Dopo la Rai, assalto allo sport: governo “pigliatutto”


Era dai tempi di Fanfani che non si assisteva in Rai al monopolio del governo, con i due partiti dell’esecutivo che si sono “spartiti” la presidenza e la direzione dei 3 tg. Mai prima d’ora, invece, si era assistito al tentativo di portare lo sport sotto il controllo del governo…

L’occupazione “militare” della Rai non è certo una novità. Il tentativo di inghiottire anche lo sport e di portarlo sotto il controllo del governo invece è un reale segno di cambiamento, ma di quelli che fanno rabbrividire e che solitamente avvengono solamente in un certo tipo di paesi. E’ davvero imbarazzante, oltre che molto preoccupante, la voracità di questo governo che pian piano sta cercando di allungare le proprie mani e il proprio controllo in ogni settore strategico.

Non è una novità e non stupisce che a farlo sia la Lega che è recidiva (governi di centrodestra), mentre un pizzico di sorpresa in più la genera il Movimento 5 Stelle che ha sempre pesantemente (e giustamente) criticato questo modo di fare. Rispetto al passato, però, ora ci sono degli elementi nuovi e, se possibile, peggiorativi che rendono la situazione oltre modo inquietante. In particolare in Rai, a differenza di quanto è sempre avvenuto fino a poco tempo fa, il monopolio della maggioranza è totale, non vengono lasciate neppure le briciole all’opposizione.

Mentre è un assoluta e inconsueta novità il tentativo di portare lo sport sotto il controllo del governo. Partendo da quello che accade in viale Mazzini, era dai tempi di Fanfani che non si assisteva a questa occupazione “in toto” da parte della maggioranza di governo. In passato almeno la direzione di uno dei tg delle tre reti veniva “lasciato” all’opposizione. Ora, invece, il monopolio del governo è totale, assoluto e intoccabile. E pensare che in tanti (coloro che hanno creduto alle promesse elettorali) credevano che finalmente sarebbe iniziato un nuovo corso, che la politica sarebbe rimasta ai margini.

Bisogna cacciare i partiti dalla Rai”  ha sempre ripetuto Di Maio, anche e soprattutto nel corso dell’ultima campagna elettorale. Qualcuno ci ha creduto davvero che, una volta al governo, il M5S avrebbe davvero liberato la tv di Stato dall’oppressione e dal controllo della politica. Con un pizzico di ironia si potrebbe comunque dire che in parte Di Maio ha tenuto fede alla sua promessa, ha cacciato dalla Rai quasi tutti i partiti… ad eccezione del suo e della Lega!

Le avvisaglie di cosa sarebbe accaduto si erano già avute nelle settimane scorse quando è stato scelto come presidente della Rai quel Marcello Foa vero esperto di “fake news”, nel senso che ne ha fabbricate e condivise non poche (tra le più clamorose il fantomatico documento segreto della polizia tedesca, la partecipazione di Hillary Clinton a cene sataniche a base di mestruo, sperma e latte di donne…), e così “slegato” dai partiti al punto che il figlio è tra i collaboratori di Salvini (ovviamente pagato dai cittadini italiani…).

Non stupisce più di tanto, quindi, che nella sua prima uscita pubblica (in Israele) Foa è prima incappato in una clamorosa doppia gaffe sul rastrellamento nel ghetto di Roma, poi ha subito dimostrato quale sarà la sua linea editoriale, confezionando l’ennesima fake news (ha parlato di un rapporto nel quale si sostiene che il miliardario Soros ha finanziato l’intera delegazione in Europa del Pd). Di fronte alle minacce di querela ha dovuto fare frettolosamente marcia indietro.

Ma in un paese civile quanto meno ci si sarebbe chiesti se chi ha simili comportamenti può dirigere la tv di Stato (e 5 minuti dopo sarebbero arrivate le dimissioni…). Ma la scelta di Foa era solo l’inizio, il seguito con le nomine dei direttori dei Tg. Che, a quel punto, visto che i partiti non sono stati cacciati ma, anzi, si è proseguito sulla stessa scia dei governi passati, ci si attendeva avrebbero seguito il solito criterio di lasciarne uno anche all’opposizione.

Invece il governo che non digerisce e mal sopporta ogni voce contraria ha deciso di prendersi tutto, con due Tg al M5S e uno alla Lega. Così al Tg1 è finito un fedelissimo di Beppe Grillo, quel Giuseppe Carboni che ha seguito il Movimento passo dopo passo e agli inizi, quando ancora la tv era “Satana”, era l’unico giornalista televisivo che aveva rapporti e con cui parlava il fondatore del M5S. Vicina ai “grillini” anche il direttore del Tg3, quella Giuseppina Paterniti che inizialmente il Movimento voleva alla direzione del tg più importante.

Alla Lega va invece la direzione del Tg2 con Gennaro Sangiuliano, nome non nuovo in Rai visto che è stato vicedirettore del Tg1 in uno dei periodi più neri di viale Mazzini, quello con la direzione Minzolini. Dichiaratamente schierato con il centrodestra, addirittura nel marzo scorso sembrava potesse essere il candidato del centrodestra stesso alle regionali del Lazio. “Peggio non si poteva, con il governo del cambiamento al Sud la società incivile non perde posizioni, anzi” ha commentato Roberto Saviano che poi ha ricordato la (presunta) vicinanza di Sangiuliano (che ha subito annunciato querela) con Landolfi, Bocchino, Laboccetta e Cosentino.

Io e Salvini ci siamo dati la parola che ai vertici Rai metteremo persone al di sopra di ogni sospetto di appartenenza politica” aveva affermato Luigi Di Maio il 9 luglio scorso a La7. E’ cosa nota che il vice premier, così come altri importanti esponenti di governo, ha qualche problema con la lingua italiana. Quindi probabilmente, alla luce di quanto accaduto, voleva dire esattamente l’opposto di quello che tutti hanno capito…

Ma che questo governo ha problemi evidenti con la lingua italiana è confermato anche dal tentativo di mettere sotto il controllo della politica anche lo sport. Nella bozza della legge di bilancio è, infatti, prevista la riforma di Coni Servizi ed il passaggio della gestione dei contributi alle Federazioni sportive ad un nuovo ente (“Sport e Salute Spa”), sotto lo stretto controllo del ministero.

Di fronte alle comprensibili e condivisibili perplessità espresse da tutto il mondo dello sport (e rappresentate al governo dal presidente del Coni Malagò) il sottosegretario Giorgetti ha replicato sostenendo che “siamo qui per realizzare i programmi elettorali” (ma né in quello della Lega né in quello del M5S si è mai parlato di un simile provvedimento…), aggiungendo inoltre che un simile intervento “è previsto dal contratto di governo, per cui da un’intesa con il M5S”. In effetti a pag. 46 il contratto di governo si occupa di sport.

E, nella seconda metà della pagina, si legge “pur ritenendo necessario garantire al mondo sportivo un’adeguata autonomia, risulta altrettanto importante che il Governo assuma, con maggiore attenzione, il ruolo di controllore delle modalità di assegnazione e di spesa delle risorse destinate al Coni”.

E’ del tutto evidente che, secondo la lingua italiana corrente (almeno fino a che non verrà rivoluzionata dal “governo del cambiamento”…), c’è un abisso tra il controllare “le modalità di assegnazione e spesa” e quello che, invece, vuole fare ora il governo, cioè gestire direttamente i contributi alle Federazioni sportive. Non bisogna, invece, essere dei geni per capire cosa significherebbe per lo sport italiano e per le Federazioni sportive perdere la propria autonomia, finire sotto lo stretto controllo della politica.

Al di là di questo aspetto, che non è certo irrilevante, una simile ingerenza del governo potrebbe determinare delle pesantissime conseguenze per il nostro sport nel panorama internazionale. Infatti chiunque ha mai letto la Carta olimpica (presumiamo che Giorgetti, Salvini, Di Maio e il presidente del consiglio facente funzioni ignorino la sua esistenza) sa perfettamente che il Cio (Comitato internazionale olimpico) non potrà mai accettare in silenzio una simile ingerenza della politica nel mondo dello sport. C’è, quindi, il rischio concreto, se il governo va avanti su questa strada, che il Cio stesso possa prendere provvedimenti drastici e clamorosi nei confronti dell’Italia, addirittura anche l’esclusione dalle prossime Olimpiadi di Tokyo (2020), senza considerare l’assegnazione a Milano-Cortina dei giorni invernali del 2026 che inevitabilmente sarebbe in discussione.

Come se non bastasse, poi, tale intervento rischia di provocare non pochi problemi alle federazioni (che non a caso sono preoccupatissime).Infatti se i contributi arrivano formalmente non più dal Coni ma da un ente come “Sport e Salute”, le federazioni stesse saranno poi costrette a restituire allo Stato il 22% per l’Iva. Una doppia beffa perché nel contratto di governo, quello inopinatamente citato da Giorgetti per giustificare l’ingiustificabile (e comunque il contratto di governo non è certo il Vangelo ed una “porcata” come questa resterebbe tale anche se fosse stata realmente prevista dal contratto…), sono invece previste agevolazioni fiscali e contributive per le associazioni sportive dilettantistiche.

La proposta di legge che prevede questa assurdità presto arriverà in Parlamento e la speranza è che possa radicalmente cambiare. Perché alla presenza dei partiti in Rai, al netto delle promesse elettorali, siamo purtroppo abituati. Ma il controllo della politica sullo sport sarebbe qualcosa di nuovo e di assolutamente inaccettabile…

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