Flop Btp e fuga degli investitori, fiducia sull’Italia ai minimi termini


Dopo la fuga degli investitori esteri dai titoli italiani (secondo Banca d’Italia 66 miliardi in meno da maggio ad agosto), crolla anche la fiducia dei piccoli risparmiatori e dei grandi investitori. E l’asta sui Btp Italia si trasforma in un flop senza precendenti

Lasciateci governare e vedrete come scende lo spread” prometteva Di Maio nel maggio scorso quando sembrava non ci fossero più possibilità di far partire il governo Lega-M5S. “Sono convinto che gli italiani sono pronti a darci una mano, sottoscrivendo in massa la prossima asta dei titoli di Stato” assicurava Matteo Salvini il 9 ottobre scorso, con lo spread di poco sotto 300 e all’orizzonte il rischio di una ulteriore impennata.

Alla fine chi impediva a Lega e M5S di provarci (già, ma chi era?) ha ceduto e li ha lasciati governare. Quando il governo si è insediato lo spread era ampiamente sotto quota 200, ora è da giorni stabilmente sopra quota 300 (con tutte le conseguenze che ciò determina). Siamo quindi arrivati al momento in cui si poteva e si doveva avverare quanto assicurato da Salvini.

Lo spread si è impennato, la situazione è oggettivamente complicata e mai come in questo momento gli italiani che hanno fiducia in questo governo e nei suoi programmi economici possono dimostrarlo, dando una mano come chiesto dal leader della Lega. Ancor più in considerazione del fatto che, guarda il caso, lunedì scorso è iniziata l’asta dei Btp Italia, la prima con l’attuale governo in carica. Dalla quale il Tesoro si aspettava di incassare almeno tra i 7 e i 9 miliardi, in linea con quanto incassato nella precedente asta di maggio 2018 (poco meno di 8 miliardi di euro).

Che, per altro, sarebbe stato il minimo auspicabile, visto i risultati degli ultimi anni, con entrate superiori o di poco inferiori ai 20 miliardi di euro. E se questa doveva essere, come assicurato da Salvini meno di 2 mesi fa, l’occasione giusta per dimostrare che davvero “gli italiani vogliono darci una mano” c’era da aspettarsi  molto più delle previsioni del Tesoro, se non ai livelli degli anni passati, quanto meno un incasso a due cifre. Invece il risultato finale è stato a dir poco deludente, al punto che parlare di pesante fallimento non è certo eccessivo.

Nei primi 3 giorni, cioè quando l’asta è stata aperta ai piccoli risparmiatori italiani, il flop è stato di proporzioni gigantesche, clamoroso. Appena 863 milioni di euro, una miseria, sotto ogni più pessimistica aspettativa. Nel maggio 2018 solo il primo giorno si era superata quota 2 miliardi di euro. Ma non è andata molto meglio giovedì 22 novembre con gli investitori istituzionali (assicurazioni, banche, hedge fund, società di gestione del risparmio), con la domanda che si è fermata appena ad 1,3 miliardi di euro.

Per uno sconfortante totale di 2,1 miliardi che non solo è molto lontano dalle aspettative più modeste del Tesoro (e non parliamo di quelle trionfalistiche di Salvini…), ma addirittura rappresenta il secondo peggior risultato di sempre, solamente nel 2012 (in pieno periodo di crisi) si è fatto peggio con appena 1,7 miliardi di euro. Un disastro, un fallimento senza precedenti che deve indurre in qualche (amara) riflessione.

Senza entrare in dettagli tecnici, che lasciamo volentieri a chi è ben più esperto in materia, il primo indiscutibile ed emblematico dato che emerge è che gli italiani, nonostante il cospicuo consenso di cui godono (almeno stando ai sondaggi) i due partiti di governo, non hanno alcuna intenzione di impegnarsi direttamente e di dare concretamente una mano a sostegno della politica economica dell’esecutivo (quindi Salvini ha preso una “topica” clamorosa).

Altrettanto evidente è la fragilità della fiducia che piccoli risparmiatori e investitori hanno nei confronti dell’attuale governo, unita alla paura degli esiti della battaglia sulla manovra che si è aperta tra Roma e Bruxelles ( e, d’altra parte, non bisogna certo essere dei geni per capire chi tra i due contendenti ha tutto da perdere…). L’altro dato preoccupante è che il risultato dell’asta sui Btp dimostra e rende evidente come gli investitori istituzionali (cioè i soggetti con più fondi) non si fidano per nulla, tanto da rinunciare ad investire in maniera consistente sui Btp Italia.

C’è di che essere preoccupati, anche perché solo un mese fa Banca d’Italia ha reso noto un altro dato molto negativo, cioè la fuga degli investitori esteri dai titoli italiani negli ultimi mesi, tanto che da maggio ad agosto gli acquisti si sono ridotti di circa 66 miliardi. I piccoli risparmiatori, gli investitori istituzionali e gli investitori stranieri hanno pochissima, praticamente quasi nessuna, fiducia sull’Italia (e sul governo).

Al di là delle differenti opinioni sullo spread e su tutto il resto, è un dato di fatto che non può essere trascurato né sottovalutato perché comunque produce e produrrà degli effetti negativi sulla nostra economia. Come se non bastasse, a complicare le cose c’è il totale isolamento in cui è sprofondato il nostro paese. Sono in tanti, probabilmente la maggior parte, quelli che ignorano che non è certo la prima volta che l’Unione Europea avvia la procedura di infrazione contro uno dei suoi stati membri.

In passato è toccato anche a Germania e Francia che, però, a differenza dell’Italia attuale, erano state scaltre a costruire importanti alleanze. Il nostro paese, invece, è riuscito nella non facile impresa di avere tutti e 18 gli altri stati schierati senza esitazioni contro, persino Austria e Ungheria, che sembravano molto vicine alle posizioni di Salvini, hanno preso le distanze e si sono schierate contro l’Italia.

Purtroppo non sorprende più di tanto, l’arroganza da bulletti di periferia probabilmente può pagare dividendi in chiave di propaganda elettorale, gli slogan e le “sparate” con toni di sfida (i vari “me ne frego”, “tanti nemici, tanto onore” ecc.) possono suggestionare quattro “boccaloni” che scambiano queste stucchevoli e vuote provocazioni per un’improbabile rivendicazione di autonoma sovranità.

La realtà è ben differente e, al di là di ogni altra considerazione, chi ha tutto da perdere in questa situazione o, peggio ancora, in un inasprimento che possa portare addirittura ad una totale rottura è solamente l’Italia, non certo l’UE. A tal proposito la Brexit dovrebbe insegnare qualcosa, perché dimostra in maniera netta che l’UE è molto più forte dei suoi stati membri. Gli stessi documenti del governo inglese e della banca centrale britannica evidenziano senza mezzi termini come l’uscita sarà comunque un disastro economico, una vera e propria tragedia senza un accordo.

Se addirittura lo stesso ministro Savona, fino all’altro ieri emblema e simbolo della guerra all’Europa fino alle sue massime conseguenze, ora è molto cauto e sostiene che la manovra va cambiata perché così  è insostenibile, forse una seria riflessione bisognerebbe farla. D’altra parte, però, al di là degli slogan ad effetto, che la situazione sia seria è testimoniato anche dal fatto che nelle ultime ore, oltre a mostrare i muscoli, alcuni dei principali esponenti del governo stanno modificando la propria strategia, cercando di far passare il messaggio che se siamo arrivati alla procedura di infrazione in qualche modo la colpa è del precedente governo.

Hanno iniziato a raccontarlo alcuni esponenti del M5S, si è subito accodato Salvini spalleggiato da qualche giornalista compiacente (Di Battista e Di Maio li chiamerebbero in ben altro modo…). Che, estrapolando e strumentalizzando qualche passo della comunicazione della UE ha cercato di far credere che l’Europa stia contestando all’Italia lo sforamento del debito nel 2017. Eppure basterebbe leggere il rapporto della Commissione sul debito per capire che siamo di fronte ad una vergognosa ed ignobile montatura.

Perché è vero che nel rapporto stesso viene sottolineato come “l’Italia non ha rispettato il parametro per la riduzione del debito né nel 2016 né nel 2017”. Ma al tempo stesso si evidenzia in maniera inequivocabile come il nostro paese in quegli anni, in accordo proprio con l’UE, aveva accettato di seguire “un percorso di aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine”. Senza dimenticare, per altro, che nel 2016 in particolare ma anche nel 2017 la tolleranza era stata concessa, sempre con l’impegno di seguire un determinato percorso di aggiustamento, “per gli eventi inconsueti”, cioè l’emergenza migranti e, soprattutto, il terremoto.

A conferma di tutto ciò il fatto che il rapporto della Commissione certifica a maggio 2018 che l’Italia sta rispettando le regole e l’accordo, “utilizzando in modo appropriato due fattori fondamentali: riforme strutturali e aggiustamento del saldo”. Ora, invece, la Commissione certifica che tutto è cambiato, c’è stata una decisa svolta (una vera e propria virata) sulle politiche di bilancio, aumentando il deficit strutturale, le riforme si vogliono smantellare, le condizioni sopracitate non sono più valide e il percorso di aggiustamento comunemente previsto viene completamente abbandonato.

Per questo viene aperta la procedura di infrazione che, come è evidente, è al 100% determinata dalle scelte operate dall’attuale governo. Che, se davvero vuole portare avanti fino alle estreme conseguenze lo scontro con l’Europa, dovrebbe almeno avere la dignità di assumersi seriamente le proprie responsabilità, senza cercare improbabili alibi…

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