Tragedia al “Lanterna Azzurra”: dopo il dolore, l’ipocrisia e la “caccia alle streghe”
Mentre la Procura di Ancona iscrive sul registro degli indagati 8 persone (un 17enne, i proprietari della discoteca e i 3 soci della Srl proprietaria dello stabile) il “tribunale del popolo” ha già processato e condannato i presunti veri responsabili della tragedia
Ma che stupidi ingenui che siamo! Credevamo che i drammatici eventi accaduti a Corinaldo fossero stati determinati dalla “follia” di qualcuno e da misure di sicurezza che non hanno funzionato. La stessa ingenua convinzione deve averla anche la Procura di Ancona che, proprio come noi, non ha capito nulla visto che tra gli 8 indagati (un 17enne, i 4 proprietari della discoteca e 3 soci della srl proprietaria dello stabile) chissà perché non ha inserito i veri responsabili, già processati e condannati dal “tribunale del popolo”.
Stiamo parlando naturalmente del trapper Sfera Ebbasta e indistintamente dei genitori di oggi, incapaci di educare i figli nel giusto modo (colpevoli, a prescindere, di qualsiasi cosa accada in qualsiasi campo). “Un genitore che accompagna i figli ad ascoltare quelle canzoni non ha scuse, è complice” hanno sentenziato in questi giorni “dotti, medici e sapienti”.
“Sfera Ebbasta deve sentirsi responsabile, nelle sue canzoni lancia messaggi che esaltano l’uso di alcol e di droga tra i giovani” ha tuonato domenica dagli schermi Rai il sociologo, educatore, opinionista Paolo Crepet. Che non poteva perdere l’occasione per riproporre il suo “mantra”, quello dei genitori che non sono in grado di educare adeguatamente i figli, al punto da affermare con decisione che il problema vero di questa vicenda non è quella ringhiera che non ha retto e che ha trascinato giù centinaia di ragazzi, ma il fatto che adolescenti di 14-15 anni fossero in quel luogo per ascoltare quella musica e che diversi di loro “non hanno certo bevuto latte caldo”.
Le 6 persone morte (5 adolescenti) diventano un particolare secondario, la tragedia, come si sono svolti i fatti, le vere cause che l’hanno scatenata un dettaglio di poco conto. Purtroppo non è novità, ma nell’indegna gazzarra mediatica che si è scatenata dopo i fatti di Corinaldo c’è la solita cospicua dose di ipocrisia e l’esaltazione di quello che Massimo Recalcati ha definito “il pensiero unico della ferocia”.
Non c’è più tempo, in queste drammatiche circostanze, neppure per un brevissimo periodo di doveroso silenzio come forma di rispetto per il lutto che ha colpito la nostra comunità. Il lutto stesso, la tragedia di 5 giovanissime vite spezzate in quel modo (insieme alla vita di quella povera mamma) diventano aspetti marginali, travolti dall’immediata e irrefrenabile esplosione di livore accusatorio che inonda non solo i social ma anche radio, tv, giornali, alimentata da un esercito urlante di pseudo esperti, “moralisti” dell’ultima ora, opinionisti incattiviti, politici in cerca disperatamente di visibilità.
A cui non interessano i fatti ma solo la ghiotta occasione che una simile tragedia fornisce per riaffermare il proprio personaggio, le proprie teorie, i propri modelli e per prendersela con i soliti facili (e demagogici) bersagli. Siamo ben oltre “la trave e la pagliuzza”.
L’attenzione non si concentra su quell’uscita di sicurezza, su quel ponticello e sulla ringhiera che non ha retto alla pressione di un numero eccessivo di persone. Né sui rischi che possono derivare dal fatto che determinati strumenti di offesa (o di difesa che dir si voglia) rischiano di finire in mani sbagliate (come ha poi confermato l’episodio accaduto lunedì scorso in una scuola di Pavia) con tutto quello che ne consegue.
Si perde di vista il vero problema, la vera emergenza che è emersa con imbarazzante chiarezza da questa tragica vicenda: la sicurezza. Nel suo senso più ampio, sia per quanto attiene alla sicurezza personale sia, ancor più, per quanto concerne la sicurezza delle strutture frequentate da un così elevato numero di persone. Sarebbe opportuno discutere di questo, di come la politica della paura e la conseguente esaltazione della difesa personale sempre “legittima” nasconda delle insidie e dei rischi gravissimi (basterebbe pensare a ciò che accade negli Stati Uniti).
Ancora, sarebbe il caso di chiedersi se davvero le misure di sicurezza che vengono adottate in quei locali siano realmente sufficienti e adeguate, se i necessari controlli per verificare l’adeguatezza del sistema di sicurezza vengano effettuati in maniera seria e approfondita.
Soprattutto sarebbe ora di iniziarsi ad interrogare per quale dannata ragione nel nostro paese c’è questa incomprensibile idiosincrasia nei confronti dei concetti di sicurezza e prevenzione, siano essi riferiti ai locali pubblici, come in questo caso, o a luoghi pubblici come le scuole, per quale danno motivo ci si preoccupi (e neppure troppo) di queste cose solamente a tragedia avvenuta, per poi tornare a fregarcene, con la convinzione diffusa che “tanto che vorrai mai accadere”.
Non è la prima volta che accade qualcosa di simile a quanto è avvenuto venerdì notte alla “Lanterna Azzurra”. Solo che nelle altre occasioni non era poi successo nulla di particolare, semplicemente perché le misure di sicurezza in quei locali si erano dimostrate valide ed efficienti.
Di questo dovremmo discutere, dopo aver pianto quelle giovani vite, non certo della presunta emergenza educativa, di cosa bevono e cosa ascoltano i ragazzi di oggi e, men che meno, dei contenuti delle canzoni di Sfera Ebbasta. Che non c’entrano assolutamente nulla con quanto di tragico è accaduto.
Poi se davvero vogliamo affrontare il problema della presunta emergenza educativa (che, ribadiamo, non c’entra nulla con questa vicenda), sarebbe ora di farlo senza quella insopportabile ipocrisia che, in particolare, è diventato il tratto caratteristico della nostre generazioni, di quelli che erano giovani negli anni ’70, ’80 e ’90, che sembrano essere tutti improvvisamente colpiti da una sorta di amnesia selettiva. Che li porta a dimenticare quella che era la condizione dei giovani in quegli anni, a non ricordare che quelle generazioni sono state pesantemente devastate dal consumo di droga, che hanno pianto centinaia e centinaia di ragazzi, di giovanissimi portati via dall’eroina.
Che non ricordano (o fingono di non ricordare) come si svolgevano le feste pomeridiane (non sarà che il consumo di alcol da parte dei minori è un problema solo in determinate fasce orarie?) nelle case private o anche nei locali, per non parlare di cosa accadeva ai concerti di massa (in termini di consumo di droghe e alcol ma anche di sesso).
Non stiamo dicendo (è bene sottolinearlo perché qualcuno potrebbe fraintendere…) che allora va bene tutto, che non bisogna riflettere su questi aspetti che sono tipici e comuni alle giovani generazioni, di oggi come di allora. Semplicemente non bisogna essere ipocriti al punto da demonizzare tutto ciò che avviene ora, glorificando (con una rappresentazione distorta e non veritiera) ciò che accadeva allora. E, soprattutto, evitando di fare inopportune generalizzazioni.
Perché proprio la cronaca della drammatica serata di venerdì scorso se da un lato ci racconta di diversi minori che avevano bevuto, dall’altro ci rimanda tante testimonianze, tante storie di ragazzi e ragazze giovanissime che in quei momenti si sono prodigati per aiutare in ogni modo, anche mettendo a rischio la propria incolumità, i propri coetanei ma anche i più adulti in difficoltà. Troppo comodo e troppo semplicistico dimenticare questo aspetto per evidenziare, invece, solo quello più negativo. Semplicemente ridicola, invece, è la discussione che si è aperta sui “versi satanici” dei testi delle canzoni di Sfera Ebbasta.
Quelle generazioni, da cui provengono i moderni “censori”, sono cresciute nel mito di Jim Morrison e dei Doors che inneggiavano all’uso del Lsd, di Vasco Rossi che esaltava la “vita spericolata”, quella con il “fegato spappolato”, che usava un modo di esprimersi non troppo diverso da quello tanto contestato al trapper milanese (qualcuno ricorda il testo di “Colpa di Alfredo”?). I ragazzi e le ragazze degli anni ’90 sono cresciuti con il mito di Kurt Cobain e dei “Nirvana” (che non esaltavano certo nelle proprie canzoni un modello di vita morigerato) e affollavano i concerti di Madonna che non era certo particolarmente pudica.
Potremmo proseguire all’infinito ma il concetto è già chiarissimo così. Oggi come allora gli “idoli” dei giovani esprimono, con il linguaggio del tempo in cui viviamo, quella naturale voglia di trasgressione, di non rispetto delle regole, di “vita spericolata” che è tipica delle giovani generazioni. Non stiamo certo dicendo che bisogna per questo esaltarla, che non bisogna comunque prestare attenzione, che non bisogna preoccuparsi di cercare di far capire che non possono certo essere quelli i modelli di vita a cui ispirarsi.
Ma demonizzare oggi Sfera Ebbasta e gli altri trapper per questo è ridicolo, completamente fuori luogo in questo contesto e, soprattutto, terribilmente ipocrita. D’altra parte l’ipocrisia è ormai diventata uno dei tratti caratterizzanti, una peculiarità, della nostra società, del nostro paese. Ne abbiamo avuto la conferma anche in questa drammatica occasione, nel modo singolare e per certi versi ridicolo con il quale si è espresso il lutto e il rispetto per quelle vite spezzate.
Ma questo sarebbe un altro lungo discorso…