Storie di ordinaria intolleranza: la “bestia” è innocente


Mohamed Chajari la notte del 20 agosto, pur ferito alla testa, ha rischiato il linciaggio. Ha trascorso quasi 4 mesi in carcere e il ministro Salvini lo ha definito “una bestia”. Ora, però, il tribunale di Taranto l’ha assolto dall’accusa di violenza sessuale “perché il fatto non sussiste”

Ha trascorso quasi 4 mesi in carcere con l’infamante accusa di aver violentato una minorenne sulla spiaggia di Castellaneta Marina. Quella sera del 20 agosto, sanguinante dopo aver ricevuto una bottigliata in testa ha rischiato il linciaggio. Il deputato tarantino della Lega Rossano Sasso lo definì un “bastardo irregolare”, organizzando addirittura un flash mob e mettendo in scena la “pagliacciata” delle ronde in spiaggia (tra le furibonde proteste dei bagnanti). Ancora più duro nei suoi confronti il ministro degli interni Matteo Salvini che lo definì una “bestia”.

Alla fine, però, il 31enne marocchino Mohamed Chajari, protagonista di questa ennesima storia di strisciante razzismo, è risultato assolutamente innocente. Due giorni fa il tribunale di Taranto presieduto dal giudice Fulvia Misserini (e con una giuria interamente al femminile) lo ha assolto “perché il fatto non sussiste”  (ordinandone l’immediata scarcerazione) e ora, addirittura, i suoi accusatori (la minorenne e il suo fidanzato) rischiano di essere incriminati per calunnia.

Se la legge fosse davvero uguale per tutti, come è scritto in tutti i tribunali italiani (ma non sarebbe ora di toglierla quella irreale scritta?), insieme a loro dovrebbero essere incriminati con l’accusa di diffamazione anche il ministro Salvini e il deputato leghista. Ma nel paese in cui il cambiamento è sempre e solamente uno spot elettorale e nel quale, al di là delle chiacchiere, quella dei politici resta una “casta” intoccabile (e che nessun partito, al di là dei proclami, ha assolutamente intenzione di toccare), i Salvini e i Sasso di turno possono permettersi tranquillamente quello che per qualsiasi altro cittadino sarebbe considerato un possibile reato.

La vicenda di Mohamed Chajari è sin troppo emblematica ed è lo specchio fedele di cosa sia diventato questo paese sotto i colpi incessanti della propaganda che sfrutta senza troppe remore quel sottile sentimento di razzismo che alberga in una buona parte della nostra nazione. I fatti risalgono alla notte tra il 20 e il 21 agosto quando, sul lungomare di Castellaneta, una ragazza di 17 anni insieme al fidanzato si avvicina a Mohamed Chajari, che è in compagnia di un amico, per chiedergli una sigaretta.

I 4 familiarizzano e finiscono sulla vicina spiaggia di Lido Paradiso per trascorrere la notte a bere birre. Molte birre, troppe per la minorenne che, ubriaca, ha dei mancamenti. Mohamed prova a farla rinvenire gettandole sul viso l’acqua di mare e cercando di sollevarle le gambe. Il fidanzato che si era un attimo allontanato, in evidente stato di ubriachezza anche lui, fraintende e interpreta il gesto del 31enne marocchino come un tentativo di importunarla e si scaglia contro di lui con una bottiglia di birra in mano, colpendolo e ferendolo vistosamente alla testa e alla mani.

Il clamore richiama un po’ di gente in spiaggia che, aizzata dalle affermazioni del fidanzato della minorenne, si scaglia violentemente contro il 31enne marocchino che, pure, è a terra con la testa sanguinante. Mohamed impaurito fugge, poi è costretto a chiedere aiuto per le sue condizioni. Viene arrestato con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una minorenne e rinchiuso in carcere.

Da dove piange e disperatamente grida la sua innocenza, ovviamente senza che a nessuno venga neppure il dubbio su cosa sia realmente accaduto (anche in considerazione dei racconti a dir poco confusionari e contraddittori della minorenne e del suo fidanzato). D’altra parte quella vicenda, nel clima di “caccia all’immigrato” che si respira in quel periodo, è troppo “ghiotta” per non sfruttarla nel modo giusto.

Così il deputato leghista tarantino apre il fuoco contro quel “bastardo irregolare” e addirittura organizza un flash mob e le ronde in spiaggia. Immancabilmente sulla vicenda piomba come un falco anche il ministro degli interni Salvini, incurante del fatto che chi riveste un così importante ruolo istituzionale dovrebbe non solo essere un po’ più cauto ma, soprattutto, dimostrare un po’ di rispetto in più per le norme e per i principi costituzionali, come ad esempio quello della presunzione d’innocenza.

La macchina della propaganda basata sulla paura, però, non può aspettare. Salvini definisce Mohamed una “bestia” e, con la solita fierezza che assomiglia terribilmente alla spavalderia, annuncia che “nel decreto sicurezza che ho in testa bestie come lui saranno rimandate nel loro Paese”.

L’informazione televisiva, che nel racconto generale era asservita al “potere” fino al marzo 2018 mentre ora finalmente, d’incanto, è divenuta “libera e indipendente”, ovviamente dà molto spazio all’accaduto. La storia di Castellaneta viene proposta non solo in tutti i tg (Rai, Mediaset e La7) ma anche in talk show e approfondimenti, ovviamente senza che mai, in nessuno di quei servizi, qualcuno si ponga minimamente il dubbio.

Ovviamente le varie tv, i vari tg non possono dirlo così apertamente, la possibilità di diffamare senza pagare poi dazio è un privilegio riservato ai politici, però tutti sposano senza esitazioni la tesi di Salvini che vede in Mohamed un “mostro”, una bestia. D’altra parte è marocchino, se fosse italiano il dubbio sarebbe lecito e comprensibile…

Al processo, che da quello che racconta l’avvocato difensore si apre in un clima surreale (l’originario avvocato difensore di Mohamed lascia “misteriosamente” a pochi giorni dall’inizio del processo stesso, i pm e la procura fanno pressioni sul nuovo avvocato per chiedere il rito abbreviato e, di fatto, ammettere la colpevolezza), dopo le prime udienze si capisce subito che molte cose non tornano.

La minorenne e il fidanzato cadono in evidenti e clamorose contraddizioni, spesso si smentiscono a vicenda. Lei dichiara che il fidanzato le ha gettato l’acqua per farla riprendere dopo che era svenuta a causa del palpeggiamento e il tentativo di baciarla del 31enne marocchino. Però viene smentita clamorosamente dal suo stesso fidanzato che racconta tutta altra storia, ammettendo che anche lui le aveva gettato dell’acqua sul viso perché lei non si sentiva bene ma per le troppe birre bevute.

In breve il quadro che emerge è sin troppo chiaro, con il collegio giudicante che più volte è costretto a richiamare i due ricordando le loro responsabilità. Lo stesso pm, quello che spingeva per far chiedere alla difesa il rito abbreviato con la contestuale ammissione di colpa, si convince dell’innocenza di Mohamed, tanto da chiederne l’assoluzione con formula piena. Che viene sancita dalla sentenza del tribunale di Taranto che rimette in libertà il 31enne marocchino ma che non cancella certo la vergogna di quei giorni.

Anche perché le tv e i tg “finalmente liberi e non condizionati dai partiti” chissà perché dimenticano quasi completamente di dare la notizia che viene diffusa solo grazie ad alcuni quotidiani. Rassegnati all’idea che i politici sono una “casta” intoccabile, e che quindi non ci sarà l’incriminazione per diffamazione nei confronti di chi ha usato senza mezzi termini certe espressioni dispregiative nei confronti di Mohamed, il minimo che ci si potrebbe attendere, almeno dal ministro, sarebbero le scuse.

Ma figuriamoci se “il capitano”, il ministro che non si vergogna (e, soprattutto, non si dimette) neppure di farsi fotografare con un capo ultrà pregiudicato, può mai abbassarsi a chiedere scusa ad un marocchino…

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