La lezione di Domenico Lucano


A differenza di tanti altri politici e rappresentanti istituzionali, il sindaco di Riace non ha urlato al complotto o alla politicizzazione di giudici e magistrati, difendendosi nelle sedi istituzionalmente preposte. Ed ora le motivazioni della Cassazione gli rendono giustizia

In una vicenda nella quale sono stati spesi e sicuramente si continueranno a spendere “fiumi di parole”, appena lette le motivazioni con le quali la Cassazione ha annullato il divieto di dimora nei confronti di Domenico Lucano e dopo aver ascoltato la reazione del sindaco di Riace, ci sono subito tornate in mente e abbiamo compreso meglio le parole pronunciate da Beppe Fiorello 6 mesi fa.

L’attore siciliano, che ha interpretato il ruolo di Lucano nella fiction Rai bloccata e mai trasmessa, nelle ore immediatamente successive alla notizia dell’arresto del sindaco di Riace aveva twittato: “crederò in te più di prima, qualcuno si porterà sulla coscienza la vita di un uomo straordinario, io lo so che Mimmo non sopporterà questa vergogna, ora cerco parole per difenderlo ma mi rendo conto che non va più difeso, va amato come lui ama il prossimo”.

Non ci piacciono le esagerazioni e le enfatizzazioni, soprattutto quando riguardano persone. Ma, se avevamo ancora qualche dubbio, ora abbiamo capito con certezza perché il sindaco di Riace è davvero un uomo straordinario, soprattutto alla luce di quello che è l’attuale panorama politico italiano. Perché Domenico Lucano, con i fatti e non con le parole o con i vuoti proclami, dopo aver dimostrato che ci può essere un altro approccio al tema dell’immigrazione, ha ora fatto vedere che cosa significhi avere il rispetto, inteso nel senso più alto del termine, del ruolo istituzionale.

A differenza di tanti altri (la maggior parte) politici e rappresentanti istituzionali italiani non si è difeso fuggendo dal processo (per amore di verità non che ne avesse la possibilità, certi privilegi, che resistono e nessuno vuole realmente abolire, sono riservati a pochi “eletti”) o inasprendo i toni con il tipico linguaggio della propaganda politica, gridando al complotto, alla macchinazione, alla politicizzazione di giudici e magistrati.

Si è limitato a professare, con forza e determinazione, la propria estraneità ai reati che gli venivano contestati, difendendosi nelle aule giudiziarie e non sui social, in tv o sulla stampa. E ora le motivazioni della sentenza di annullamento della Cassazione, rese note nei giorni scorsi, gli hanno reso piena giustizia. In un paese in cui esiste ancora un briciolo di civiltà ora in tanti dovrebbero chiedergli scusa. Anzi, in un paese anche solo vagamente civile coloro che oggi dovrebbero chiedergli scusa 6 mesi fa, quando la vicenda è iniziata, non avrebbero proferito parola, aspettando correttamente gli eventi e che la giustizia facesse il proprio corso.

Non li abbiamo dimenticati i giudizi (che gli ultimi sviluppi dimostrano in maniera inconfutabile quanto fossero affrettati e incauti) al vetriolo da parte di chi non aspettava altro che poter sparare a zero sul sindaco di Riace. In rapida successione, giusto per ricordare, gli “sproloqui” di chi oggi, alla luce di quanto scrive la Cassazione, dovrebbe provare solo vergogna e dovrebbe avere almeno il pudore di chiedere umilmente scusa.

Vi ricordate quando Saviano diceva “Riace modello vincente” riferendosi alle politiche sull’accoglienza? Bene, ora potrà portare le arance al suo amico sindaco arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il vero modello vincente(Giorgia Meloni).

Evitiamo di enfatizzare dei modelli quando poi finiscono arrestati(Luigi Di Maio). “Sono orgoglioso di aver impedito la trasmissione di una fiction che la Rai ha realizzato per celebrare le gesta pro immigrati del sindaco di Riace. Ora la responsabile della fiction Rai dovrebbe scusarsi per le spese che ha causato(Maurizio Gasparri).

Naturalmente non poteva mancare il ministro dell’interno Matteo Salvini. Che, però, dopo aver ironizzato allora con il suo solito stile sobrio (“Accidenti, chissà cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati”), ora ha reagito malissimo. Colpito non solo dalle motivazioni della sentenza ma anche dall’affondo dello stesso sindaco di Riace.

Io non sono scappato dal processo come Salvini – ha dichiarato intervento a “Circo Massimo” su Radio Capital – io sono uno degli ultimi, una persona debole che non ha nessuno, lui invece è forte ma ha avuto paura di farsi processare”. Colpito e affondato, in poche parole la fotografia imbarazzante (per il leader della Lega) di una realtà inconfutabile. Da una parte chi, senza proclami e in silenzio, ha fatto valere le proprie ragioni nelle sedi istituzionalmente preposte.

Dall’altra chi invece, dopo aver spavaldamente sfidato tutti mostrando i muscoli, si è meschinamente nascosto dietro i soliti privilegi riservati alla casta. E quanto il ministro dell’interno abbia accusato il colpo lo dimostra la sua risposta confusa e contraddittoria.

Non ho paura dei processi, se avessi paura non dovrei fare il ministro dell’Interno” ha replicato Salvini, forse convinto di avere a che fare con un popolo di “boccaloni”, pronti a bersi qualsiasi favoletta racconta il vicepremier, anche quella che narra che un ministro corre più rischi rispetto ad un cittadino comune di finire a processo che, pure, cozza con la realtà dei fatti (che lo stesso Salvini conosce bene) che dimostra in maniera inequivocabile il contrario.

Ha poco da chiacchierare il leader leghista di fronte a chi, come Domenico Lucano, si è comportato esattamente in maniera opposta a lui e ora raccoglie i frutti di quell’impeccabile comportamento. Perché le motivazioni della sentenza della Cassazione sono chiarissime e non lasciano spazio ad interpretazione.

E, in particolare, riguardo l’accusa più grave, quella relativa all’assegnazione di alcuni servizi (come quello della raccolta rifiuti) a due cooperative, affermano che addirittura mancano anche gli indizi di “comportamenti fraudolenti che Lucano avrebbe materialmente posto in essere”, visto che “le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con collegialità e con i prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.

Non solo, sempre a proposito dell’assegnazione di quei servizi, la Cassazione va oltre il fatto che non sono provate opacità ma addirittura sottolinea che “la legge consente l’affidamento diretto degli appalti in favore delle cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo, a condizione che gli importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”.

In altre parole, il comportamento del sindaco di Riace sarebbe pienamente legittimo e in linea con quanto previsto dalla legge, almeno secondo la Cassazione. Che, poi, smonta e ridimensiona anche l’accusa sui presunti matrimoni di comodo che sarebbero stati favoriti dal sindaco perché “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”. Restano, invece, gli indizi sul fatto che il sindaco di Riace si sia datp da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem.

Ma, a questo riguardo, secondo la Cassazione “bisogna considerare la relazione affettiva che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano”. Che, dopo aver incassato la sentenza della Cassazione non ha urlato, non ha accusato giudici o magistrati ma si è limitato ad affermare: “ho passato l’inverno ad andare su e giù per le testimonianze e ad aspettare un po’ di luce. Io non ho mai detto sono innocente, questo lo deve dimostrare chi ha le competenze. Noi ci difendiamo nel processo e non dal processo”. Ha  ragione Beppe Fiorello, davvero un uomo straordinario…

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