscenze e abilità acquisite nel percorso di studi, di condurre il colloquio in modo personale, attraverso l’analisi e il commento del materiale stesso. E’ chiaro, altresì, che non tutte le aree disciplinari potranno trovare una stretta attinenza al materiale proposto, per cui i commissari di tutte le discipline si inseriranno progressivamente nello svolgimento del colloquio al fine di verificare le competenze acquisite in tutti gli ambiti disciplinari.

I materiali possono essere costituiti da testi (es. brani in poesia o in prosa, in lingua italiana o straniera); documenti (es. spunti tratti da giornali o riviste, foto di beni artistici e monumenti, riproduzioni di opere d’arte, ma anche grafici, tabelle con dati significativi, etc.); esperienze e progetti (es.: spunti tratti anche dal documento del consiglio di classe) problemi (es.: situazioni problematiche legate alla specificità dell’indirizzo, semplici casi pratici e professionali). E’ opportuno che la commissione, in sede di riunione preliminare, individui i criteri alla base della scelta e la tipologia dei materiali da proporre ai candidati Si ritiene che tra tali criteri possano essere inseriti: la coerenza con gli obiettivi del PECUP (profilo educativo culturale e professionale); la coerenza con il percorso didattico effettivamente svolto (documento del consiglio di classe); la possibilità di trarre spunti per un colloquio pluridisciplinare”.

Come anticipato la nota del Miur non h affatto sortito l’effetto sperato e tra studenti e docenti le perplessità e la preoccupazione restano inalterate.

Sia studenti che docenti – spiega Giulia Biazzo, dell’Unione degli studenti – sono messi in grande difficoltà dalle modalità d’esame presentate con la nuova riforma della maturità. Il colloquio orale con le buste e l’elaborato sull’alternanza scuola-lavoro ne è un’evidente dimostrazione: il contenuto delle buste è totalmente ignoto e può riguardare tanto una materia didattica quanto un argomento di attualità o di approfondimento, cosa che mette in crisi studentesse e studenti tanto quanto la parte del colloquio relativa all’alternanza che molto spesso non ha insegnato loro nulla“.

Anche in considerazione della “buona volontà” dimostrata dagli insegnanti nell’adeguarsi ad un’emergenza che, a ben vedere, si sarebbe potuta evitare attraverso una tempistica meglio ponderata – si legge in una lunga nota dell’associazione docenti – non possiamo esimerci dal manifestare tutto il nostro disappunto per la nota diramata dal Miur nei giorni scorsi.  A proposito della prima parte del colloquio, le ultime precisazioni da parte del MIUR e concordano nell’affermare che il materiale da inserire nelle buste, con cui si darà inizio al colloquio, dovrà avere le seguenti caratteristiche: dovrà trattarsi di materiale “non noto”, cioè non corrispondente a nessuno dei materiali indicati dal consiglio di classe nel Documento del 15 maggio;  non dovrà “contenere riferimenti a discipline”.

Già in occasione della conferenza di servizio forti dubbi furono sollevati riguardo alla coerenza di tali interpretazioni con il testo del DM e dell’OM, a cui necessariamente dovranno attenersi i presidenti delle commissioni al fine di assicurare la regolarità delle operazioni d’esame. A distanza di alcuni giorni queste perplessità, anziché dissolversi, acquistano maggiore sostanza grazie ad un’attenta rilettura della fonte normativa: dal passaggio dell’OM citato in precedenza era legittimo, infatti, presumere che il materiale proposto dalla commissione avesse un carattere disciplinare e che fosse poi compito dello studente “mettere in relazione” le diverse conoscenze, dimostrando in tal modo di aver acquisito quelle competenze trasversali su cui ha insistito l’innovazione didattica di questi ultimi anni.

A questo punto, di fronte al tardivo chiarimento fatto dal MIUR, siamo costretti a rilevare che, ancora una volta, si vanifica il lavoro compiuto dagli insegnanti a partire dal mese di gennaio e che era in stretta continuità con la revisione dei curricula sollecitata dal RAV; proprio perché in quel modello si fa riferimento ai diversi “assi culturali” e, quindi, a discipline che meglio dialogano fra di loro, ci era parso assolutamente legittimo considerare che nel colloquio si chiedesse allo studente di partire da un materiale disciplinare, per poi apprezzare la capacità del candidato di stabilire collegamenti con altre materie, in riferimento alla propria esperienza di studio e di formazione oppure a specifici percorsi interdisciplinari seguiti dall’intera classe.

Dispiace adesso notare che, attraverso la proposta di “materiale non noto”, nel senso di non trattato durante l’anno, si finisca per ridurre l’importanza del documento del 15 maggio, quasi a voler dare credito a quanti vedevano nella scelta di iniziare l’esame con delle buste dal contenuto segreto un atteggiamento di profonda sfiducia nei confronti del lavoro svolto nella scuola e, di conseguenza, gravemente offensivo per chi cerca di svolgere la sua professione con la massima onestà possibile.

Al di là delle dichiarazioni di rito, è inoltre evidente che proporre un materiale “non noto” rischia di mettere in forte agitazione lo studente, chiamato in poco tempo ad imbastire un discorso possibilmente interdisciplinare, a meno che non si tratti di un materiale assolutamente e indistintamente banale, inadatto allora a testare le effettive competenze del candidato; molto meglio sarebbe selezionare fra i materiali effettivamente utilizzati in classe quelli che, a discrezione dei commissari, favoriscono un discorso trasversale e, in tal modo, consentono di valorizzare quegli studenti che hanno piena consapevolezza degli stimoli che il consiglio di classe e, più in generale, l’istituto di appartenenza hanno voluto fornire attraverso un’offerta formativa che negli anni si è fatta sempre più ricca e articolata, ma della quale in sede d’esame sarebbe opportuno verificare l’effettiva ricaduta sul percorso di formazione del singolo allievo”.

I docenti, inoltre, sottolineano anche come già in fase di preparazione del colloquio “sia elevato il rischio di scelte arbitrali che andrebbero ad accrescere la disomogeneità nel modo di procedere delle diverse commissioni, così come i margini di discrezionalità nella valutazione degli studenti di una stessa classe

Le ultime indicazioni ministeriali – conclude la nota – approfondiscono la frattura fra la realtà scolastica, qual è vissuta concretamente, giorno per giorno, dagli insegnanti, dagli studenti e dalle loro famiglie, e un modello di scuola che tende a ridurre una nozione complessa e nobile come quella di competenza ad un guscio vuoto che, prescindendo da specifiche e solide conoscenze, si presta a valorizzare la capacità di improvvisazione di un allievo o, ci dispiace dirlo, della commissione stessa, piuttosto che stimolare un confronto critico sui percorsi effettivamente svolti dalla classe e dal singolo allievo”.

In altre parole un capolavoro di pressapochismo ed inefficienza…

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