Note “eversive”, l’Italia dichiara guerra ai Pearl Jam


Al concerto dell’Olimpico il gruppo americano canta “Imagine” e mostra sul maxi schermo gli slogan #apriteiporti e #saveisnotcrime. Apriti cielo, Rita Pavone sbotta, Salvini e Meloni si accodano e c’è chi chiede l’arresto dei Pearl Jam “complici degli assassini”!

Nella ricerca ossessiva di sempre nuovi nemici da combattere che sembra essere diventato lo sport nazionale del nostro paese, eccone spuntare uno per certi versi inatteso: i Pearl Jam. Il noto gruppo musicale americano è tornato in Italia dopo 22 anni (il suo leader Eddie Vedder fu protagonista di due concerti, a Firenze e Taormina, nell’estate 2017 ma senza il resto della band) per tre concerti rispettivamente a Milano, Padova e Roma che hanno fatto registrare il prevedibilissimo pieno (quasi 200 mila spettatori complessivamente nei tre concerti).

Peccato, però, che in occasione del concerto all’Olimpico di Roma è accaduto il “fattaccio”, l’episodio che in quel folle e nevrotico paese che è diventato l’Italia di questi periodi ha scatenato un vero e proprio incidente diplomatico.

Quasi a metà del concerto, in un’atmosfera da brividi con gli spettatori che illuminavano gli spalti dell’Olimpico con gli smartphone, i Pear Jam hanno proposto la cover di “Imagine” di John Lenon, mostrando al termine del brano sul maxi schermo il disegno di una ciambella di salvataggio con scritto all’interno #apriteiporti e #saveisnotacrime (“salvare non è un crimine”). Chiaro il riferimento al volantino virtuale che nei giorni scorsi è diventato virale sui social, con l’appello alla Guardia Costiera per il salvataggio dei migranti in difficoltà.

Siamo via da casa e quando torneremo il nostro paese sarà cambiato. Pace” sono, poi, state le parole del leader della band Eddie Verder, con un chiaro riferimento alla politica sull’immigrazione del presidente Usa Trump. Nulla di strano o tanto meno di così clamoroso.

Non è certo da oggi che ciò avviene, artisti del calibro di Madonna, Bono Vox (U2), Annie Lenox, Massive Attack (solo per rimanere ad artisti del nostro periodo) da sempre nei propri concerti lanciano messaggi politico-umanitari, non si fanno certo scrupoli di contestare determinate decisioni politiche su temi di interesse internazionale (e quello dei migranti, comunque la si pensi, è innegabile che lo sia). Esprimono la propria posizione, la propria opinione che naturalmente non è certo il “verbo” e tanto meno, solo per il fatto che sono degli indiscutibili (al di là dei gusti personali) artisti, deve essere considerata di particolare valore. Ognuno è libera di condividerla o meno.

E gli 80 mila dell’Olimpico l’hanno unanimemente condivisa, a giudicare dall’ovazione tributata. Segno che, evidentemente per uno strano scherzo del destino, nessuno dei fans dei Pearl Jam rientra in quel 60% di italiani che, stando almeno ai sondaggi, approvano la decisione di Salvini di chiudere i porti. Ironia a parte, di solito questo tipo di esternazioni non producono quasi mai un qualche tipo di reazione.

Come è normale che sia i leaders politici mondiali se ne infischiano dell’opinione di questo o quell’artista e non sono certo turbati dal momentaneo clamore che una presa di posizione di un certo tipo, fatta in occasione di un concerto, inevitabilmente provoca. Anche perché nel giro di qualche giorno il clamore scema e tutto torna alla normalità.

“Complici degli assassini”: arrestate i Pearl Jam!

Però il nostro è al momento un paese sull’orlo di una crisi di nervi, nel quale si fatica sempre più a tollerare un’opinione differente dal pensiero unico dei nuovi potenti, con gli adepti del nuovo guru che non riescono a comprendere come ci sia chi non segue e non si adegua al “nuovo verbo” e, di conseguenza, non sopportano l’idea che ci sia chi possa esprimere una posizione contraria. E tutto ciò si trasforma in una crescente voglia di censura, nella volontà di mettere a tutti i costi a tacere chi “osa” non accodarsi al sentire comune e ha l’ardire di pensarla in maniera difforme.

Tornando alle note e alle frasi “eversive” dei Pearl Jam, ad aprire il fuoco contro di loro ci ha pensato niente meno che la rediviva Rita Pavone, la regina della “pappa con il pomodoro”, che ha picchiato duro su twitter contro la band americana.

Ai Cip e Ciop che prendono lucciole per lanterne – ha scritto – e sparano bordate idiote solo per darsi un contegno da chi conosce il mondo a menadito e magari non è mai andato al di là dei 200 km da casa propria, rispondo che ritengo poco etico e altamente opportunistico approfittare di un proprio concerto per dare consigli, pur cantando una meravigliosa canzone di altro. Se ci tieni a dire la tua, fai un concerto ad hoc per quella causa. Come fecero con Live Aid Michael Jackson e tantissimi altri”.

Poche dure parole, per giunta abbastanza confuse, per una polemica che in un paese normale sarebbe durata lo spazio di qualche ora al massimo. Invece, al di là dei soliti commenti surreali letti sui social, in breve è scesa in campo l’artiglieria dietro Rita Pavone e la vicenda ha assunto toni paradossali da “guerra santa”.

Tra i primi a scendere in campo, guarda che strano, ovviamente il ministro “sceriffo” Matteo Salvini che ha tributato i giusti onori alla nuova eroina nazionale. “Onore a Rita Pavone che non si inchina al pensiero unico” ha twittato il leader leghista, immediatamente omaggiato e sostenuto i suoi fedeli accoliti (a proposito di pensiero unico…), molti dei quali gli hanno chiesto drastici interventi al motto di “non passa lo straniero”.

Naturalmente non poteva non far sentire la sua voce la “sorella d’Italia” Giorgia Meloni che ha provocatoriamente proposto: “diamo ascolto ai Pearl Jam: andiamo a prendere i barconi degli immigrati e portiamoli al party esclusivo degli stessi Pearl Jam organizzato nei prossimi giorni in Costa Smeralda”. Che poi, al di là dell’intento provocatorio dell’arrabbiatissima Meloni, non sarebbe neppure male, sempre meglio che lasciarli morire in mare.

In un crescendo isterico intriso di follia, cinismo e intolleranza, i toni della polemica si sono via via alzati fino al punto che un altro esponente di Fratelli d’Italia, l’ex sindaco di Riola Sardo Ivo Zoncu, ha addirittura chiesto l’arresto per la band di Seattle, con un post che definire delirante è un complimento. “Salvini arresta i Pearl Jam – ha scritto – i complici degli assassini che commerciano carne umana devono imprigionati tutti: giornalisti, artisti, religiosi, pseudopolitici, pseudo uomini di legge, pseudo scrittori. I complici degli schiavisti devono essere arrestati”.

Visto il clima di questi giorni non ci si può neppure appellare al caldo che, come si sa, solitamente gioca brutti scherzi. Siamo addirittura al capovolgimento della realtà, chi invoca pietà, chi chiede che quei poveracci non vengano lasciati morire in mare è complice degli assassini (e chi li lascia morire in mare sarebbe il salvatore?). Per fortuna che gli stessi social, teatro di questa folle “guerra santa”, contribuiscono poi a restituirci un piccolo sorriso con la solita straordinaria ironia.

Che poi, segno di quanto assurda sia questa vicenda, fornisce spiegazioni satiriche di questa incredibile storia che appaiono meno paradossali della triste realtà. Tra falsi profili social dei Pearl Jam, che in inglese e con un’espressione colorita si chiedono chi mai sia questa Rita Pavone (“Who the fuck is Rita Pavone?”), spunta anche quella che in effetti sembra la spiegazione più logica.

La regina della “pappa al pomodoro” era il quarto componente dei Nirvana, come dimostra una foto d’epoca del gruppo americano composto da Curt Cobain, Krist Nososelic, Dave Grohl e, appunto, una giovanissima Rita Pavone. La storica rivalità tra le due band sarebbe alla base di tutto. Con Salvini, Meloni e company che evidentemente erano fans “sfegatati” dei Nirvana. Surreale, ma viene voglia di sperare che sia davvero così…

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