Strage “autorizzata” di caprioli


Il piano annuale per la gestione del capriolo approvato nel maggio scorso dall’Ambito territoriale di caccia di Ascoli Piceno prevede il “prelievo in forma selettiva” (la caccia), con la possibilità di uccidere fino ad un massimo di 258 caprioli

Dal 16 agosto scorso è partita nella provincia di Ascoli la caccia ai caprioli, anche se per non far capire in pieno cosa sta accadendo e rendere la cosa meno cruenta l’Ambito territoriale di caccia di Ascoli Piceno (Atc) l’ha definita “Prelievo in forma selettiva”. Che messa così indiscutibilmente suona meglio e dà a quella che nei fatti è una strage annunciata una parvenza quasi di scientificità. A stabilirlo è stato il piano annuale per la gestione del capriolo (stagione venatoria 2018/2019) approvato nel maggio scorso dall’Atc di Ascoli.

Un documento di 30 pagine che, soprattutto inizialmente, ha tutta l’aria e assume toni di uno studio serio e approfondito ma nel quale, poi, pian piano emergono aspetti a dir poco paradossali , ai limiti del comico. A portare al centro dell’attenzione la vicenda ci ha pensato la sezione di Ascoli della Lega abolizione caccia (Lac).

Emozione pura incontrare una mamma capriola con due cuccioli al seguito! Girano tranquilli sulla strada e inchiodiamo l’auto rimanendo ad ammirarli sparire giù nel bosco – si legge in un post pubblicato su facebook con tanto di video – ma qualcuno ci vedrà una bella classe II e due classi 0. Infatti purtroppo queste meraviglie, oltre che oggetto di bracconaggio diffuso, si possono uccidere nell’ambito della caccia chiamata “di selezione” (o in linguaggio tecnico “prelievo in forma selettiva” per far capire il meno possibile ai non esperti in materia).

La Regione Marche, come molte altre, ha approvato la caccia di selezione di caprioli e daini, modalità che consente di scegliere a pagamento l’esemplare da uccidere (maschio femmina o cucciolo). Nella provincia di Ascoli è possibile sparare ai caprioli dal 16 agosto. Ovviamente ci sono dietro centinaia di pagine di studi scientifici, esperti, ore e ore di corsi di preparazione di esperti selecontrollori (gli stessi cacciatori di sempre, che però hanno fatto un corso su come si spara nello specifico ai vari animali oggetto della selezione) e quant’altro.

Perché la faccenda deve assumere un aspetto di scientificità e di necessità per salvaguardare la specie e ristabilire il famigerato equilibrio naturale (distrutto irrimediabilmente in primis dalla caccia): grazie ai politici, ai tecnici e ai selecontrollori questi piani infatti porteranno alla “densità obiettivo” dei caprioli sul nostro territorio”.

Tornando al piano dell’Atc di Ascoli, approvato poi anche dalla Regione Marche con decreto n. 309 del 28 giugno 2018, preliminarmente si sottolinea come “per la gestione faunistico-venatoria del capriolo gli Atc devono ripartire il proprio territorio in distretti di gestione dei cervidi (DG cervidi) con validità quinquennale”.

I distretti sono aree omogenee che devono avere una superficie di pianificazione compresa tra 2 mila e 20 mila ettari “in cui è possibile esercitare la gestione e il prelievo delle popolazione di capriolo”. L’Atc ha quindi suddiviso il territorio provinciale in 7 distretti di gestione, ovviamente con l’esclusione del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e del Parco Nazionale dei Monti della Laga.

Nella descrizione dei Dg, in relazione alla gestione del capriolo, l’Atc sottolinea l’importanza della “pianificazione delle forme di prevenzione e contenimento dei danni causati all’agricoltura da parte del capriolo” e la “programmazione dei prelievi, sulla base di adeguate stime o censimenti mirati al mantenimento della struttura delle popolazioni”.

E’ evidente ed è del tutto logico pensare, quindi, che il “prelievo in forma selettiva” sia motivato anche e soprattutto dal problema dei danni all’agricoltura e che venga fatto partire dopo un accurato e attento censimento. Peccato, però, che qualche pagina dopo nel capitolo del piano denominato “Danni alle produzioni agricole e attività di prevenzione” si legge testualmente che “l’analisi dei dati relativi ai danni arrecati dal capriolo alle attività agricole fornisce un quadro contraddistinto da una limitata presenza della problematica in oggetto”.

E, poche righe sotto, si certifica che “relativamente al 2017 sono pervenute all’Atc due richieste di risarcimento danni alle produzioni agricole causati esclusivamente dalla specie capriolo, per un ammontare pari a 850 euro. La cifra oggetto del risarcimento non suggerisce la necessità, allo stato attuale, di adottare interventi mirati alla prevenzione dei danni”.

Non ci sarebbe la necessità di aggiungere altro, se non sottolineare che, sempre sulla base di quanto è riportato nel piano, il citato censimento, che si è svolto tra il 15 marzo e l’8 aprile 2018, è stato effettuato “dai cacciatori di selezione che hanno fatto domanda presso l’ATC per accedere al prelievo selettivo del capriolo e che sono stati assegnati per lo svolgimento dell’attività di monitoraggio ai vari Distretti di Gestione”.

In altre parole da coloro che, poi, dal 16 agosto possono sparare al capriolo (complessivamente sono 98 gli aventi diritto). O, come molto più delicatamente preferisce chiamarlo l’Atc coloro che possono partecipare al piano di prelievo annuale. Per il quale “possono essere utilizzate esclusivamente armi a canna rigata dei calibri consentiti dalla legge, con caricamento singolo manuale e munite di ottica di precisione”. L’Atc sottolinea poi che “il Regolamento regionale prevede che vengano assegnati i capi da abbattere suddivisi per sesso e classe di età, nel limite massimo di cinque capi per selecacciatore”.

Partendo da questo presupposto viene poi illustrato il piano di abbattimento che prevede il “prelievo” (l’uccisione) di 258 caprioli, con tanto di ripartizione dei capi in base alle diverse classi di sesso ed età (piccoli maschi e femmine 25%, maschi giovani 13%, maschi adulti 25%, femmine giovani 12%, femmine adulte 25%) e l’indicazione del numero di capi che si possono abbattere per ogni distretto (53 nel Dg1, 114 nel Dg2, 35 nel Dg5, 53 nel Dg7).

Il piano definisce, poi, le modalità con le quali si potranno svolgere le attività di prelievo, con tanto di monitoraggio delle stesse. “Sul sito dell’Atc si possono consultare i comuni ricadenti nei DG (distretti di gestione dove si può sparare), numero di caprioli che si devono eliminare per raggiungere la giusta densità, gli operatori e quant’altro” spiega la sezione di Ascoli del Lac.

Che poi chiude con una punta di amara ironia: “Ma non erano i lupi a nutrirsi degli ungulati (compresi i cinghiali)? Ah già… perciò si vogliono eliminare i lupi, perché la selezione è meglio che continuino a farla i cacciatori

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