Quattro anni fa Salvini e il Movimento 5 Stelle chiedevano le dimissioni del ministro dell’interno Alfano, autore di un tweet sull’omicidio Yara ad indagini ancora in corso. Coerenza vorrebbe che ora il leader leghista e il suo alleato di governo si comportassero di conseguenza…
“Un ministro dell’interno che twitta su indagini in corso non merita neppure un commento. Il fatto in sé la dice tutta su quel personaggio li”. “Il ministro dell’interno
l’ha fatta grossa. Siamo letteralmente senza parole. E’ gravissimo quello che è successo, se ha ancora un po’ di dignità non dovrebbe aspettare neppure un minuto per dimettersi”.
E’ sin troppo facile immaginare che i durissimi commenti riportati, solo due del vero e proprio diluvio di critiche che la vicenda ha scatenato, sono riferiti allo sconcertante comportamento avuto martedì 4 dicembre da Matteo Salvini che ha incredibilmente svelato un’operazione della procura di Torino ancora in corso, con tutti i danni che ciò poteva (e ha) comportato.
Invece l’attuale ministro dell’interno non è il bersaglio di quelle critiche ma, anzi, è uno degli autori di quelle (condivisibili) affermazioni . Si perché in un paese nel quale, alla faccia dello sbandierato cambiamento, nulla cambia, tutto resta uguale e anche le peggiori situazioni si ripropongono con puntuale e imbarazzante periodicità, non è facile capire che in realtà siamo tornati ad oltre 4 anni fa.
Per l’esattezza all’estate 2014 quando l’allora ministro dell’interno Alfano (uno dei peggiori ministri dell’interno di sempre, almeno prima dell’arrivo del leader leghista…) si vantava su twitter, ad indagini ancora in corso, del fatto che era stato individuato l’assassino di Yara Gambirasio, suscitando la reazione stizzita della procura. Inevitabile il “pandemonio” che ne seguì, con Alfano finito giustamente e pesantemente sotto accusa e nel mirino dell’allora opposizione. Come, in particolare, del leader leghista Salvini, autore della prima delle due dichiarazioni che abbiamo sopra riportato.
L’altra, quella nella quale si chiedono (giustamente) le dimissioni del ministro, è del Movimento 5 Stelle che allora fece una feroce battaglia per chiedere l’allontanamento dal governo di Alfano. Quattro anni dopo i protagonisti di quella (sacrosanta) battaglia contro l’allora ministro dell’interno sono dalla parte opposta della barricata, anzi uno di loro (Salvini) è l’autore della clamorosa e inaccettabile gaffe. Che, addirittura, è ben più grave di quella commessa da Alfano perché in questo caso l’operazione era ancora in corso e l’incauta comunicazione del ministro ha rischiato di compromettere l’operazione stessa (non a caso a fine giornata qualcuno di coloro sui quali pendeva il mandato di arresto manca all’appello…).
Che il leader leghista viva e prosperi sulla continua e martellante opera di propaganda, necessaria anche e soprattutto a mascherare gli insuccessi e il mancato rispetto delle promesse, non è cosa nuova. Che Salvini sia poi incentivato a proseguire e , se possibile aumentare, questa incessante campagna propagandistica è più che naturale. D’altra parte visto che sta fornendo gli effetti sperati, con un sempre crescente numero di persone che ormai è pronta a credere a qualsiasi cosa dica (anche questa non è novità, accadeva anche a Berlusconi e a Renzi nei loro rispettivi “periodi d’oro”), anche contro ogni evidenza, è comprensibile che voglia sfruttare ogni minima occasione.
Però in questo caso siamo andati oltre ogni limite, Salvini è venuto clamorosamente meno al dovere che il suo ruolo istituzionale imporrebbe (e lui stesso lo sa bene, visto che lo aveva sottolineato con decisione 4 anni fa con Alfano). Il comunicato stampa della Procura di Torino è chiaro e non lascia spazio a dubbi.
“All’inizio della mattina odierna – si legge nella nota – il Ministro dell’Interno ha diffuso un tweet in cui, facendo seguito ad altro precedente, afferma: “non solo, anche a Torino altri 15 mafiosi nigeriani sono stati fermati dalla Polizia”, facendo seguire riferimenti ad arresti avvenuti altrove. In relazione ai soli fatti di Torino, il Procuratore della Repubblica osserva che, al di là delle modalità di diffusione, la notizia in questione: è intervenuta mentre l’operazione era (ed è) ancora in corso con conseguenti danni al buon esito della stessa; la polizia giudiziaria non ha fermao 15 mafiosi nigeriani ma sta eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare. Il provvedimento non prevede per tutti gli indagati la contestazione della violazione dell’art. 416 bis c.p.; coloro nei cui confronti il provvedimento è stato eseguito non sono 15 e le ricerche di coloro che non sono stati arrestati sono ancora in corso”.
“Ci si augura – conclude la nota – che il Ministro dell’Interno eviti comunicazioni simili a quella sopra richiamata o voglia quanto meno informarsi sulla relativa tempistica al fine di evitare rischi di danni”. In un paese civile, con politici e partiti che hanno ancora mantenuto un minimo residuo di credibilità e di affidabilità, l’autore di una simile sciocchezza dopo quel comunicato avrebbe umilmente chiesto scusa e rassegnato immediate dimissioni. E se non lo avesse fatto, i suoi alleati di governo (ancor più se in passato hanno portato avanti una feroce e giusta battaglia in una situazione simile) lo avrebbero pregato di farsi da parte.
Invece il ministro dell’interno di un paese che ha perso ogni minimo residuo di dignità e coscienza civica non solo non ha chiesto scusa e si è dimesso ma, incredibilmente, come al solito si è comportato da “bulletto di periferia” inveendo in maniera invereconda contro il procuratore di Torino Spataro (“se è stanco si ritiri dal lavoro”), mettendo in mostra tutto il suo “alto senso dello Stato”.
“Se il capo della polizia mi scrive alle 7:22 informandomi di operazioni contro mafia e criminalità organizzata, come fa regolarmente, un minuto dopo mi sento libero e onorato di ringraziare e fare i complimenti alle forze dell’ordine” ha incredibilmente replicato Salvini. A cui anche un bambino di 5 anni può spiegare che è normale che il capo della polizia possa avvertire il ministro dell’interno di un’importante operazione in corso.
Ma non ci sarebbe neppure il bisogno di sottolinearlo che è dovere del ministro non parlare dell’operazione fino a quando non è chiusa, almeno se il suo principale interesse è (come dovrebbe essere) la sicurezza e non la propaganda (come, invece, purtroppo è). Il Salvini del 2014 avrebbe chiesto immediate dimissioni dell’attuale ministro dell’interno, così come il M5S, se avesse ancora a cuore i principi e le battaglie portate avanti in questi anni, avrebbe immediatamente chiesto a Salvini di farsi parte.
Ma quel Movimento, è evidente e chiaro, non esiste più da tempo. Anche perché non bisognava certo attendere quest’ultima clamorosa “figuraccia” per capire quanto Salvini sia inadeguato al ruolo istituzionale che purtroppo ricopre. Basterebbe già solo evidenziare il fatto che un rappresentante delle istituzioni non potrebbe e non dovrebbe mai fare un’indecente campagna come quella attuata in questi giorni in merito alla manifestazione di sabato prossimo a Roma (quei manifesti provocatori con lo slogan “lui non ci sarà” per mettere al bando tutti gli avversari, il cui unico aspetto positivo è l’ironica risposta dei social).
Per non parlare, poi, dell’imbarazzante post nel quale il ministro dell’interno mette alla berlina tre donne sarde (ovviamente con tanto di foto…) colpevoli di aver cantato “Bella ciao” in occasione della sua visita in Sardegna (come se quella canzone, divenuta simbolo della resistenza contro l’invasione tedesca, possa in qualche modo essere considerata una sorta di offesa…), che ha poi dato origine all’imbarazzante dimostrazione di ignoranza di un crescente numero di “trogloditi”, pronti ad inveire contro i “canti comunisti”, ignari che in realtà quella canzone tutto è fuorchè comunista!
Davvero imbarazzante, credevamo di aver toccato il fondo con Alfano. Non avremmo mai potuto neppure immaginare di ritrovarci, qualche anno dopo, a dover addirittura rimpiangere quel ministro dell’interno…