Due farmacie per “curare” le casse comunali


Gli oltre 2 milioni di euro incassati dalla vendita delle farmacie comunali di Porta Romana e Brecciarolo, come i fondi ricavati dalla vendita di Piceno Gas non verranno investiti sulla città ma serviranno per dare ossigeno alle disastrate casse comunali

Una sceneggiatura da premio oscar. E’ quella che caratterizza tutta la vicenda dell’apertura (prevista per primavera 2019) della nuova farmacia comunale ad Oasi, con la contestuale vendita delle due farmacie comunali di Porta Romana e Brecciarolo. C’è davvero di tutto dentro, una sorta di riassunto-manifesto di questa amministrazione comunale. A partire, naturalmente, dalla solita confusione e incapacità di programmare. Poi i tradizionali ritardi e i tempi lunghissimi per un’operazione che, naturalmente del tutto casualmente, finisce per procurare vantaggi ai “soliti noti” e che, altrettanto casualmente, coinvolge vecchi compagni di avventura.

Il tutto con sullo sfondo la solita impellente necessità di incassare il più possibile per dare ossigeno alle casse comunali. E’ una vicenda che si trascina ormai da oltre 6 anni quella dell’apertura della nuova farmacia comunale al centro commerciale Oasi e che giovedì 15 novembre ha vissuto una tappa importante, ancora non l’ultima, con l’asta per l’aggiudicazione delle due farmacie comunali messe in vendita, quella di Porta Romana e di Brecciarolo. Se c’è una cosa che ha contraddistinto negli anni il sindaco e l’amministrazione sicuramente è l’irrefrenabile volontà di mettere in vendita tutto ciò che è possibile vendere, dal patrimonio comunale ai cosiddetti “gioielli” comunali.

Per carità, per quanto discutibile possa sembrare, può essere comprensibile una simile strategia politica-amministrativa. Detto che ovviamente è comunque fondamentale assicurarsi che non peggiori la qualità di certi servizi (e su questo ci sarebbe molto da discutere…), ci può stare che l’amministrazione comunale metta in vendita buona parte del suo patrimonio per racimolare più fondi possibili da investire per la città, per progetti qualificanti, per interventi e iniziative in grado di migliorare la qualità della vita e per i quali altrimenti non ci sarebbero stati i soldi necessari.

Ed in tal senso ad Ascoli ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta, a partire dall’atavico problema della gestione della sosta (in mano ad un privato con tutte le conseguenze che ciò comporta), passando per le scuole da rendere sicure, per gli impianti sportivi che necessitano di una generale e seria riqualificazione (oltre che un’implementazione), per combattere il degrado di alcune zone periferiche, ecc. Il problema, però, è che questa amministrazione vende tutto quello che si può vendere (e per fortuna che siamo alla fine del mandato amministrativo, altrimenti c’era il serio rischio che non rimaneva più nulla…) non per investire poi sulla città ma semplicemente per sistemare le disastrate casse comunali.

E questo è il vero nocciolo della questione. Quando lo scorso anno la vendita della società comunale Piceno Gas ha portato in dote circa 13 milioni di euro, da più parti è stato chiesto al sindaco e all’amministrazione comunale di utilizzare concretamente quel “gruzzoletto” per riacquistare dalla Saba i parcheggi (e riprendere in mano la gestione della sosta), per dare il via ad un vero piano di messa in sicurezza delle derelitte scuole cittadine.

Nulla da fare, quei 13 milioni di euro (come poi hanno ammesso prima l’assessore al bilancio, poi lo stesso sindaco) servivano semplicemente per tappare le falle di bilancio. Come per altri fondi incassati, come per gli oltre 2 milioni di euro incassati ora dalla vendita delle due farmacie. “Circa 20 milioni di euro in questi anni sono entrati nelle casse comunali con entrate straordinarie – afferma il consigliere comunale Francesco Ameli – con un incasso del genere ci si sarebbe aspettato un piano Marshall di interventi sulla città. Ed invece ci ritroviamo una città buia, con il costo dei parcheggi alle stelle e con due farmacie in meno, andate all’asta per fare cassa. Non possiamo abituarci a questa politica, c’è bisogno di dare una scossa”.

Più che altro ci sarebbe anche e soprattutto il bisogno di capire come si sia potuto arrivare a questa situazione, come è stato possibile e per quali ragioni sono state ridotte in questo stato le casse comunali, come mai neppure i 13 milioni di euro provenienti dalla vendita di Piceno Gas siano stati sufficienti per sistemare il bilancio comunale. A parte gli imbarazzanti (per il Comune) risvolti economici-finanziari, tutta la vicenda che ruota intorno alla nuova farmacia comunale all’Oasi è emblematica di come funzionano (anzi, sarebbe più opportuno dire di come non funzionano…) le cose con questa amministrazione comunale.

A partire dal solito andamento “alla moviola” che determina il fatto che per qualsiasi intervento o progetto si voglia attuare trascorra sempre un tempo infinito.   Perché della nuova farmacia comunale in realtà si parla da oltre 6 anni, con la sua apertura che era stata autorizzata dalla Regione Marche prima con delibera di giunta regionale n. 1341 del 24 settembre, poi con la conseguente determina n. 19 dell’11 dicembre 2012. Che, pr altro, stabiliva che “il Co­mu­ne di Asco­li deve prov­ve­de­re al­l’a­per­tu­ra del­la far­ma­cia en­tro i sei mesi suc­ces­si­vi al ri­la­scio del­l’au­to­riz­za­zio­ne, pena la de­ca­den­za del­l’as­se­gna­zio­ne”.

Eppure inizialmente il Comune sembrava essersi mosso con celerità, visto che  il 30 ottobre 2012 (un mese dopo la delibera regionale) con delibera di Consiglio comunale n. 44 decideva di  “eser­ci­ta­re il di­rit­to di pre­la­zio­ne sul­la sede far­ma­ceu­ti­ca ag­giun­ti­va nel­l’am­bi­to ter­ri­to­ria­le del Co­mu­ne di Asco­li Pi­ce­no pres­so il Cen­tro Com­mer­cia­le l’Oa­si in lo­ca­li­tà il Bat­ten­te”. Da allora, però, passeranno quasi 4 anni prima di tornare a parlare della nuova farmacia, con delibera n. 112 del 9 giugno 2016. Nella quale si proponeva l’apertura della nuova sede comunale presso il centro commerciale Oasi e, al tempo stesso, la cessione della farmacia comunale di Brecciarolo (“da ef­fet­tuar­si pos­si­bil­men­te en­tro il cor­ren­te anno” era scritto in delibera).

Ci sarebbe da aggiungere che alla delibera n. 112 era allegato il parere dell’avvocatura comunale secondo cui, incredibilmente, si sanciva il rispetto dei “termini temporali autorizzatori” stabiliti dalla determina dirigenziale di dicembre 2012 (quella che fissava in 6 mesi i tempi per la presentazione della richiesta…). Paradossi a parte nella successiva delibera comunale n. 268 del 30 dicembre 2016, nella quale si confermava l’iter per l’apertura della nuova farmacia, oltre quella di Brecciarolo si stabiliva di cedere anche quella di Porta Romana (via Dino Angelini).

Nel documento istruttorio di quell’atto si presentava anche un business plan con i possibili guadagni per le cassi comunali che, in realtà, confrontati con quelli delle due farmacie da chiudere non che giustificassero in maniera particolare tutta l’operazione. Che, è quasi superfluo sottolinearlo, provocava e provoca più di una perplessità anche e soprattutto in considerazione della collocazione della nuova farmacia comunale, in quel centro commerciale che, magari del tutto casualmente, grazie anche ad una serie di provvedimenti e interventi del Comune sta sempre più diventando il centro nevralgico della città.

Il resto è storia nota, con il ricorso al Tar di 7 farmacie private (inizialmente accolto) che ha ulteriormente rallentato l’interminabile iter. La scorsa settimana, poi, è andata in scena l’asta per le due farmacie comunali dismesse, in un trionfo di volti noti. Quella di Porta Romana, per un milione di euro, è finita nelle mani di una società composta dall’ex assessore alla cultura (e politicamente molto vicina al sindaco Castelli) Michela Fortuna e di cui fa parte anche l’holding di Francesco Bellini (l’ex patron dell’Ascoli). Quella di Brecciarolo, per 1,2 milioni di euro, è finita nelle mani della casa di cura Villa San Marco, il cui commercialista è un altro ex assessore della giunta Castelli, Valentino Tega.

Una sorta di “rimpatriata” tra vecchi amici che alla fine ha portato più di 2 milioni di euro nelle anemiche casse comunali. Sperando che siano sufficienti. Perché ormai non c’è rimasto molto altro da mettere in vendita…

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