Nel Piceno un’impresa su due chiude nei primi 5 anni


Dall’analisi del Centro studi regionali della Cna emerge anche la crescita, maggiore rispetto al resto delle Marche, delle imprese giovani, tecnologiche, informatiche e ad alto valore di innovazione. Che, però, non producono effetti sull’occupazione, soprattutto su quella giovanile

Una provincia a due velocità, con alcuni aspetti e alcuni dati incoraggianti ma con ancora troppe criticità, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione (e ancor più l’occupazione giovanile). E’ questo il quadro che emerge dall’analisi effettuata dal Centro Studi regionale della Cna (commissionata dalla sezione di Ascoli della Cna) sulla situazione delle imprese e dell’occupazione del Piceno.

I dati più preoccupanti, in particolare, sono quelli che evidenziano come un’azienda su due nel nostro territorio non raggiunge i primi 5 anni di vita e, ancora più, quelli sull’occupazione. Quel che preoccupa maggiormente è che in entrambi i casi si tratta, per altro, di dati in evidente peggioramento. Nel 2004, ad esempio, a non superare lo scoglio del quinto anno di vita erano il 35,6% delle imprese del Piceno mentre ora addirittura il 51% chiude i battenti prima dei fatidici 5 anni.

Dall’analisi del Centro studi regionali emerge, però, una provincia che ha significative e chiare direttrici di sviluppo. Quei dati dicono che la chiave della ripresa è nell’innovazione. Imprese giovani, imprese tecnologiche e ad alto valore di innovazione, informatica, ristorazione, accoglienza e svago. In questi settori, nel primo semestre del 2018, il Piceno “corre” più del resto delle Marche.

Le imprese che operano nel settore dei servizi di informazione e comunicazioni sono infatti cresciute nel Piceno (il dato è di aprile 2018 raffrontato ad aprile 2017) del 2,1%. A livello regionale, invece, la crescita si è fermata allo 0,7 per cento. Stesso trend per le attività scientifiche e tecnologiche: più 1,7% nel Piceno, più 0,9 nelle Marche. Ancora più significativa la differenza per le aziende che operano nel settore della ristorazione e degli alloggi: nel Piceno in un anno sono cresciute dello 0,8% mentre a livello regionale c’è stata una flessione dello 0,2%.

Imprese innovative e “alternative”. La ricetta del Piceno per mettersi alle spalle definitivamente la crisi. Artigianato e piccole aziende della nostra provincia “cambiano pelle” per adeguarsi alle nuove esigenze del mercato. E’ uno dei dati più significativi e interessanti che emergono dallo studio che la Cna di Ascoli ha compiuto, con i dati elaborati dal Centro studi della Cna regionale delle Marche, sui più importanti indicatori dell’economia, del lavoro e della produzione nel Piceno in questo 2017.

Il saldo delle imprese (fra nuove aperture e cessazione) nel 2017 è stato positivo anche se di poco (più 0,2%).  Come rileva il Centro studi regionale, un’ampia parte delle nuove imprese risultano dunque “imprese non classificate” nei registri della Camera di Commercio. Proprio l’ampiezza del numero delle imprese ancora non classificate evidenzia un aspetto importante. Ovvero che le nuove imprese che si immettono in attività non sono facilmente riconducibili ai settori tradizionali, manifatturieri o del terziario.

E questo perché si avviano a operare secondo modalità innovative e non facilmente collocabili. Talora nascono per operare in ambiti misti, a cavallo tra settori differenti, con attività che possono ricadere in più di un settore dei servizi oppure in attività manifatturiere e di servizio contemporaneamente. Nonostante questo, però, i risultati sul piano dell’occupazione non si vedono, anzi. Al primo posto fra le province italiane per innovazione aziendale e al secondo posto per le start up innovative, il Piceno è solo al 57mo posto per tasso di occupazione medio e ancora peggio per quanto riguarda il lavoro giovanile.

La Cna di Ascoli Piceno analizza le statistiche appena pubblicate dal “Sole 24 Ore” riguardo la vita e il lavoro nelle 110 province italiane e rilancia il progetto dell’Associazione riguardo formazione e innovazione come ricetta per mettersi alle spalle definitivamente un decennio di crisi e recessione. Le potenzialità ci sono ma ci limita ancora un gap. Da una parte grande spinta innovativa e capacità di fare, come testimonia la nostra posizione riguardo le start up. Dall’altra una perdurante difficoltà a rendere concreti e diffusi questi grandi slanci.

Vincoli burocratici e un ancora troppo forte scollamento fra il mondo della formazione e quello dell’impresa. A cui si aggiunge quello che è il problema più pressante per micro imprese e giovani imprenditori: l’accesso al credito. L’ultimo rapporto della Banca d’Italia evidenzia che nel Piceno, nel 2017, le imprese medio-grandi hanno ricevuto crediti per un importo pari allo 0,7% in più rispetto all’anno precedente. Piccole e micro imprese, invece, per il sesto anno consecutivo hanno registrato una contrazione delle erogazioni del 4,4%.

Ma un segnale ancora più preoccupante, e sul quale è urgente intervenire, è un sondaggio dell’Ebam secondo il quale nel primo semestre del 2018 quasi il 40% delle piccole e medie imprese del Piceno hanno indicato difficoltà a valutare preventivamente le condizioni di accesso al credito della propria impresa e, di conseguenza, a indirizzarsi a linee di finanziamenti più congrue e funzionali alle proprie dinamiche produttive e imprenditoriali.

Problema di accesso al credito ancora più rimarcato per le neoimprese. La Cna di Ascoli ha elaborato i dati di Unioncamere estrapolando il fatto che se nel 2016 per la realizzazione di una nuova impresa l’impegno economico nel Piceno era di circa 15mila euro, nel 2018 questa cifra è scesa a poco più di 13mila euro. Una sottocapitalizzazione che induce sempre più a finanziarsi con mezzi propri piuttosto che percorrere il ripido sentiero del sistema bancario.

Addirittura più del 51% delle piccole neoimprese ha investito per partire meno di 5 mila euro. Ma, come evidenziato prima, a fronte di questa pericolosa forma di “risparmio al ribasso”, un progetto imprenditoriale su due è fallito.

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